Secondo Rosalind Krauss, la fotografia ha un particolare carattere che la differenzia dalle altre arti: nonostante le fotografie siano ancora considerate immagini in cui il legame con la realtà è esclusivamente dettato dalla somiglianza, non si può ignorare che ne hanno un altro, di ordine indiziario, non imposto dalla volontà dell’autore ma fisicamente forzato dal soggetto che rappresentano, analogamente all’orma di un piede nella sabbia. Come diceva Roland Barthes, la fotografia è frutto di un concreto processo fotochimico e quindi è sempre traccia, impronta, sintomo, indizio di qualcosa che è esistito in un preciso punto e in preciso momento. Il carattere indiziario della fotografia contiene tuttavia un’essenza ambigua, che da subito iniziò a giocare con il reale, tanto che Dada e Surrealismo la utilizzarono spesso per inventare una surrealtà. Così, dopo due secoli in cui fu considerata lo strumento scientifico per registrare ogni angolo del mondo e ogni aspetto della vita, nel tardo Novecento si arrivò a un’inevitabile crisi, ben descritta da Bernard Latarjet: «La sparizione di ciò era stata la sua ragion d’essere e la nascita di nuovi mezzi tecnologici più efficaci, come la televisione, hanno così liberato la fotografia dalle sue funzioni sociali di rappresentazione. […] Secondo un movimento che le arti plastiche avevano conosciuto prima di lei, la fotografia è diventata l’oggetto di se stessa, le necessità del fotografo il solo contenuto». Luigi Ghirri e Gabriele Basilico si inseriscono compiutamente in questa crisi e sono tra i maggiori esponenti della fotografia contemporanea, l’«arte delle masse» secondo Walter Benjamin.
Luigi Ghirri e Gabriele Basilico: paesaggi indiziari / Lanzetta, Alessandro. - (2023), pp. 82-93. - ET PAESAGGIO E AMBIENTE.
Luigi Ghirri e Gabriele Basilico: paesaggi indiziari
Alessandro Lanzetta
2023
Abstract
Secondo Rosalind Krauss, la fotografia ha un particolare carattere che la differenzia dalle altre arti: nonostante le fotografie siano ancora considerate immagini in cui il legame con la realtà è esclusivamente dettato dalla somiglianza, non si può ignorare che ne hanno un altro, di ordine indiziario, non imposto dalla volontà dell’autore ma fisicamente forzato dal soggetto che rappresentano, analogamente all’orma di un piede nella sabbia. Come diceva Roland Barthes, la fotografia è frutto di un concreto processo fotochimico e quindi è sempre traccia, impronta, sintomo, indizio di qualcosa che è esistito in un preciso punto e in preciso momento. Il carattere indiziario della fotografia contiene tuttavia un’essenza ambigua, che da subito iniziò a giocare con il reale, tanto che Dada e Surrealismo la utilizzarono spesso per inventare una surrealtà. Così, dopo due secoli in cui fu considerata lo strumento scientifico per registrare ogni angolo del mondo e ogni aspetto della vita, nel tardo Novecento si arrivò a un’inevitabile crisi, ben descritta da Bernard Latarjet: «La sparizione di ciò era stata la sua ragion d’essere e la nascita di nuovi mezzi tecnologici più efficaci, come la televisione, hanno così liberato la fotografia dalle sue funzioni sociali di rappresentazione. […] Secondo un movimento che le arti plastiche avevano conosciuto prima di lei, la fotografia è diventata l’oggetto di se stessa, le necessità del fotografo il solo contenuto». Luigi Ghirri e Gabriele Basilico si inseriscono compiutamente in questa crisi e sono tra i maggiori esponenti della fotografia contemporanea, l’«arte delle masse» secondo Walter Benjamin.File | Dimensione | Formato | |
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