La definizione del “bello ideale” implica una concezione dell’opera d’arte come progetto, come artifizio, e pone al centro dell’attenzione il “procedimento” di “organizzazione” del materiale artistico, insomma la dispositio. Ma nella “rappresentazione” si instaura una tensione tra il materiale poetico e l’ “ideale”. E il bello – secondo Winckelmann – è dato dalla semplicità nella varietà: Ma, essendo il bello «velato», non può essere che «intravisto» e quindi il processo di «rappresentazione» – ancorché «semplice» – non può essere diretto: la via per il bello è ellittica. Il bello va descritto, cioè, attraverso un Umweg, una sua «trasposizione». Questo percorso eccentrico porta Winckelmann a privilegiare le forme del bello che «eccedono» le convenzioni. Il suo «stare nel mezzo», di cui la critica winckelmanniana ha tanto parlato, significa, appunto, aver percepito che la cultura greca partecipa dei due mondi – laddove tale duplicità non si estrinseca solo nell’opposizione apollineo-dionisiaco, unità-molteplicità, ma anche nella differenziazione tra il ‘politico’ (cioè tutto ciò che è regolato dalla polis e nella polis) e il selvaggio, ciò che avviene ‘al di fuori’ della polis, nel «bosco» (rappresentato allegoricamente nell’antichità dalle figure di Artemide, di Adone, del fauno, ecc.). Lungi dal conciliare questi due mondi (o dallo scegliere uno dei due), Winckelmann li vive nella loro duplicità, nella loro contraddizione.
Le forme del bello. Winckelmann e il carattere „ellittico“ della bellezza / Ponzi, Mauro. - STAMPA. - (2009), pp. 119-138.
Le forme del bello. Winckelmann e il carattere „ellittico“ della bellezza
PONZI, Mauro
2009
Abstract
La definizione del “bello ideale” implica una concezione dell’opera d’arte come progetto, come artifizio, e pone al centro dell’attenzione il “procedimento” di “organizzazione” del materiale artistico, insomma la dispositio. Ma nella “rappresentazione” si instaura una tensione tra il materiale poetico e l’ “ideale”. E il bello – secondo Winckelmann – è dato dalla semplicità nella varietà: Ma, essendo il bello «velato», non può essere che «intravisto» e quindi il processo di «rappresentazione» – ancorché «semplice» – non può essere diretto: la via per il bello è ellittica. Il bello va descritto, cioè, attraverso un Umweg, una sua «trasposizione». Questo percorso eccentrico porta Winckelmann a privilegiare le forme del bello che «eccedono» le convenzioni. Il suo «stare nel mezzo», di cui la critica winckelmanniana ha tanto parlato, significa, appunto, aver percepito che la cultura greca partecipa dei due mondi – laddove tale duplicità non si estrinseca solo nell’opposizione apollineo-dionisiaco, unità-molteplicità, ma anche nella differenziazione tra il ‘politico’ (cioè tutto ciò che è regolato dalla polis e nella polis) e il selvaggio, ciò che avviene ‘al di fuori’ della polis, nel «bosco» (rappresentato allegoricamente nell’antichità dalle figure di Artemide, di Adone, del fauno, ecc.). Lungi dal conciliare questi due mondi (o dallo scegliere uno dei due), Winckelmann li vive nella loro duplicità, nella loro contraddizione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.