Ciò che si vede è...

Percorrere questo territorio, studiare le sue modificazioni sulle carte, interpretare i livelli di coerenza tra le vocazioni naturali e l’organizzazione fisica dei suoli e dello spazio è il primo passo da compiere. Laicamente, come lo avrebbe fatto Eugenio Turri, quello di Semiologia del paesaggio italiano, o ancora come John Dewey con quella coltivata ingenuità di occhio, orecchio e pensiero a lui cara. Superando quel supporre iniziale che agisce come condizionamento rispetto alle cose. Una modalità vicina alla sensibilità di Bernardo Secchi, che peraltro ben conosceva questo territorio, per aver lavorato alla fine degli anni Novanta al piano di Narni. Cominciamo dunque da ciò che si vede. Da una traversata ricognitiva che, risalendo il fiume controcorrente, intercetta insiemi compositi e materiali sparsi, con l’obiettivo di restituire, senza pretesa di completezza, il senso dei luoghi e rintracciare i fili rossi che li tengono insieme.