Agli inizi del XVI secolo la principale piazza cittadina di Alatri conservava ancora il suo assetto medievale, caratterizzato dalla sola emergenza architettonica della chiesa di Santa Maria Maggiore che vi s’inseriva di spigolo, mostrando la facciata rivolta a est e il fianco destro a nord. Al lato della chiesa, nel luogo occupato oggi dal palazzo comunale, sorgeva il vecchio edificio civico (una costruzione sicuramente modesta sia nelle dimensioni che nell’aspetto), mentre lungo le altre fronti erano presenti case private di piccola o media consistenza. Pur nella sua limitata monumentalità, la cosiddetta platea communis spiccava comunque per ampiezza nel fitto tessuto della parte del borgo conosciuta nel Medioevo come civitas vetus. La nodalità di quel luogo permaneva del resto da secoli, traendo origine dall’antico foro della città romana, e pertanto l’invaso urbano si manteneva rappresentativo della vita pubblica dell’intero borgo. Un primo segnale di novità arrivò negli anni Trenta del Cinquecento. L’avvio di un palazzetto rinascimentale modificò in realtà una piccola porzione del fronte nord. Si trattava della rielaborazione con nuovo linguaggio architettonico di una preesistenza duecentesca: un piccolo edificio a due livelli, affacciato soltanto parzialmente sulla piazza. L’operazione, quindi, era ancora molto limitata, quasi impercettibile all’interno dello spazio urbano, ma costituiva l’innesco di un cambiamento significativo che si sarebbe attuato in seguito, e con tappe distanziate. Solo negli anni Ottanta del secolo venne intrapreso infatti un ampliamento di quella residenza con l’obiettivo di estenderla sull’intero lato settentrionale della piazza. Tuttavia il progetto non giunse a compimento: impostato il piano terreno, s’intervenne ampliando il primo piano soltanto per la metà destra dell’edificio; cosicché questo non arrivò ancora a presentarsi con un prospetto regolare e unitario sull’intero fronte. Per tale risultato si dovette attendere all’incirca un secolo e mezzo, allorché venne realizzato il settecentesco collegio degli Scolopi. Ma altri interventi architettonici nell’Ottocento avrebbero portato la piazza ad assumere un nuovo volto complessivo, corrispondente fondamentalmente alla condizione attuale. In sostanza, il mutamento definitivo del luogo si manifestò con la comparsa di nuove istanze, prodotto della modernità. L’esigenza di nuovi servizi pubblici e l’aspirazione alla funzionalità e al decoro urbano si affermarono progressivamente. E pertanto, un aggiornamento sensibile subentrò anche in una cittadina di provincia come Alatri, collocata alla periferia meridionale dello Stato pontificio. Fin dalla prima metà del XVIII secolo, l’introduzione dell’istruzione pubblica nel borgo si tradusse in un evento importante, conferendo un nuovo ruolo alla sua antica piazza. Giunsero infatti i Padri Scolopi che, acquisendo il palazzo rinascimentale lasciato interrotto, lo soprelevarono e lo approfondirono verso l’interno dell’isolato, in modo da poterlo destinare alla nuova funzione scolastica. La facciata del collegio, eretta a fondale della piazza, non introdusse tuttavia innovazioni di linguaggio architettonico: il completamento e l’innalzamento del prospetto dell’edificio preesistente avvenne infatti mutuando la soluzione delle finestre trabeate cinquecentesche già presenti. Novità espressive sopraggiunsero invece con la fabbricazione ex novo di un’annessa chiesa sul lato est della piazza. Un secondo edificio religioso, d’impronta barocca, comparve dunque in quell’ambiente, ponendosi come termine visivo di una delle strade di accesso ad esso (l’attuale via Cesare Battisti). Il collegio Scolopico rappresentò da quel momento una considerevole attrezzatura urbana che elevava di grado l’antica cittadina nel contesto territoriale del Frusinate e che era destinata di sicuro a potenziarsi nel tempo. Nell’Ottocento, e poi ancora nel primo Novecento, la struttura venne infatti ingrandita ulteriormente, fino a occupare tutto l’isolato in profondità e ad affacciarsi quindi sulla via retrostante. Gli anni del pontificato di Pio IX rappresentano però il momento determinante per la ridefinizione moderna della piazza di Alatri. Al papato precedente, quello di Gregorio XVI, si doveva peraltro l’estesa campagna di lavori relativi al restauro e alla valorizzazione dell’Acropoli. Il rilevante valore archeologico dell’antichissima cinta in opera poligonale era stato quindi da poco portato all’attenzione generale, il che rafforzava le aspirazioni della città a una rapida e più dignitosa sistemazione complessiva. Le iniziative avviate nell’ultimo periodo dello Stato Ecclesiastico, pur con la consueta impronta paternalistica, conseguirono in effetti risultati concreti. Un primo intervento riguardò non l’ambiente esterno della piazza ma lo spazio interno del suo edificio più importante. La chiesa di Santa Maria Maggiore venne coinvolta a partire dal 1851 in una decisa riformulazione della sua immagine. L’obiettivo consistette nel conferire un aspetto goticheggiante all’edificio e l’operazione, pertanto, non si limitò a un semplice rinnovamento decorativo ma comportò consistenti modifiche alle strutture. Poco dopo, tuttavia, cominciò a farsi strada l’idea che fosse giunto il momento di mettere mano, finalmente, alla situazione incresciosa in cui versava il vecchio e angusto palazzo comunale posto al lato della chiesa. Vari problemi funzionali e di degrado rendevano il fabbricato obsoleto. E nemmeno si poteva reputare conveniente una sua eventuale ristrutturazione. Un nuovo edificio rispondente alle moderne esigenze fu quindi previsto, in modo anche da accrescere il decoro civico di tutto il centro abitato. Il linguaggio dell’Ottocento irruppe così nella piazza all’inizio degli anni Sessanta attraverso la realizzazione della nuova sede municipale. Venne eretto infatti un palazzo neoclassico, piuttosto imponente nelle dimensioni rispetto alla struttura precedente: un’architettura che s’inseriva nell’ambiente urbano senza cercare relazioni con esso e introducendo, peraltro, un innovativo asse di simmetria all’interno di quello spazio. Infine fu l’arrivo dell’acqua nella città qualche anno dopo, ossia la costruzione di un nuovo acquedotto, a comportare un ultimo intervento a favore della piazza. Stante anche l’interessamento diretto del pontefice, la cittadinanza venne favorita dall’attuazione di un’impresa volta a garantire la fornitura idrica. Operazione che culminò quindi con la creazione di alcune fontane pubbliche nell’abitato, la maggiore delle quali destinata ad abbellire in modo monumentale l’antica platea communis. Riassumendo, l’assetto urbano del luogo, mantenutosi probabilmente abbastanza immutato da secoli, subì soprattutto tra XVIII e XIX secolo una profonda trasformazione. Da una parte il complesso Scolopico formato dal collegio e dall’adiacente aula religiosa, dall’altra il palazzo comunale e la fontana, frutto di due distinti interventi, furono infatti le nuove realtà architettoniche che rimodellarono la vecchia piazza, delineando, assieme all’antica chiesa di S. Maria Maggiore e alla restante edilizia residenziale, un insieme figurativamente composito, seppure riferibile a una delimitazione dello spazio urbano rimasta tutto sommato costante. Tali operazioni risultano senz’altro ben note e la storiografia sulla città ne ha dato conto ripetutamente, anche se in termini succinti e spesso persino con diverse imprecisioni. È mancato però, finora, un esame organico dell’intera fase evolutiva della piazza in età moderna, che permettesse di comprendere al meglio la sua conformazione e in particolare le condizioni che l’hanno determinata. Tentativo, questo, che ci accingiamo a fare in questa sede, sulla scorta di nuova documentazione rintracciata e attraverso una lettura più approfondita delle singole vicende.

Piazza Santa Maria Maggiore ad Alatri. Vicende architettoniche e spazio urbano dal XVI secolo ad oggi / Caperna, Maurizio. - (2023), pp. 119-162.

Piazza Santa Maria Maggiore ad Alatri. Vicende architettoniche e spazio urbano dal XVI secolo ad oggi

Maurizio Caperna
2023

Abstract

Agli inizi del XVI secolo la principale piazza cittadina di Alatri conservava ancora il suo assetto medievale, caratterizzato dalla sola emergenza architettonica della chiesa di Santa Maria Maggiore che vi s’inseriva di spigolo, mostrando la facciata rivolta a est e il fianco destro a nord. Al lato della chiesa, nel luogo occupato oggi dal palazzo comunale, sorgeva il vecchio edificio civico (una costruzione sicuramente modesta sia nelle dimensioni che nell’aspetto), mentre lungo le altre fronti erano presenti case private di piccola o media consistenza. Pur nella sua limitata monumentalità, la cosiddetta platea communis spiccava comunque per ampiezza nel fitto tessuto della parte del borgo conosciuta nel Medioevo come civitas vetus. La nodalità di quel luogo permaneva del resto da secoli, traendo origine dall’antico foro della città romana, e pertanto l’invaso urbano si manteneva rappresentativo della vita pubblica dell’intero borgo. Un primo segnale di novità arrivò negli anni Trenta del Cinquecento. L’avvio di un palazzetto rinascimentale modificò in realtà una piccola porzione del fronte nord. Si trattava della rielaborazione con nuovo linguaggio architettonico di una preesistenza duecentesca: un piccolo edificio a due livelli, affacciato soltanto parzialmente sulla piazza. L’operazione, quindi, era ancora molto limitata, quasi impercettibile all’interno dello spazio urbano, ma costituiva l’innesco di un cambiamento significativo che si sarebbe attuato in seguito, e con tappe distanziate. Solo negli anni Ottanta del secolo venne intrapreso infatti un ampliamento di quella residenza con l’obiettivo di estenderla sull’intero lato settentrionale della piazza. Tuttavia il progetto non giunse a compimento: impostato il piano terreno, s’intervenne ampliando il primo piano soltanto per la metà destra dell’edificio; cosicché questo non arrivò ancora a presentarsi con un prospetto regolare e unitario sull’intero fronte. Per tale risultato si dovette attendere all’incirca un secolo e mezzo, allorché venne realizzato il settecentesco collegio degli Scolopi. Ma altri interventi architettonici nell’Ottocento avrebbero portato la piazza ad assumere un nuovo volto complessivo, corrispondente fondamentalmente alla condizione attuale. In sostanza, il mutamento definitivo del luogo si manifestò con la comparsa di nuove istanze, prodotto della modernità. L’esigenza di nuovi servizi pubblici e l’aspirazione alla funzionalità e al decoro urbano si affermarono progressivamente. E pertanto, un aggiornamento sensibile subentrò anche in una cittadina di provincia come Alatri, collocata alla periferia meridionale dello Stato pontificio. Fin dalla prima metà del XVIII secolo, l’introduzione dell’istruzione pubblica nel borgo si tradusse in un evento importante, conferendo un nuovo ruolo alla sua antica piazza. Giunsero infatti i Padri Scolopi che, acquisendo il palazzo rinascimentale lasciato interrotto, lo soprelevarono e lo approfondirono verso l’interno dell’isolato, in modo da poterlo destinare alla nuova funzione scolastica. La facciata del collegio, eretta a fondale della piazza, non introdusse tuttavia innovazioni di linguaggio architettonico: il completamento e l’innalzamento del prospetto dell’edificio preesistente avvenne infatti mutuando la soluzione delle finestre trabeate cinquecentesche già presenti. Novità espressive sopraggiunsero invece con la fabbricazione ex novo di un’annessa chiesa sul lato est della piazza. Un secondo edificio religioso, d’impronta barocca, comparve dunque in quell’ambiente, ponendosi come termine visivo di una delle strade di accesso ad esso (l’attuale via Cesare Battisti). Il collegio Scolopico rappresentò da quel momento una considerevole attrezzatura urbana che elevava di grado l’antica cittadina nel contesto territoriale del Frusinate e che era destinata di sicuro a potenziarsi nel tempo. Nell’Ottocento, e poi ancora nel primo Novecento, la struttura venne infatti ingrandita ulteriormente, fino a occupare tutto l’isolato in profondità e ad affacciarsi quindi sulla via retrostante. Gli anni del pontificato di Pio IX rappresentano però il momento determinante per la ridefinizione moderna della piazza di Alatri. Al papato precedente, quello di Gregorio XVI, si doveva peraltro l’estesa campagna di lavori relativi al restauro e alla valorizzazione dell’Acropoli. Il rilevante valore archeologico dell’antichissima cinta in opera poligonale era stato quindi da poco portato all’attenzione generale, il che rafforzava le aspirazioni della città a una rapida e più dignitosa sistemazione complessiva. Le iniziative avviate nell’ultimo periodo dello Stato Ecclesiastico, pur con la consueta impronta paternalistica, conseguirono in effetti risultati concreti. Un primo intervento riguardò non l’ambiente esterno della piazza ma lo spazio interno del suo edificio più importante. La chiesa di Santa Maria Maggiore venne coinvolta a partire dal 1851 in una decisa riformulazione della sua immagine. L’obiettivo consistette nel conferire un aspetto goticheggiante all’edificio e l’operazione, pertanto, non si limitò a un semplice rinnovamento decorativo ma comportò consistenti modifiche alle strutture. Poco dopo, tuttavia, cominciò a farsi strada l’idea che fosse giunto il momento di mettere mano, finalmente, alla situazione incresciosa in cui versava il vecchio e angusto palazzo comunale posto al lato della chiesa. Vari problemi funzionali e di degrado rendevano il fabbricato obsoleto. E nemmeno si poteva reputare conveniente una sua eventuale ristrutturazione. Un nuovo edificio rispondente alle moderne esigenze fu quindi previsto, in modo anche da accrescere il decoro civico di tutto il centro abitato. Il linguaggio dell’Ottocento irruppe così nella piazza all’inizio degli anni Sessanta attraverso la realizzazione della nuova sede municipale. Venne eretto infatti un palazzo neoclassico, piuttosto imponente nelle dimensioni rispetto alla struttura precedente: un’architettura che s’inseriva nell’ambiente urbano senza cercare relazioni con esso e introducendo, peraltro, un innovativo asse di simmetria all’interno di quello spazio. Infine fu l’arrivo dell’acqua nella città qualche anno dopo, ossia la costruzione di un nuovo acquedotto, a comportare un ultimo intervento a favore della piazza. Stante anche l’interessamento diretto del pontefice, la cittadinanza venne favorita dall’attuazione di un’impresa volta a garantire la fornitura idrica. Operazione che culminò quindi con la creazione di alcune fontane pubbliche nell’abitato, la maggiore delle quali destinata ad abbellire in modo monumentale l’antica platea communis. Riassumendo, l’assetto urbano del luogo, mantenutosi probabilmente abbastanza immutato da secoli, subì soprattutto tra XVIII e XIX secolo una profonda trasformazione. Da una parte il complesso Scolopico formato dal collegio e dall’adiacente aula religiosa, dall’altra il palazzo comunale e la fontana, frutto di due distinti interventi, furono infatti le nuove realtà architettoniche che rimodellarono la vecchia piazza, delineando, assieme all’antica chiesa di S. Maria Maggiore e alla restante edilizia residenziale, un insieme figurativamente composito, seppure riferibile a una delimitazione dello spazio urbano rimasta tutto sommato costante. Tali operazioni risultano senz’altro ben note e la storiografia sulla città ne ha dato conto ripetutamente, anche se in termini succinti e spesso persino con diverse imprecisioni. È mancato però, finora, un esame organico dell’intera fase evolutiva della piazza in età moderna, che permettesse di comprendere al meglio la sua conformazione e in particolare le condizioni che l’hanno determinata. Tentativo, questo, che ci accingiamo a fare in questa sede, sulla scorta di nuova documentazione rintracciata e attraverso una lettura più approfondita delle singole vicende.
2023
Il restauro della fontana Pia. Gli edifici e lo spazio urbano di Piazza Santa Maria Maggiore ad Alatri
978-88-31339-28-5
Alatri; palazzo Conti Gentili; Raffaele Boretti; Carlo Piccoli; Pio IX
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Piazza Santa Maria Maggiore ad Alatri. Vicende architettoniche e spazio urbano dal XVI secolo ad oggi / Caperna, Maurizio. - (2023), pp. 119-162.
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