Una Costituzione è un insieme di credenze, pratiche, istituzioni talmente connaturate alla comunità di cui sono espressione da (dover) risultare non semplicemente adottate, bensì incarnate dai e nei membri di essa. In quest’ottica, un popolo non ha una Costituzione, ma è una data Costituzione, che di esso enuclea caratteristiche identitarie tanto irrinunciabili (pena la dissoluzione dello stesso legame comunitario) quanto inseparabili da un processo plurisecolare di sedimentazione che nessun volontarismo è in condizioni, di fatto e di diritto, di rimpiazzare. La Costituzione si rivela dunque il precipitato ultimo della costante permanenza nel tempo di una forma di vita che si tramanda e perpetua di generazione in generazione – indirizzo non già immutabile in ogni suo aspetto, ma certo non alterabile nella sua impostazione e nel suo nucleo valoriale di fondo. Questo l’assunto da cui prende le mosse il più irriducibile araldo del tradizionalismo moderno, Joseph de Maistre, nel difendere nella sua più rimarchevole opera giuridico-politica, Saggio sul principio generatore delle Costituzioni politiche e delle altre istituzioni umane (1814), la tesi solo apparentemente paradossale secondo cui ogni proposito (e progetto) di mettere per iscritto una Costituzione deve intendersi come l’autoevidente dimostrazione della sostanziale e inemendabile perdita di legittimità di un contenuto che, se e fintantoché davvero fondamentale e fondativo, non abbisogna di alcuna trascrizione (e finanche verbalizzazione). La necessità di mettere a tema, fissare e difendere qualcosa rappresenta, in tale ottica, la riprova incontrovertibile del fatto che questo qualcosa non è (più) immediatamente ovvio, indiscutibilmente certo, inoppugnabilmente saldo – non è più, in una parola, costitutivo. Su questo scarto fa leva Maistre per addivenire alla conclusione – estrema, ma niente affatto estremistica – secondo cui una Costituzione che necessiti di essere esplicitata si fa involontaria disvelatrice, per ciò stesso, della più inoperabile autodissoluzione del potenziale aggregante proprio di quell’insieme di princìpi, norme e procedure che pure con tale operazione si intenderebbe preservare. Una Costituzione scritta diviene così, nei fatti, una Costituzione nulla: nasce, in buona sostanza, già morta.
Saggio sul principio generatore delle Costituzioni politiche e delle altre istituzioni umane / Salvatore, Andrea. - (2024).
Saggio sul principio generatore delle Costituzioni politiche e delle altre istituzioni umane
Andrea Salvatore
2024
Abstract
Una Costituzione è un insieme di credenze, pratiche, istituzioni talmente connaturate alla comunità di cui sono espressione da (dover) risultare non semplicemente adottate, bensì incarnate dai e nei membri di essa. In quest’ottica, un popolo non ha una Costituzione, ma è una data Costituzione, che di esso enuclea caratteristiche identitarie tanto irrinunciabili (pena la dissoluzione dello stesso legame comunitario) quanto inseparabili da un processo plurisecolare di sedimentazione che nessun volontarismo è in condizioni, di fatto e di diritto, di rimpiazzare. La Costituzione si rivela dunque il precipitato ultimo della costante permanenza nel tempo di una forma di vita che si tramanda e perpetua di generazione in generazione – indirizzo non già immutabile in ogni suo aspetto, ma certo non alterabile nella sua impostazione e nel suo nucleo valoriale di fondo. Questo l’assunto da cui prende le mosse il più irriducibile araldo del tradizionalismo moderno, Joseph de Maistre, nel difendere nella sua più rimarchevole opera giuridico-politica, Saggio sul principio generatore delle Costituzioni politiche e delle altre istituzioni umane (1814), la tesi solo apparentemente paradossale secondo cui ogni proposito (e progetto) di mettere per iscritto una Costituzione deve intendersi come l’autoevidente dimostrazione della sostanziale e inemendabile perdita di legittimità di un contenuto che, se e fintantoché davvero fondamentale e fondativo, non abbisogna di alcuna trascrizione (e finanche verbalizzazione). La necessità di mettere a tema, fissare e difendere qualcosa rappresenta, in tale ottica, la riprova incontrovertibile del fatto che questo qualcosa non è (più) immediatamente ovvio, indiscutibilmente certo, inoppugnabilmente saldo – non è più, in una parola, costitutivo. Su questo scarto fa leva Maistre per addivenire alla conclusione – estrema, ma niente affatto estremistica – secondo cui una Costituzione che necessiti di essere esplicitata si fa involontaria disvelatrice, per ciò stesso, della più inoperabile autodissoluzione del potenziale aggregante proprio di quell’insieme di princìpi, norme e procedure che pure con tale operazione si intenderebbe preservare. Una Costituzione scritta diviene così, nei fatti, una Costituzione nulla: nasce, in buona sostanza, già morta.File | Dimensione | Formato | |
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