Nello spazio dedicato agli immaginari, il tracciato individuato dal GRAB viene interpretato come un luogo nel quale tempo e spazio si fondono: un cronotopo che tiene insieme il movimento dei corpi e il susseguirsi degli eventi. L’idea di cronotopo associata all’infrastruttura ciclopedonale ne designa una duplice natura: quella di costituire una precisa unità spazio-temporale nella quale viene ambientata la narrazione raccontata attraverso gli spazi urbani che la ciclovia attraversa e, al contempo, quella di rappresentare un luogo generico di transito, una soglia, dalla quale accedere alle diverse epoche che nel tempo hanno contribuito a costruirne il composito immaginario. La sessione della mostra, dunque, è composta da una sintetica selezione di opere che ci restituiscono la città intorno al GRAB interpretata da una compagine di autori i quali, attraverso l’espressione dell’arte visiva declinata nelle sue forme più varie che l’hanno percorsa e abitata in una finestra temporale di oltre trecento anni, aperta tra il Grand Tour e i nostri giorni. La selezione restituisce un paesaggio accumulatore per stratificazioni di tempi e luoghi del passato, del presente ma anche di un “altrove” sospeso tra memoria e futuro. L’allestimento amplifica questo dualismo e viene formalizzato in due diversi ambiti: una quadreria e uno spazio per la proiezione. Il percorso della mostra, infatti, si apre con l’ingresso in una piccola sala nella quale sono collocate due tele e un’installazione che ci restituiscono il carattere iconico e al tempo stesso segreto della città eterna, e il tratto rurale dell’agro al suo intorno che ne delinea il territorio periurbano. L’allestimento prosegue attraverso un ballatoio nel quale le opere sono esposte al di sotto della linea continua che riproduce l’anello del GRAB “srotolato” lungo la parete. Dai quadri esposti ne emerge una città percepita non solo quale spazio performativo, come dai bozzetti di Christo, o quale spazio autogestito, o come racconta la china di Roberto Grossi dell’uso clandestino degli spazi liminari abbandonati delle infrastrutture a scorrimento veloce che attraversano l’Urbe. Ancora immaginari che appartengono a una Roma sparita come quella del Tevere di Antonio Donghi e Antonio Barrera, quelli senza tempo della Villa Borghese di Giacomo Balla ai quali fanno da contrappunto quelli intimi e introspettivi che la ciclovia amplifica di Laura Federici e Renzo Vespignani. Al termine del ballatoio si accede a un ulteriore e ultimo spazio, dove viene proiettato un cortometraggio composto da estratti di pellicole girate nei luoghi attraversati dal GRAB. Il video restituisce il composito microcosmo che ritrae la città eterna con un ampio registro interpretativo. Gli ideali del riscatto sociale e culturale, che sottendono le pellicole neorealiste di Pier Paolo Pasolini e di un certo Fellini, danno corpo a una città policentrica nella quale centro e borgate parlano lo stesso linguaggio proletario. Gli stessi ideali si trasformano, negli anni Settanta, in espressioni della lotta di classe messe in luce nei docufilm di Cavani, De Seta, Giraldi e Mangini che ritraggono i presidii urbani costituiti dalle nuove periferie e dalle enclave di paesaggio naturale inglobato nella sfrenata espansione edilizia. Infine, si cronicizzano nelle visioni degli anni Ottanta che ritraggono una città ostile e inospitale che fa dell’abitante una vittima senza possibilità di riscatto come nei film di Neri Parenti e Pasquale Festa Campanile. Il GRAB, dunque, interpretato come un cronotopo costituisce un modello spaziale aperto. È luogo della fuga, dell’incontro e dell’imprevisto, spazio liminale in cui la trasformazione è sempre possibile ma non necessariamente attuata o attuabile come nelle provocazioni distopiche che proiettano la Roma contemporanea nello scenario di un futuro talvolta apocalittico e insperato dei più recenti lavori di Mainetti, Sibilia e Virzì.

Grab the City. Immaginari / Morgia, Federica; AHON VASQUEZ, LISBET ALESSANDRA. - (2024). (Intervento presentato al convegno Mostra "Grab the City" tenutosi a Galleria Nazionale di Arte Moderna).

Grab the City. Immaginari

federica morgia;lisbet alessandra ahon vasquez
2024

Abstract

Nello spazio dedicato agli immaginari, il tracciato individuato dal GRAB viene interpretato come un luogo nel quale tempo e spazio si fondono: un cronotopo che tiene insieme il movimento dei corpi e il susseguirsi degli eventi. L’idea di cronotopo associata all’infrastruttura ciclopedonale ne designa una duplice natura: quella di costituire una precisa unità spazio-temporale nella quale viene ambientata la narrazione raccontata attraverso gli spazi urbani che la ciclovia attraversa e, al contempo, quella di rappresentare un luogo generico di transito, una soglia, dalla quale accedere alle diverse epoche che nel tempo hanno contribuito a costruirne il composito immaginario. La sessione della mostra, dunque, è composta da una sintetica selezione di opere che ci restituiscono la città intorno al GRAB interpretata da una compagine di autori i quali, attraverso l’espressione dell’arte visiva declinata nelle sue forme più varie che l’hanno percorsa e abitata in una finestra temporale di oltre trecento anni, aperta tra il Grand Tour e i nostri giorni. La selezione restituisce un paesaggio accumulatore per stratificazioni di tempi e luoghi del passato, del presente ma anche di un “altrove” sospeso tra memoria e futuro. L’allestimento amplifica questo dualismo e viene formalizzato in due diversi ambiti: una quadreria e uno spazio per la proiezione. Il percorso della mostra, infatti, si apre con l’ingresso in una piccola sala nella quale sono collocate due tele e un’installazione che ci restituiscono il carattere iconico e al tempo stesso segreto della città eterna, e il tratto rurale dell’agro al suo intorno che ne delinea il territorio periurbano. L’allestimento prosegue attraverso un ballatoio nel quale le opere sono esposte al di sotto della linea continua che riproduce l’anello del GRAB “srotolato” lungo la parete. Dai quadri esposti ne emerge una città percepita non solo quale spazio performativo, come dai bozzetti di Christo, o quale spazio autogestito, o come racconta la china di Roberto Grossi dell’uso clandestino degli spazi liminari abbandonati delle infrastrutture a scorrimento veloce che attraversano l’Urbe. Ancora immaginari che appartengono a una Roma sparita come quella del Tevere di Antonio Donghi e Antonio Barrera, quelli senza tempo della Villa Borghese di Giacomo Balla ai quali fanno da contrappunto quelli intimi e introspettivi che la ciclovia amplifica di Laura Federici e Renzo Vespignani. Al termine del ballatoio si accede a un ulteriore e ultimo spazio, dove viene proiettato un cortometraggio composto da estratti di pellicole girate nei luoghi attraversati dal GRAB. Il video restituisce il composito microcosmo che ritrae la città eterna con un ampio registro interpretativo. Gli ideali del riscatto sociale e culturale, che sottendono le pellicole neorealiste di Pier Paolo Pasolini e di un certo Fellini, danno corpo a una città policentrica nella quale centro e borgate parlano lo stesso linguaggio proletario. Gli stessi ideali si trasformano, negli anni Settanta, in espressioni della lotta di classe messe in luce nei docufilm di Cavani, De Seta, Giraldi e Mangini che ritraggono i presidii urbani costituiti dalle nuove periferie e dalle enclave di paesaggio naturale inglobato nella sfrenata espansione edilizia. Infine, si cronicizzano nelle visioni degli anni Ottanta che ritraggono una città ostile e inospitale che fa dell’abitante una vittima senza possibilità di riscatto come nei film di Neri Parenti e Pasquale Festa Campanile. Il GRAB, dunque, interpretato come un cronotopo costituisce un modello spaziale aperto. È luogo della fuga, dell’incontro e dell’imprevisto, spazio liminale in cui la trasformazione è sempre possibile ma non necessariamente attuata o attuabile come nelle provocazioni distopiche che proiettano la Roma contemporanea nello scenario di un futuro talvolta apocalittico e insperato dei più recenti lavori di Mainetti, Sibilia e Virzì.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1702650
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