Ricordando i quarant’anni dalla morte di Jacques Lacan, la Galleria Bor ghese, in collaborazione con il Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte e Spettacolo della Sapienza e dell’Istituto Freudiano di Roma, ha voluto dare risalto all’originale apporto dell’analista francese alla lettura del dipinto che lui stesso ha intitolato Psiche sorprende Amore, firmato e datato dal pit tore fiorentino Jacopo Zucchi nel 1589. Lacan incontrò l’opera la prima volta durante uno dei suoi numerosi soggiorni romani, in un luogo secondario e inatteso della Galleria, all’uscita dell’ascensore, e ne rimase folgorato. Erano i primi giorni di aprile del 1961. Tornato a Parigi al termine di quelle vacanze pasquali lo psicoanalista, che si era procurato una riproduzione del dipinto, chiese al pittore André Masson di sintetizzare con la sua capacità grafica la visione lenticolare dello Zucchi, facendo poi circolare il disegno e le riproduzioni tra i suoi al lievi. Mettendo a fuoco alcuni dettagli del dipinto, tra i quali lo strepitoso vaso di fiori, Lacan trovò la strada per sviluppare un nuovo ragionamento intorno al “complexe de castration”. Quel vaso di fiori che copre parzial mente “Amore”, che lo storico dell’arte potrebbe in un primo tempo inter pretare come un atto di censura, nel pensiero di Lacan diviene invece segno di un vuoto, di un’assenza: la rivelazione di una «presenza assente» e di una «assenza presentificata». Sono queste espressioni che riecheggiano negli scritti di Cesare Brandi, laddove il concetto di astanza dell’opera viene spiegato come un dispositivo di presenza-assenza, di «parousia senza ousia» (Brandi 1998, p. 72)
Jacques Lacan e le arti nel lavoro analitico / Moretti, Massimo. - (2023), pp. 12-19.
Jacques Lacan e le arti nel lavoro analitico
Massimo Moretti
2023
Abstract
Ricordando i quarant’anni dalla morte di Jacques Lacan, la Galleria Bor ghese, in collaborazione con il Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte e Spettacolo della Sapienza e dell’Istituto Freudiano di Roma, ha voluto dare risalto all’originale apporto dell’analista francese alla lettura del dipinto che lui stesso ha intitolato Psiche sorprende Amore, firmato e datato dal pit tore fiorentino Jacopo Zucchi nel 1589. Lacan incontrò l’opera la prima volta durante uno dei suoi numerosi soggiorni romani, in un luogo secondario e inatteso della Galleria, all’uscita dell’ascensore, e ne rimase folgorato. Erano i primi giorni di aprile del 1961. Tornato a Parigi al termine di quelle vacanze pasquali lo psicoanalista, che si era procurato una riproduzione del dipinto, chiese al pittore André Masson di sintetizzare con la sua capacità grafica la visione lenticolare dello Zucchi, facendo poi circolare il disegno e le riproduzioni tra i suoi al lievi. Mettendo a fuoco alcuni dettagli del dipinto, tra i quali lo strepitoso vaso di fiori, Lacan trovò la strada per sviluppare un nuovo ragionamento intorno al “complexe de castration”. Quel vaso di fiori che copre parzial mente “Amore”, che lo storico dell’arte potrebbe in un primo tempo inter pretare come un atto di censura, nel pensiero di Lacan diviene invece segno di un vuoto, di un’assenza: la rivelazione di una «presenza assente» e di una «assenza presentificata». Sono queste espressioni che riecheggiano negli scritti di Cesare Brandi, laddove il concetto di astanza dell’opera viene spiegato come un dispositivo di presenza-assenza, di «parousia senza ousia» (Brandi 1998, p. 72)File | Dimensione | Formato | |
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