“Urban Center” è una locuzione nata negli Stati Uniti nel secolo scorso per designare diverse tipologie di strutture la cui missione principale comune era incardinata sulle attività di coinvolgimento critico della comunità civica nelle politiche di trasformazione della città e del territorio. In pochi decenni queste realtà, ormai diffuse in gran parte dei paesi ad economia avanzata, si sono rivelate il vettore più efficace per facilitare la partecipazione attiva dei soggetti portatori di interesse (con attenzione particolare a quelli più deboli) nella ricerca di scenari di consenso e soluzioni progettuali condivise. Originariamente concepiti per offrire alla collettività un luogo centralizzato, istituzionalmente preposto all’informazione, comunicazione, discussione dei progetti di trasformazione urbana, gli Urban Center si vanno configurando e consolidando, secondo le interpretazioni culturali più virtuose, come una tendenziale “arena neutrale” di discussione e dibattito per decisori politici, professionisti, tecnici, operatori economici, forze sociali, associazioni di categoria, comitati di cittadini, singoli soggetti che intendono contribuire attivamente a delineare i “futuri destini” della città. Ma il titolo dubitativo del saggio intende porre l’accento sulla notevole complessità delle questioni sottese da strutture quali gli “Urban Center”, spesso solo nominalmente preposte all’estensione del potere decisionale in senso condiviso per la città. La questione dell’esercizio dei moderni principi di democrazia partecipativa e deliberativa nei processi di coagulazione del consenso e maturazione del quadro decisionale occupa da tempo un ruolo centrale nel dibattito sulla costruzione delle politiche di governo della città e del territorio. Dopo la presa d’atto della crisi di legittimazione e dell’autoreferenzialità di un modello di governo che riconosceva esclusivamente alla mano pubblica e all’interlocuzione con i poteri forti un ruolo sostantivo nei processi decisionali, avvertendo la mancanza di strumenti di conoscenza volti a gestire situazioni complesse e conflittuali, si è sviluppato un acceso dibattito sull’opportunità di riconoscere e legittimare il contributo di nuove ed emergenti forze sociali e gruppi d’interesse diffuso, che chiedono di poter interagire e negoziare “a monte” con le istituzioni di governo locale, sin dalle fasi di elaborazione delle linee guida delle politiche urbane. Sarebbe operazione sterile e riduttiva ricostruire il fenomeno degli Urban Center, ripercorrendone unicamente le principali tappe evolutive, senza contestualizzarne il ruolo nell’ottica della “messa in rete” del capitale sociale, approccio indispensabile per valorizzare la ricchezza delle sfaccettature delle comunità civiche che animano la linfa vitale della città. Dietro i “casi di successo” delle politiche urbane contemporanee si cela infatti la capacità di un “regista illuminato” di gestire virtuosamente la dialettica tra i diversi portatori di interesse (privilegiato e diffuso) protagonisti della scena urbana, attraverso un paziente, instancabile, coinvolgente lavoro di ricerca del consenso su principi, strategie, linee guida, piani, programmi progetti, pratiche dell’agire. L’identità del regista può variare nei diversi contesti culturali, ma la trasparenza della formazione del quadro decisionale resta l’obiettivo comune e gli Urban Center anche in Italia, dopo una inevitabile fase di aggiustamento del tiro, sono entrati in una stagione di maturazione, avvicinandosi - nei milieu più fertili - a quell’immagine simbolica di “casa di vetro” ove si persegue una autentica costruzione condivisa delle politiche di trasformazione della città. La “cifra” dell’effettività di un Urban Center risiede infatti nel saper contribuire alla crescita della presa di coscienza delle potenzialità di protagonismo sociale degli attori, facilitando il passaggio dall’apprendimento alla valutazione, insegnando ad ascoltare, educando alla partecipazione, mettendo a sistema le molteplici iniziative che appartengono al portato culturale dei luoghi ma che, allo stesso tempo, domandano la costruzione di un telaio di coerenza e relazioni di senso complessivo.

Urban Center. Da spazi per partecipare a luoghi per deliberare ? / Monardo, Bruno. - STAMPA. - (2009), pp. 132-160.

Urban Center. Da spazi per partecipare a luoghi per deliberare ?

MONARDO, Bruno
2009

Abstract

“Urban Center” è una locuzione nata negli Stati Uniti nel secolo scorso per designare diverse tipologie di strutture la cui missione principale comune era incardinata sulle attività di coinvolgimento critico della comunità civica nelle politiche di trasformazione della città e del territorio. In pochi decenni queste realtà, ormai diffuse in gran parte dei paesi ad economia avanzata, si sono rivelate il vettore più efficace per facilitare la partecipazione attiva dei soggetti portatori di interesse (con attenzione particolare a quelli più deboli) nella ricerca di scenari di consenso e soluzioni progettuali condivise. Originariamente concepiti per offrire alla collettività un luogo centralizzato, istituzionalmente preposto all’informazione, comunicazione, discussione dei progetti di trasformazione urbana, gli Urban Center si vanno configurando e consolidando, secondo le interpretazioni culturali più virtuose, come una tendenziale “arena neutrale” di discussione e dibattito per decisori politici, professionisti, tecnici, operatori economici, forze sociali, associazioni di categoria, comitati di cittadini, singoli soggetti che intendono contribuire attivamente a delineare i “futuri destini” della città. Ma il titolo dubitativo del saggio intende porre l’accento sulla notevole complessità delle questioni sottese da strutture quali gli “Urban Center”, spesso solo nominalmente preposte all’estensione del potere decisionale in senso condiviso per la città. La questione dell’esercizio dei moderni principi di democrazia partecipativa e deliberativa nei processi di coagulazione del consenso e maturazione del quadro decisionale occupa da tempo un ruolo centrale nel dibattito sulla costruzione delle politiche di governo della città e del territorio. Dopo la presa d’atto della crisi di legittimazione e dell’autoreferenzialità di un modello di governo che riconosceva esclusivamente alla mano pubblica e all’interlocuzione con i poteri forti un ruolo sostantivo nei processi decisionali, avvertendo la mancanza di strumenti di conoscenza volti a gestire situazioni complesse e conflittuali, si è sviluppato un acceso dibattito sull’opportunità di riconoscere e legittimare il contributo di nuove ed emergenti forze sociali e gruppi d’interesse diffuso, che chiedono di poter interagire e negoziare “a monte” con le istituzioni di governo locale, sin dalle fasi di elaborazione delle linee guida delle politiche urbane. Sarebbe operazione sterile e riduttiva ricostruire il fenomeno degli Urban Center, ripercorrendone unicamente le principali tappe evolutive, senza contestualizzarne il ruolo nell’ottica della “messa in rete” del capitale sociale, approccio indispensabile per valorizzare la ricchezza delle sfaccettature delle comunità civiche che animano la linfa vitale della città. Dietro i “casi di successo” delle politiche urbane contemporanee si cela infatti la capacità di un “regista illuminato” di gestire virtuosamente la dialettica tra i diversi portatori di interesse (privilegiato e diffuso) protagonisti della scena urbana, attraverso un paziente, instancabile, coinvolgente lavoro di ricerca del consenso su principi, strategie, linee guida, piani, programmi progetti, pratiche dell’agire. L’identità del regista può variare nei diversi contesti culturali, ma la trasparenza della formazione del quadro decisionale resta l’obiettivo comune e gli Urban Center anche in Italia, dopo una inevitabile fase di aggiustamento del tiro, sono entrati in una stagione di maturazione, avvicinandosi - nei milieu più fertili - a quell’immagine simbolica di “casa di vetro” ove si persegue una autentica costruzione condivisa delle politiche di trasformazione della città. La “cifra” dell’effettività di un Urban Center risiede infatti nel saper contribuire alla crescita della presa di coscienza delle potenzialità di protagonismo sociale degli attori, facilitando il passaggio dall’apprendimento alla valutazione, insegnando ad ascoltare, educando alla partecipazione, mettendo a sistema le molteplici iniziative che appartengono al portato culturale dei luoghi ma che, allo stesso tempo, domandano la costruzione di un telaio di coerenza e relazioni di senso complessivo.
2009
Territori dell'urbano. Storie e linguaggi dello spazio comune
9788874622870
Luoghi della partecipazione; democrazia deliberativa; asimmetria decisionale
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Urban Center. Da spazi per partecipare a luoghi per deliberare ? / Monardo, Bruno. - STAMPA. - (2009), pp. 132-160.
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