Sventramenti e borgate, piccone demolitore e ricostruzione, piani regolatori e sviluppo a macchia d’olio, monumentalità e regime, retorica e accademismo sono solo alcuni dei termini che raccontano e restituiscono il panorama dell’urbanistica fascista e ne connotano un modo di operare deciso ma con declinazioni fortemente contraddittorie. In tale scenario si inquadra la ricerca sulla genesi delle città nate nel periodo fascista, in Italia e nei territori d’oltremare, e/o la trasformazione di organismi urbani preesistenti; si tratta di un filone di ricerca trasversale che investe non solo l’architettura e l’urbanistica, ma si pone come campo di indagine fertile per una riflessione sui modelli urbanistici e le relative applicazioni «dentro e fuori» il territorio nazionale. La città di fondazione rientra a pieno titolo in tale scenario e ne rappresenta uno degli aspetti con maggior carica simbolica. «Non borghese città giardino, ma un popolo che abita un parco» scrive Gio Ponti, a proposito del nuovo piano di Addis Abeba, in una lettera a Benito Mussolini del 16 dicembre 1936 ( cfr. E. Lo Sardo - a cura di -, Divina Geometria, maschietto&musolino, [Siena] 1997, p. 154). Nella creazione della città nuova, architettura e urbanistica sono interpretate in maniera differente rispetto alla pratica dominante: la comparazione tra i tre episodi dell’agro pontino, trattati nella ricerca, e i piani delle città di nuova fondazione pensati e progettati per le colonie italiane restituiscono un’interessante riflessione sui modelli urbani di esportazione, sull’organizzazione territoriale nel rapporto centro/territorio e, infine, sul fortissimo legame fra architettura e urbanistica, di cui questi piani/modelli si avvalgono.
"Non borghese città giardino..." / Carbonara, Lucio. - STAMPA. - (2009), pp. 4-4.
"Non borghese città giardino..."
CARBONARA, Lucio
2009
Abstract
Sventramenti e borgate, piccone demolitore e ricostruzione, piani regolatori e sviluppo a macchia d’olio, monumentalità e regime, retorica e accademismo sono solo alcuni dei termini che raccontano e restituiscono il panorama dell’urbanistica fascista e ne connotano un modo di operare deciso ma con declinazioni fortemente contraddittorie. In tale scenario si inquadra la ricerca sulla genesi delle città nate nel periodo fascista, in Italia e nei territori d’oltremare, e/o la trasformazione di organismi urbani preesistenti; si tratta di un filone di ricerca trasversale che investe non solo l’architettura e l’urbanistica, ma si pone come campo di indagine fertile per una riflessione sui modelli urbanistici e le relative applicazioni «dentro e fuori» il territorio nazionale. La città di fondazione rientra a pieno titolo in tale scenario e ne rappresenta uno degli aspetti con maggior carica simbolica. «Non borghese città giardino, ma un popolo che abita un parco» scrive Gio Ponti, a proposito del nuovo piano di Addis Abeba, in una lettera a Benito Mussolini del 16 dicembre 1936 ( cfr. E. Lo Sardo - a cura di -, Divina Geometria, maschietto&musolino, [Siena] 1997, p. 154). Nella creazione della città nuova, architettura e urbanistica sono interpretate in maniera differente rispetto alla pratica dominante: la comparazione tra i tre episodi dell’agro pontino, trattati nella ricerca, e i piani delle città di nuova fondazione pensati e progettati per le colonie italiane restituiscono un’interessante riflessione sui modelli urbani di esportazione, sull’organizzazione territoriale nel rapporto centro/territorio e, infine, sul fortissimo legame fra architettura e urbanistica, di cui questi piani/modelli si avvalgono.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.