Nel 271 d.C. Aureliano decide che Roma doveva essere difesa da una cinta di mura adeguata ai rischi che cominciava a correre la capitale del mondo. La nuova grande opera fu realizzata in fretta e il progetto delle Mura fu improntato alla ricerca di soluzioni pragmatiche e non troppo onerose. I problemi da risolvere non erano semplici. In primo luogo, le differenze legate alla conformazione di suoli e morfologie, che a Roma è spesso sottovalutata, e che invece ha avuto un ruolo costitutivo nella vicenda storica della capitale, delle sue grandi fortune e dei suoi periodi di oblio. In secondo luogo, la questione delle presenze architettoniche pre-esistenti, inglobate direttamente nella nuova edificazione, che sancisce definitivamente, alla scala dell’intera città, il principio della stratificazione funzionale e del riciclo. Infine, la grande estensione territoriale di Roma, che obbligò a realizzare una cinta molto vasta, e che spesso risulterà poco difendibile proprio a causa della sua dimensione. A partire da caratteri costitutivi così complessi e articolati le Mura di Aureliano si dimostreranno un manufatto dotato di elevata flessibilità, capace di assorbire adeguamenti e modificazioni in relazione ai mutamenti delle tecniche di assalto e di difesa, e al dipanarsi delle trasformazioni urbane. L’interazione tra un disegno strategico unitario e la molteplicità di differenze locali – metabolizzate dal progetto di Aureliano fin dalle sue origini – costituisce un carattere irrinunciabile per qualsiasi ipotesi di rilettura, e ancora oggi il campo di significati da cui muovere per permettere alle Mura di Roma di sviluppare altre fasi di evoluzione, altri cicli di vita, all’interno del loro range di possibilità genetiche. Il circuito e le parti, il ripetibile e lo specifico, l’insieme e l’unico, il dentro e il fuori, l’alto e il basso: le Mura vivono grazie all’equilibrio dinamico di termini interdipendenti, per cui, se uno viene meno, anche l’altro decade. All’interno di questa ricerca è stata sviluppata l’ipotesi che muovendo proprio dall’interazione unitario -molteplice, carattere costante e stupefacente delle Mura di Roma come specchio della città, sia possibile trovare un filo conduttore resistentissimo per la narrazione storica dalla città. Si intende cioè affermare che le Mura possono trasformarsi nel più straordinario Museo della Città che possa essere immaginato. Andrebbe semplicemente “trovato” (come spazio) e “vissuto” (come possibilità di accedere a molte possibili narrazioni individuali e collettive, rendendo le conoscenze storiche e archeologiche fonte di molteplici reazioni emotive). Ma per fare questo è necessaria una profonda rivitalizzazione del circuito disperso, oltre che delle singole porzioni, per riattivare la relazione perduta tra il tutto e le parti.
Mura di Roma, dialogo infinito tra unitario e molteplice / Caravaggi, Lucina. - (2024), pp. 234-247.
Mura di Roma, dialogo infinito tra unitario e molteplice
lucina caravaggi
2024
Abstract
Nel 271 d.C. Aureliano decide che Roma doveva essere difesa da una cinta di mura adeguata ai rischi che cominciava a correre la capitale del mondo. La nuova grande opera fu realizzata in fretta e il progetto delle Mura fu improntato alla ricerca di soluzioni pragmatiche e non troppo onerose. I problemi da risolvere non erano semplici. In primo luogo, le differenze legate alla conformazione di suoli e morfologie, che a Roma è spesso sottovalutata, e che invece ha avuto un ruolo costitutivo nella vicenda storica della capitale, delle sue grandi fortune e dei suoi periodi di oblio. In secondo luogo, la questione delle presenze architettoniche pre-esistenti, inglobate direttamente nella nuova edificazione, che sancisce definitivamente, alla scala dell’intera città, il principio della stratificazione funzionale e del riciclo. Infine, la grande estensione territoriale di Roma, che obbligò a realizzare una cinta molto vasta, e che spesso risulterà poco difendibile proprio a causa della sua dimensione. A partire da caratteri costitutivi così complessi e articolati le Mura di Aureliano si dimostreranno un manufatto dotato di elevata flessibilità, capace di assorbire adeguamenti e modificazioni in relazione ai mutamenti delle tecniche di assalto e di difesa, e al dipanarsi delle trasformazioni urbane. L’interazione tra un disegno strategico unitario e la molteplicità di differenze locali – metabolizzate dal progetto di Aureliano fin dalle sue origini – costituisce un carattere irrinunciabile per qualsiasi ipotesi di rilettura, e ancora oggi il campo di significati da cui muovere per permettere alle Mura di Roma di sviluppare altre fasi di evoluzione, altri cicli di vita, all’interno del loro range di possibilità genetiche. Il circuito e le parti, il ripetibile e lo specifico, l’insieme e l’unico, il dentro e il fuori, l’alto e il basso: le Mura vivono grazie all’equilibrio dinamico di termini interdipendenti, per cui, se uno viene meno, anche l’altro decade. All’interno di questa ricerca è stata sviluppata l’ipotesi che muovendo proprio dall’interazione unitario -molteplice, carattere costante e stupefacente delle Mura di Roma come specchio della città, sia possibile trovare un filo conduttore resistentissimo per la narrazione storica dalla città. Si intende cioè affermare che le Mura possono trasformarsi nel più straordinario Museo della Città che possa essere immaginato. Andrebbe semplicemente “trovato” (come spazio) e “vissuto” (come possibilità di accedere a molte possibili narrazioni individuali e collettive, rendendo le conoscenze storiche e archeologiche fonte di molteplici reazioni emotive). Ma per fare questo è necessaria una profonda rivitalizzazione del circuito disperso, oltre che delle singole porzioni, per riattivare la relazione perduta tra il tutto e le parti.File | Dimensione | Formato | |
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