A cavallo tra XIX e XX secolo, i processi storici di conflitto di classe e di emancipazione sono stati spiegati dalla sociologia moderna entro i ristretti confini delle dinamiche del mutamento sociale europeo e nordamericano. Non solo: queste spiegazioni, necessariamente situate e parziali, si sono autoproclamate e imposte come universali, ovvero valide per la comprensione dei processi sociali in senso lato. Così facendo, il pensiero eurocentrico ha generato classificazioni analitiche – attraverso per esempio i dualismi moderno/premoderno, sviluppo/sottosviluppo, civile/primitivo – alla base di forme di gerarchizzazione ontologica. Queste classificazioni hanno continuato ad agire anche nei filoni della teoria critica che già dal secondo dopoguerra cominciarono a sottolineare le contraddizioni interne alla narrazione della modernità europea. La “sociologia di posizione”, allora, è intesa in questo capitolo in termini di critica e decentramento nei confronti del canone sociologico eurocentrico, non (sol)tanto nel senso di inclusione più significativa di autori che “provincializzano” l’Europa pensando e parlando di globo a partire da altrove – non soltanto per comprendere altri e altro (in senso antropologico potremmo dire) – ma soprattutto in senso propriamente sociologico, per capire noi stessi: comprendere come le contraddizioni tra pensiero e azione nel moderno, tra discorso e dispositivo del moderno, siano state proprie del sistema capitalista occidentale e abbiano contribuito ad afasie e incoerenze nell’analisi scientifica. La tesi di fondo è allora che non pare possibile un posizionamento in termini di sociologia critica ed emancipatrice senza “decolonizzare il canone sociologico”. Ciò in una duplice direzione: di decostruzione della teoria sociologica, e di ripensamento critico delle pratiche di ricerca sociale, della postura del ricercatore, del ruolo dell'accademia.
Epistemologie del Sud e sociologia di posizione / Pellegrino, Vincenza; Ricotta, Giuseppe. - (2023), pp. 117-137.
Epistemologie del Sud e sociologia di posizione
Giuseppe Ricotta
2023
Abstract
A cavallo tra XIX e XX secolo, i processi storici di conflitto di classe e di emancipazione sono stati spiegati dalla sociologia moderna entro i ristretti confini delle dinamiche del mutamento sociale europeo e nordamericano. Non solo: queste spiegazioni, necessariamente situate e parziali, si sono autoproclamate e imposte come universali, ovvero valide per la comprensione dei processi sociali in senso lato. Così facendo, il pensiero eurocentrico ha generato classificazioni analitiche – attraverso per esempio i dualismi moderno/premoderno, sviluppo/sottosviluppo, civile/primitivo – alla base di forme di gerarchizzazione ontologica. Queste classificazioni hanno continuato ad agire anche nei filoni della teoria critica che già dal secondo dopoguerra cominciarono a sottolineare le contraddizioni interne alla narrazione della modernità europea. La “sociologia di posizione”, allora, è intesa in questo capitolo in termini di critica e decentramento nei confronti del canone sociologico eurocentrico, non (sol)tanto nel senso di inclusione più significativa di autori che “provincializzano” l’Europa pensando e parlando di globo a partire da altrove – non soltanto per comprendere altri e altro (in senso antropologico potremmo dire) – ma soprattutto in senso propriamente sociologico, per capire noi stessi: comprendere come le contraddizioni tra pensiero e azione nel moderno, tra discorso e dispositivo del moderno, siano state proprie del sistema capitalista occidentale e abbiano contribuito ad afasie e incoerenze nell’analisi scientifica. La tesi di fondo è allora che non pare possibile un posizionamento in termini di sociologia critica ed emancipatrice senza “decolonizzare il canone sociologico”. Ciò in una duplice direzione: di decostruzione della teoria sociologica, e di ripensamento critico delle pratiche di ricerca sociale, della postura del ricercatore, del ruolo dell'accademia.File | Dimensione | Formato | |
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