A partire da un approccio di tipo fenomenologico alla città, diversi autori si riferiscono alle teorie sulla prossemica di Edward T. Hall, che prende in prestito dal regno animale la nozione di territorialità: lo spazio personale in cui sentirsi protetti; che analizza le ricadute spaziali della postura (sedersi accanto come atteggiamento di collaborazione e parità, sedersi di fronte come modalità allusiva di sentimenti competitivi), che distingue spazi di fuga sociale, che mantengono gli individui distanti, da aree di attrazione sociale (Hall 1968). Su questa stessa linea, in Life Between Buildings Jan Gehl (2011) indaga le condizioni spaziali che impediscono o favoriscono le relazioni tra soggetti (distanze, altezze, elementi fisici che occultano la vista e negano possibilità di incontro). Egli sostiene che nella città moderna, nel rapporto tra edificio e strada, la densità verso l’alto abbia ridotto la capacità relazionale del tessuto urbano. Si veda il caso del Corviale: la grande scala che domina lo spazio aperto, ostacola senza incoraggiare la relazione interpersonale (processi anti-inclusivi). Anche William H. Whyte, interessato agli spazi adatti a pratiche sociali, con l’esperimento Street life project – attraverso una macchina fotografica fissa in alcuni luoghi nevralgici di New York – propone uno studio sui comportamenti delle persone e delle dinamiche urbane. Tali nuovi metodi di indagine fenomenologica restituiscono centralità alle dinamiche comportamentali del corpo nello spazio, sulla base della prossemica di Hall, ma “nessuna di queste teorie urbane sviluppa un discorso sull’affettività dei soggetti che abitano lo spazio” (De Matteis 2019). In altri termini: si può essere oggi davvero sicuri che l’inclusività di uno spazio sia data esclusivamente dagli elementi fisici del paesaggio? È realmente sufficiente valutare la quantità di spazi adatti all’uso come seduta per testarne la capacità aggregativa? La capacità del paesaggio di essere inclusivo – non come introiezione di differenze ma come convivenza e valorizzazione di elementi anche diversi – ha a che fare anche con la dimensione affettiva. Oggi, appare utile rileggere le teorie urbane sulla prossemica alla luce delle recenti acquisizioni della teoria delle atmosfere di Gerot Böhme e Tonino Griffero, secondo le quali non è trascurabile la componente anche affettiva, differenziale decisivo nel rendere un paesaggio realmente inclusivo, aggregativo o familiare.
Includere le dimensioni nascoste. Oltre la prossemica di E.T. Hall e J. Gehl / Piselli, Alberta. - (2023), pp. 150-157. - ET PAESAGGIO E AMBIENTE.
Includere le dimensioni nascoste. Oltre la prossemica di E.T. Hall e J. Gehl
Alberta Piselli
2023
Abstract
A partire da un approccio di tipo fenomenologico alla città, diversi autori si riferiscono alle teorie sulla prossemica di Edward T. Hall, che prende in prestito dal regno animale la nozione di territorialità: lo spazio personale in cui sentirsi protetti; che analizza le ricadute spaziali della postura (sedersi accanto come atteggiamento di collaborazione e parità, sedersi di fronte come modalità allusiva di sentimenti competitivi), che distingue spazi di fuga sociale, che mantengono gli individui distanti, da aree di attrazione sociale (Hall 1968). Su questa stessa linea, in Life Between Buildings Jan Gehl (2011) indaga le condizioni spaziali che impediscono o favoriscono le relazioni tra soggetti (distanze, altezze, elementi fisici che occultano la vista e negano possibilità di incontro). Egli sostiene che nella città moderna, nel rapporto tra edificio e strada, la densità verso l’alto abbia ridotto la capacità relazionale del tessuto urbano. Si veda il caso del Corviale: la grande scala che domina lo spazio aperto, ostacola senza incoraggiare la relazione interpersonale (processi anti-inclusivi). Anche William H. Whyte, interessato agli spazi adatti a pratiche sociali, con l’esperimento Street life project – attraverso una macchina fotografica fissa in alcuni luoghi nevralgici di New York – propone uno studio sui comportamenti delle persone e delle dinamiche urbane. Tali nuovi metodi di indagine fenomenologica restituiscono centralità alle dinamiche comportamentali del corpo nello spazio, sulla base della prossemica di Hall, ma “nessuna di queste teorie urbane sviluppa un discorso sull’affettività dei soggetti che abitano lo spazio” (De Matteis 2019). In altri termini: si può essere oggi davvero sicuri che l’inclusività di uno spazio sia data esclusivamente dagli elementi fisici del paesaggio? È realmente sufficiente valutare la quantità di spazi adatti all’uso come seduta per testarne la capacità aggregativa? La capacità del paesaggio di essere inclusivo – non come introiezione di differenze ma come convivenza e valorizzazione di elementi anche diversi – ha a che fare anche con la dimensione affettiva. Oggi, appare utile rileggere le teorie urbane sulla prossemica alla luce delle recenti acquisizioni della teoria delle atmosfere di Gerot Böhme e Tonino Griffero, secondo le quali non è trascurabile la componente anche affettiva, differenziale decisivo nel rendere un paesaggio realmente inclusivo, aggregativo o familiare.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Piselli_Includere-dimensioni_2023.pdf
solo gestori archivio
Note: copertina, frontespizio, indice, articolo, retro di copertina
Tipologia:
Versione editoriale (versione pubblicata con il layout dell'editore)
Licenza:
Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione
936.32 kB
Formato
Adobe PDF
|
936.32 kB | Adobe PDF | Contatta l'autore |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.