Sommari Stefano LocateLLi Sulle politiche culturali relative al “teatro sociale” in Italia. Una proposta di sintesi e qualche perplessità L’articolo tratta delle politiche culturali relative al cosiddetto teatro sociale (applied theatre) in Italia, offrendo anzitutto una sintesi del periodo che va da metà del XX secolo ai nostri giorni. L’autore si concentra sui paradigmi politico-economici su cui si fondano gli attuali approcci di intervento pubblico e di valutazione degli impatti sociali delle attività teatrali, rilevando alcune criticità, individuate in particolare nei principi utilitaristici (per molti aspetti coerenti con le forme del cosiddetto capitalismo estetico), che negli impatti sociali riconoscono un valore primario rispetto alle ambizioni politiche ed estetiche proprie del teatro. L’articolo evidenzia, inoltre, come gli odierni programmi di intervento modellati su sempre più precise e condizionanti agende politiche nazionali o sovranazionali, cui le attività teatrali tendono, spesso inconsciamente, ad adeguarsi per necessità di sopravvivenza economica, rischino di de-radicalizzare, modificare o minare alla base la vocazione naturalmente politica delle pratiche teatrali, privandole di quelle libertà su cui sempre si è fondata la capacità del teatro di mettere in discussione e trascendere l’ordine esterno, di agire come momento di immaginazione e progettazione individuale e comunitaria. On Cultural Policies Concerning the “Applied Theatre” in Italy. A Summary Proposal and Some Perplexities The article deals with cultural policies of the so-called teatro sociale (applied theatre) in Italy, offering, firstly, a summary of the period from the mid-20th century to the present day. The author concentrates on the political-economic paradigms that guide the current approaches to public intervention and the evaluation of the social impact of theatrical activities. He does so by pointing out certain criticalities, identified in particular in the utilitarian principles – in many respects consistent with the forms of so-called aesthetic capitalism – that recognise the social impact of the theatre as its primary value, rather than its political and aesthetic objectives. The article also highlights how today’s intervention programmes – modelled on increasingly precise and conditioning national or supranational political agendas, to which theatrical activities tend, often unconsciously, to adapt in order to economically survive – risk de-radicalising, modifying, or undermining the naturally political vocation of theatrical practices, depriving them of the freedom that theatre has always provided in questioning and transcending the external order, in acting as a moment of individual and community imagination and design. andrea Scappa Utopia di Luca Ronconi. Il destino di uno spettacolo dalla Biennale del 1975 al Laboratorio di Prato La Biennale Teatro del 1975, diretta da Luca Ronconi, è un’edizione rivoluzionaria per lo stesso festival e per la storia del teatro italiano. Seguendo una formula sperimentale che prevede conferenze, workshop, spettacoli, parate di strada, giungono a Venezia il Living Theatre, Grotowski, l’Odin Teatret, Meredith Monk, il Théâtre du Soleil. In questo contesto incandescente il 25 agosto 1975, negli ex cantieri navali della Giudecca, viene presentato Utopia, in cui Ronconi guida una formazione di più di trenta attori. Cinque testi di Aristofane (Cavalieri, Donne al parlamento, Pluto, Uccelli, Lisistrata) montati insieme per una regia che vuole “rifare” i classici, portandoli tra automobili, aerei, camion, con l’andamento di una processione laica. Il saggio si concentra su alcuni aspetti significativi dello spettacolo: le difficoltà di rappresentazione ai Festival dell’Unità, il mutare dello spazio scenico dall’aperto al chiuso, la funzione drammaturgica delle macchine, l’elaborazione teatrale del concetto di strada, il confronto di Ronconi con le opere di Aristofane. Utopia by Luca Ronconi. The Destiny of a Performance from the 1975 Biennale to the Laboratorio in Prato The 1975 Venice Theatre Biennale directed by Luca Ronconi was a revolutionary edition for the festival itself and for the history of Italian theatre, based on a experimental formula that involved conferences, workshops, performances, and street parades. This edition featured the Living Theatre, Grotowski, the Odin Teatret, Meredith Monk, and the Théâtre du Soleil. In this lively context, more than thirty actors led by Ronconi performed Utopia in the former Giudecca shipyards on August 25th, 1975. Five texts by Aristophanes edited together for a stage direction that wants to “remake” the classics by bringing them through cars, planes, and trucks, with a secular procession’s stride. The essay focuses on some significant aspects of the performance: the difficulties of performing it at the “Festival dell’Unità”, the change of the performative space from outdoor to indoor, the dramaturgical function of the machines, the theatrical elaboration of the “street” concept, Ronconi’s confrontation with the works of Aristophanes (The Knights, The Assemblywomen, Plutus, The Birds, Lysistrata). danieLe Vergni Il teatro contro lo spettacolo, strategie della (nuova) performance nel Nuovo Teatro italiano (1976-1982) La Postavanguardia teatrale italiana si è caratterizzata per l’assunzione radicale delle pratiche della performance art dirette ad una tabula rasa del fatto spettacolare. L’irripetibilità delle performance nate in luoghi specifici, il rifiuto del personaggio in favore del performer e le sue immediate ricadute biografiche “patologiche”, la dismissione del training in favore dell’esperienza quotidiana esistenziale stravolgono le coordinate spettacolari. Il fenomeno però sembra portare a un recupero spettacolare che comincia a intravedersi nel 1979, nel periodo della cosiddetta Nuova Spettacolarità. Assieme emerge una resistenza anti-spettacolare che prosegue per pochi anni ancora il percorso di abbattimento del fatto spettacolare. Alcuni critici cominciano a scrivere di Nuova Performance. Quest’ultimo fenomeno, finora non indagato dalla storiografia, è l’oggetto del presente saggio che, attraverso la ricognizione di archivi privati, tenta di ricostruirne le tappe critiche quanto le operatività assunte dai principali protagonisti appositamente intervistati. Theatre against Spectacle. Strategies of the (New) Performance in the New Italian Theatre (1976-1982) Italian post avant-garde theatre was characterized by the radical assumption of performance art practices aimed at making a tabula rasa of the spectacular fact. The unrepeatability of the site-specific performances, the rejection of the character in favour of the performer and its immediate “pathological” biographical repercussions, and the abandonment of training in favour of the daily existential experience distort the spectacular coordinates. However, the phenomenon seems to lead to a spectacular recovery that begins to be glimpsed in 1979, in the period of the so-called Nuova Spettacolarità. At the same time, an anti-spectacular resistance emerges, which continues the path of demolishing the spectacularity for a few more years. Some critics begin to write about New Performance. This phenomenon, so far not investigated by historiography, is the subject of this essay: through the survey of private archives, it attempts to reconstruct the critical stages as well as the operations undertaken by the main protagonists that were specifically interviewed for this text. raimondo guarino Orsola e i cavalieri. Rappresentazioni di una santa tra Venezia e l’Impero (secoli XIV-XVI) Prendendo come base il libro postumo di Ludovico Zorzi Carpaccio e la rappresentazione di Sant’Orsola (1988), il saggio riprende l’analisi dei rapporti tra spazi urbani, figurazione, spettacoli e rituale civico a Venezia nel Rinascimento. L’obiettivo della ricerca si sposta dall’ipotesi della trasposizione di uno spettacolo in pittura alla ricostruzione degli intrecci e dei conflitti tra prestigio personale e familiare dell’aristocrazia veneziana e valori della religione civica. Il ruolo di associazioni laiche e devote nella gestione di luoghi, rappresentazioni e campi simbolici viene investigato creando inediti accostamenti tra documenti noti e assumendo nuove prospettive e acquisizioni. I teleri del Carpaccio, ripensati negli spazi e nei culti dei nuovi santi legati all’ordine dei Domenicani, rinnovano le declinazioni cavalleresche del protagonismo dell’oligarchia nella devozione e nella diplomazia. Alla luce degli studi recenti sulla diffusione del culto di Orsola in Europa nella seconda metà del Quattrocento, la narrazione pittorica dei viaggi e del martirio della santa reinventa simboli e fattori della pietà e della politica veneziana, in un momento cruciale dei conflitti con l’Impero e del confronto con le città del dominio di Terraferma. Ursula and the Knights. Representations of a Saint Between Venice and the Empire (14th-16th centuries) Taking Ludovico Zorzi’s posthumous book Carpaccio e la rappresentazione di Sant’Orsola (1988) as a starting point, the essay resumes the analysis of the relationships between urban spaces, figuration, spectacle, and civic ritual in Renaissance Venice. The focus of the research shifts from the hypothesis of the transposition of a spectacle in painting to the reconstruction of the intertwining and conflicts between personal and family prestige of the Venetian aristocracy and the values of civic religion. The role of secular and devotional associations in the management of places, representations, and symbolic fields is investigated by creating new combination of known documents and taking on new perspectives and acquisitions. Rethought considering the spaces and cults of the new saints linked to the Dominican order, Carpaccio’s canvases renew the knightly declinations of the oligarchy’s protagonism in devotion and diplomacy. In the light of recent studies on the spread of the cult of Ursula in the second half of the 15th-century Europe, the pictorial narration of the saint’s travels and martyrdom reinvents symbols and factors of Venetian devotion and politics at a crucial moment in the conflicts with the Empire and the confrontation with the cities of the dominio di Terraferma, i.e., the mainland territories governed by the Republic of Venice.12 Sommari guido di paLma La conquista dell’esperienza nel lavoro dell’attore. Tradizione, ricerca e nostalgia Il saggio propone una riflessione sull’intrinseca relazione tra esperienza e qualità affettive nell’ambito della trasmissione dei saperi dell’attore. Il contributo si sofferma in particolare su due casi: la parabola pedagogica di Jacques Copeau e Suzanne Bing e le vicende dell’oprante Mimmo Cuticchio. Entrambi gli esempi mettono in rilievo come la componente relazionale sia parte necessaria all’acquisizione e alla relativa trasmissione delle tecniche di attore. Da una parte, l’impossibilità di sistematizzare un sapere – che nell’esperienza trova il suo fondamento – si traduce nel fallimento della formalizzazione di un metodo di insegnamento del lavoro pedagogico di Jacques Copeau; dall’altra, la riconciliazione con un sentimento di appartenenza affettiva permette il recupero di una trasmissione del sapere interrotta. La riflessione vuole essere un invito a indagare con maggiore interesse gli aspetti processuali del sapere dell’attore, in particolare nella sua componente esperienziale e affettiva. The Conquest of Experience in the Actor’s Work. Tradition, Research, and Nostalgia The essay proposes a reflection on the intrinsic relationship between experience and affective qualities in the context of the transmission of the actor’s knowledge. The contribution focuses in particular on two cases: the pedagogical parable of Jacques Copeau and Suzanne Bing and the vicissitudes of the oprante Mimmo Cuticchio. Both examples highlight how the relational component is a necessary part of the acquisition and transmission of acting techniques. On the one hand, the impossibility of systematising knowledge – which finds its foundation in experience – results in the failure to formalise a teaching method of Jacques Copeau’s pedagogical work; on the other, the reconciliation with a feeling of affective belonging allows the recovery of an interrupted transmission of knowledge. This contribution is intended as an invitation to investigate with greater interest the processual aspects of the actor’s knowledge, particularly in its experiential and affective component. Vito di Bernardi Alcune note su Petrushka di Saburo Teshigawara Nel 2022 Saburo Teshigawara vince il prestigioso Leone d’oro alla carriera assegnato dalla Biennale Danza di Venezia. In quell’occasione il coreografo giapponese presenta in prima mondiale al Teatro Malibran un’originalissima e intensa versione di uno dei capolavori della storia della danza, il Petruška dei Ballets Russes di Sergej Djagilev. In queste note, scritte subito dopo aver assistito alla première veneziana, Vito Di Bernardi si sofferma sul lavoro di composizione drammaturgica dello spettacolo. L’osservazione spazia dalla scenografia ai costumi, dalla riattualizzazione del soggetto fino all’analisi coreologica del movimento danzato. Lo spettacolo di Teshigawara viene messo in relazione con il Petruška (1911) di Stravinskij-Fokine-Nižinskij, con le teorie estetiche sulla marionetta di Heinrich von Kleist e Gordon Craig, con la visione del danzatore di Baris balinese che negli anni Trenta del secolo scorso ispirò Antonin Artaud. Some Notes on Petrushka by Saburo Teshigawara In 2022 Saburo Teshigawara won the prestigious Golden Lion for Lifetime Achievement awarded by the Venice Dance Biennale. On that occasion, at the Teatro Malibran, the Japanese choreographer presented the world première of a highly original and intense version of one of the masterpieces of dance history: Petruška by Sergei Diaghilev’s Ballets Russes. In these notes, written immediately after attending the Venetian première, Vito Di Bernardi focuses on the dramaturgical composition of the performance. The observation ranges from the set design to the costumes, from the re-actualisation of the subject to the choreological analysis of the danced movement. Teshigawara’s performance is put in relation with Stravinsky-Fokine-Nižinsky’s Petruška (1911), with the aesthetic theories on puppetry by Heinrich von Kleist and Gordon Craig, with the vision of the Balinese Baris dancer who inspired Antonin Artaud in the 1930s. fioreLLa cardinaLe ciccotti “Mouvante immobilité”. La ricerca di Muriel Jaër sul ritmo e l’influenza della musica sperimentale di Edgard Varèse e Giacinto Scelsi Il saggio si incentra sulla ricerca messa in atto dalla danzatrice e coreografa francese Muriel Jaër, tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta, attraverso l’analisi di Xnoybis (1970) e Ionisation (1977). Il contributo propone un’indagine delle sperimentazioni sul ritmo affiancate dalle intense influenze e collaborazioni con gli esponenti dell’avanguardia musicale Edgard Varèse e Giacinto Scelsi. Mettendo a confronto l’attenzione compositiva di questi ultimi con il processo creativo di Muriel Jaër, l’autrice ne evidenzia le affinità di pensiero circa la plasmabilità e la spazializzazione della materia acustica. Incorporazione del ritmo, dissociazione delle diverse parti del corpo e traduzione della musica in gesto connotano i tratti salienti di un’esperienza che nasce e agisce in una dimensione interdisciplinare. “Mouvante Immobilité”. Muriel Jaër’s Research on Rhythm and the Influence of Edgard Varèse and Giacinto Scelsi’s Experimental Music The essay focuses on the research carried out between the end of the 1960s and the 1970s by the French dancer and choreographer Muriel Jaër, through the analysis of Xnoybis (1970) and Ionisation (1977). The contribution examines Jaër’s investigations on rhythm alongside her intense influences and collaborations with the exponents of the musical avant-garde Edgard Varèse and Giacinto Scelsi. By comparing their compositional focus with Muriel Jaër’s creative process, the author highlights their affinities of thought regarding the malleability and spatialisation of acoustic matter. Incorporation of rhythm, dissociation of the different parts of the body, and translation of music into gesture connote the salient features of an experience that arises and operates in an interdisciplinary dimension. Sergio Lo gatto Teatro e comunità virtuali. Critica e artisti nella cultura digitale Il saggio offre un sintetico quadro del profondo mutamento attraversato dalla critica teatrale in Italia a partire dalla sua migrazione dalla carta stampata alle pagine web, adottando una prospettiva di analisi essenzialmente mediologica. Convocando letteratura proveniente da discipline come la sociologia dei processi culturali e le filosofie digitali, l’articolo si concentra sulle modalità con cui l’attuale mediasfera abbia riconfigurato linguaggi e strumenti, suggerito nuove strategie di intervento e messo in crisi il ruolo e la funzione della critica delle arti sceniche. Il saggio si sofferma sugli aspetti problematici rappresentati dalla diffusione del pensiero critico sui social media: l’accesso esteso alla pubblicazione e l’immediata interattività proposta dalle piattaforme generano un ambiente di dibattito non gerarchizzato, in cui la voce del critico deve conquistare o costruire una propria autorità e autorevolezza. Theatre and Virtual Communities. Critics and Artists in Digital Culture Through a mediological perspective, the essay offers a concise picture of the profound change that theatre criticism has undergone in Italy since its migration from press to the Web. Bringing together literature from disciplines such as cultural sociology and digital philosophy, the article focuses on how the current media sphere has reconfigured the critic’s languages and tools, suggested new strategies of intervention, and undermined the role and function of performing arts criticism. The essay analyses the problematic aspects represented by the diffusion of critical thinking on social media: the extended access to publication and the immediate interactivity proposed by the digital platforms generate a non-hierarchical debate, in which the voice of the critic must gain or build his/her own authority and authoritativeness. edoardo Lazzari Catastrofe e curatela. Pratiche performative per tempi complessi Il saggio propone in primo luogo un’analisi dell’uso corrente e dell’etimologia originale del termine “catastrofe”, la cui risignificazione – che non collega più la catastrofe ai concetti di “fine” o “distruzione”, ma piuttosto al cambiamento e alla rinascita – viene accostata alla pratica curatoriale performativa. Letto alla luce delle teorizzazioni e delle ricerche di Austin e Butler, questo aspetto innovativo permette a una pratica legata al mondo dell’organizzazione di mostre di essere riletta come una metodologia in grado di attuare una trasformazione e uno slittamento sulla realtà. Proponendo alcuni casi di occupazioni organizzate (Nuit Debout, Occupy ecc.) vengono poi confrontati esempi curatoriali di eventi performativi degli ultimi anni per analizzare analogie e modalità di attuazioni politiche similari. Catastrophe and Curatorship. Performative Practices for Complex Times The essay proposes an analysis of the current use and original etymology of the term “catastrophe”. No longer linking catastrophe to the concepts of “end” or “destruction” but rather to change and rebirth, the re-signification of this term is juxtaposed with performative curatorial practice. In the light of Austin and Butler’s theorisations and research, this innovative aspect allows a practice linked to the world of exhibition organisation to be reinterpreted as a methodology capable of effecting a transformation and a shift in reality. By proposing some cases of organised occupations (Nuit Debout, Occupy, etc.), recent curatorial examples of performative events are then compared in order to analyse similarities and modes of political implementation. miSceLLanea di Studi mauro canoVa Il Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte: uno snodo della «comicità all’italiana» tra rivendicazioni politiche e prestiti ruzantiani Il contributo tenta dapprima di delineare la personalità complessa di Da Ponte che, fin dagli anni giovanili, si mostrò spirito ribelle e vicino alle idee illuministe. Successivamente l’indagine si concentra sul testo secondo due prospettive di analisi: da un lato quella politica, volta a mostrare la comunanza di intenti tra Mozart e Da Ponte e le istanze antinobiliari e illuministe presenti nel Don Giovanni (proseguendo un discorso avviato nelle Le nozze di Figaro); dall’altro quella letteraria, dove si evidenziano alcune spie testuali che svelano in Da Ponte una conoscenza dell’opera ruzantiana. In conclusione, si tenta di inserire il Don Giovanni nell’alveo di quella che viene definita «comicità all’italiana» che inizia con Machiavelli per approdare alla stagione cinematografica della «commedia all’italiana» nella quale convivono comico e tragico. Lorenzo Da Ponte’s Don Giovanni: A Junction of «Italian-Style Comedy» Between Political Claims and Ruzantian Borrowings The contribution first attempts to outline the complex personality of Da Ponte who, from his youth onwards, showed himself to be a rebellious spirit and close to Enlightenment ideas. Subsequently, the investigation focuses on the libretto according to two analytical perspectives: on the one hand, the political one, aimed at showing Mozart and Da Ponte’s common intentions and the anti-nobility and Enlightenment instances present in Don Giovanni (continuing a discourse begun in Le nozze di Figaro); on the other hand, the literary perspective, where some textual clues that reveal a knowledge of Ruzante’s works by Da Ponte are highlighted. In conclusion, the essay attempts to place Don Giovanni within the framework of what is defined as «Italian-style comedy», which begins with Machiavelli and ends with «commedia all’italiana» in cinema where comedy and tragedy coexist.18 Sommari merieL KenLey Vidéo et processus de création : une activation de l’esprit théâtral ? À partir de quatre exemples, ce texte tente de définir quelques enjeux des usages contemporains de la vidéo dans des processus de création en arts de la scène. Le rapprochement avec la notion de theatrical mind, forgée par Ferdinando Taviani, permet de considérer ces usages de la vidéo comme une mise en tension de la répétition, déclenchant une série d’allers-retours entre le moment de l’invention (improvisations filmées) et une conception d’ensemble (prenant appui sur le visionnage des enregistrements et parfois sur du montage vidéo). Le médium audiovisuel est examiné dans sa spécificité d’image-mouvement et étudié pour ce qu’il provoque de pensée. Si l’étude de pareils recours à l’enregistrement met en lumière la possibilité de surgissement d’une écriture au niveau même d’un processus de création, elle permet également de suivre au plus près l’éclatement de la fonction de la mise en scène dans le tissu complexe, collectif et hétérogène de la création d’un spectacle. Video in Creation Processes: An Activation of the Theatrical Mind? Based on four examples, this article attempts to define some of the issues at stake in contemporary ways of using video in the design of a theatre or a dance performance. The notion of “theatrical mind”, formulated by Ferdinando Taviani, makes it possible to consider these uses of video as triggering a series of oscillations between the moment of the invention (filmed improvisations) and an overall conception (relying on the viewing of the recordings, and sometimes on video editing). The audio-visual medium is considered as a Movement Image, as defined by Gilles Deleuze, and is analysed inasmuch as it activates thought. On the one hand, the study of such uses of recording during rehearsals highlights the possible emergence of a writing stemming from the creation process itself. On the other hand, this investigation is a way of following closely the shifting, complex, collective, and heterogeneous fabric of a few contemporary performing arts creation processes.Sommari 19 andrea peghineLLi Una sfida alle convenzioni della rappresentazione della realtà: Lungs di Duncan Macmillan Basandosi su uno studio di Lungs, scritto da Duncan Macmillan nel 2011, il saggio propone una riflessione sulla rappresentazione della realtà e sul tipo di rapporto con il reale delineato nel testo teatrale in questione. Il tentativo di questo studio è di cogliere le diverse possibilità offerte da Lungs, un testo concepito per essere rappresentato su un palcoscenico spoglio e caratterizzato da una particolare strategia narrativa, di confrontarsi con le istanze della contemporaneità. Di rilievo per questa analisi sono i riferimenti ad alcune posizioni filosofiche sul tema del reale espresse da Maurizio Ferraris e da Alain Badiou, e alla messa in scena che la regista Katie Mitchell diresse al teatro Schaubühne di Berlino nel 2013. Challenging the Conventions of Reality Representation: Lungs by Duncan Macmillan The article is a reading of Duncan Macmillan’s Lungs (2011), that focuses the attention on the play’s relationship with the “real” as it emerges from its distinctive attempt to represent reality. Lungs was conceived to be represented on a bare stage, it presents a peculiar narrative strategy and offers several ways to deal with the various issues of contemporary society. The analysis takes into consideration different philosophical stances on the concept of the “real” as expressed by Maurizio Ferraris and Alan Badiou. It also refers to Katie Mitchell’s experimental staging (Schaubühne, 2013)

Studi di teatro, arti performative, cinema e tecnologie per lo spettacolo digitale, Annuario del Dottorato di ricerca di Musica e Spettacolo della Sapienza Università di Roma, parte terza / Jovicevic, Aleksandra; Scaturro, Irene. - In: BIBLIOTECA TEATRALE. - ISSN 0045-1959. - (2022), pp. 1-274.

Studi di teatro, arti performative, cinema e tecnologie per lo spettacolo digitale, Annuario del Dottorato di ricerca di Musica e Spettacolo della Sapienza Università di Roma, parte terza

Aleksandra Jovicevic;Irene Scaturro
2022

Abstract

Sommari Stefano LocateLLi Sulle politiche culturali relative al “teatro sociale” in Italia. Una proposta di sintesi e qualche perplessità L’articolo tratta delle politiche culturali relative al cosiddetto teatro sociale (applied theatre) in Italia, offrendo anzitutto una sintesi del periodo che va da metà del XX secolo ai nostri giorni. L’autore si concentra sui paradigmi politico-economici su cui si fondano gli attuali approcci di intervento pubblico e di valutazione degli impatti sociali delle attività teatrali, rilevando alcune criticità, individuate in particolare nei principi utilitaristici (per molti aspetti coerenti con le forme del cosiddetto capitalismo estetico), che negli impatti sociali riconoscono un valore primario rispetto alle ambizioni politiche ed estetiche proprie del teatro. L’articolo evidenzia, inoltre, come gli odierni programmi di intervento modellati su sempre più precise e condizionanti agende politiche nazionali o sovranazionali, cui le attività teatrali tendono, spesso inconsciamente, ad adeguarsi per necessità di sopravvivenza economica, rischino di de-radicalizzare, modificare o minare alla base la vocazione naturalmente politica delle pratiche teatrali, privandole di quelle libertà su cui sempre si è fondata la capacità del teatro di mettere in discussione e trascendere l’ordine esterno, di agire come momento di immaginazione e progettazione individuale e comunitaria. On Cultural Policies Concerning the “Applied Theatre” in Italy. A Summary Proposal and Some Perplexities The article deals with cultural policies of the so-called teatro sociale (applied theatre) in Italy, offering, firstly, a summary of the period from the mid-20th century to the present day. The author concentrates on the political-economic paradigms that guide the current approaches to public intervention and the evaluation of the social impact of theatrical activities. He does so by pointing out certain criticalities, identified in particular in the utilitarian principles – in many respects consistent with the forms of so-called aesthetic capitalism – that recognise the social impact of the theatre as its primary value, rather than its political and aesthetic objectives. The article also highlights how today’s intervention programmes – modelled on increasingly precise and conditioning national or supranational political agendas, to which theatrical activities tend, often unconsciously, to adapt in order to economically survive – risk de-radicalising, modifying, or undermining the naturally political vocation of theatrical practices, depriving them of the freedom that theatre has always provided in questioning and transcending the external order, in acting as a moment of individual and community imagination and design. andrea Scappa Utopia di Luca Ronconi. Il destino di uno spettacolo dalla Biennale del 1975 al Laboratorio di Prato La Biennale Teatro del 1975, diretta da Luca Ronconi, è un’edizione rivoluzionaria per lo stesso festival e per la storia del teatro italiano. Seguendo una formula sperimentale che prevede conferenze, workshop, spettacoli, parate di strada, giungono a Venezia il Living Theatre, Grotowski, l’Odin Teatret, Meredith Monk, il Théâtre du Soleil. In questo contesto incandescente il 25 agosto 1975, negli ex cantieri navali della Giudecca, viene presentato Utopia, in cui Ronconi guida una formazione di più di trenta attori. Cinque testi di Aristofane (Cavalieri, Donne al parlamento, Pluto, Uccelli, Lisistrata) montati insieme per una regia che vuole “rifare” i classici, portandoli tra automobili, aerei, camion, con l’andamento di una processione laica. Il saggio si concentra su alcuni aspetti significativi dello spettacolo: le difficoltà di rappresentazione ai Festival dell’Unità, il mutare dello spazio scenico dall’aperto al chiuso, la funzione drammaturgica delle macchine, l’elaborazione teatrale del concetto di strada, il confronto di Ronconi con le opere di Aristofane. Utopia by Luca Ronconi. The Destiny of a Performance from the 1975 Biennale to the Laboratorio in Prato The 1975 Venice Theatre Biennale directed by Luca Ronconi was a revolutionary edition for the festival itself and for the history of Italian theatre, based on a experimental formula that involved conferences, workshops, performances, and street parades. This edition featured the Living Theatre, Grotowski, the Odin Teatret, Meredith Monk, and the Théâtre du Soleil. In this lively context, more than thirty actors led by Ronconi performed Utopia in the former Giudecca shipyards on August 25th, 1975. Five texts by Aristophanes edited together for a stage direction that wants to “remake” the classics by bringing them through cars, planes, and trucks, with a secular procession’s stride. The essay focuses on some significant aspects of the performance: the difficulties of performing it at the “Festival dell’Unità”, the change of the performative space from outdoor to indoor, the dramaturgical function of the machines, the theatrical elaboration of the “street” concept, Ronconi’s confrontation with the works of Aristophanes (The Knights, The Assemblywomen, Plutus, The Birds, Lysistrata). danieLe Vergni Il teatro contro lo spettacolo, strategie della (nuova) performance nel Nuovo Teatro italiano (1976-1982) La Postavanguardia teatrale italiana si è caratterizzata per l’assunzione radicale delle pratiche della performance art dirette ad una tabula rasa del fatto spettacolare. L’irripetibilità delle performance nate in luoghi specifici, il rifiuto del personaggio in favore del performer e le sue immediate ricadute biografiche “patologiche”, la dismissione del training in favore dell’esperienza quotidiana esistenziale stravolgono le coordinate spettacolari. Il fenomeno però sembra portare a un recupero spettacolare che comincia a intravedersi nel 1979, nel periodo della cosiddetta Nuova Spettacolarità. Assieme emerge una resistenza anti-spettacolare che prosegue per pochi anni ancora il percorso di abbattimento del fatto spettacolare. Alcuni critici cominciano a scrivere di Nuova Performance. Quest’ultimo fenomeno, finora non indagato dalla storiografia, è l’oggetto del presente saggio che, attraverso la ricognizione di archivi privati, tenta di ricostruirne le tappe critiche quanto le operatività assunte dai principali protagonisti appositamente intervistati. Theatre against Spectacle. Strategies of the (New) Performance in the New Italian Theatre (1976-1982) Italian post avant-garde theatre was characterized by the radical assumption of performance art practices aimed at making a tabula rasa of the spectacular fact. The unrepeatability of the site-specific performances, the rejection of the character in favour of the performer and its immediate “pathological” biographical repercussions, and the abandonment of training in favour of the daily existential experience distort the spectacular coordinates. However, the phenomenon seems to lead to a spectacular recovery that begins to be glimpsed in 1979, in the period of the so-called Nuova Spettacolarità. At the same time, an anti-spectacular resistance emerges, which continues the path of demolishing the spectacularity for a few more years. Some critics begin to write about New Performance. This phenomenon, so far not investigated by historiography, is the subject of this essay: through the survey of private archives, it attempts to reconstruct the critical stages as well as the operations undertaken by the main protagonists that were specifically interviewed for this text. raimondo guarino Orsola e i cavalieri. Rappresentazioni di una santa tra Venezia e l’Impero (secoli XIV-XVI) Prendendo come base il libro postumo di Ludovico Zorzi Carpaccio e la rappresentazione di Sant’Orsola (1988), il saggio riprende l’analisi dei rapporti tra spazi urbani, figurazione, spettacoli e rituale civico a Venezia nel Rinascimento. L’obiettivo della ricerca si sposta dall’ipotesi della trasposizione di uno spettacolo in pittura alla ricostruzione degli intrecci e dei conflitti tra prestigio personale e familiare dell’aristocrazia veneziana e valori della religione civica. Il ruolo di associazioni laiche e devote nella gestione di luoghi, rappresentazioni e campi simbolici viene investigato creando inediti accostamenti tra documenti noti e assumendo nuove prospettive e acquisizioni. I teleri del Carpaccio, ripensati negli spazi e nei culti dei nuovi santi legati all’ordine dei Domenicani, rinnovano le declinazioni cavalleresche del protagonismo dell’oligarchia nella devozione e nella diplomazia. Alla luce degli studi recenti sulla diffusione del culto di Orsola in Europa nella seconda metà del Quattrocento, la narrazione pittorica dei viaggi e del martirio della santa reinventa simboli e fattori della pietà e della politica veneziana, in un momento cruciale dei conflitti con l’Impero e del confronto con le città del dominio di Terraferma. Ursula and the Knights. Representations of a Saint Between Venice and the Empire (14th-16th centuries) Taking Ludovico Zorzi’s posthumous book Carpaccio e la rappresentazione di Sant’Orsola (1988) as a starting point, the essay resumes the analysis of the relationships between urban spaces, figuration, spectacle, and civic ritual in Renaissance Venice. The focus of the research shifts from the hypothesis of the transposition of a spectacle in painting to the reconstruction of the intertwining and conflicts between personal and family prestige of the Venetian aristocracy and the values of civic religion. The role of secular and devotional associations in the management of places, representations, and symbolic fields is investigated by creating new combination of known documents and taking on new perspectives and acquisitions. Rethought considering the spaces and cults of the new saints linked to the Dominican order, Carpaccio’s canvases renew the knightly declinations of the oligarchy’s protagonism in devotion and diplomacy. In the light of recent studies on the spread of the cult of Ursula in the second half of the 15th-century Europe, the pictorial narration of the saint’s travels and martyrdom reinvents symbols and factors of Venetian devotion and politics at a crucial moment in the conflicts with the Empire and the confrontation with the cities of the dominio di Terraferma, i.e., the mainland territories governed by the Republic of Venice.12 Sommari guido di paLma La conquista dell’esperienza nel lavoro dell’attore. Tradizione, ricerca e nostalgia Il saggio propone una riflessione sull’intrinseca relazione tra esperienza e qualità affettive nell’ambito della trasmissione dei saperi dell’attore. Il contributo si sofferma in particolare su due casi: la parabola pedagogica di Jacques Copeau e Suzanne Bing e le vicende dell’oprante Mimmo Cuticchio. Entrambi gli esempi mettono in rilievo come la componente relazionale sia parte necessaria all’acquisizione e alla relativa trasmissione delle tecniche di attore. Da una parte, l’impossibilità di sistematizzare un sapere – che nell’esperienza trova il suo fondamento – si traduce nel fallimento della formalizzazione di un metodo di insegnamento del lavoro pedagogico di Jacques Copeau; dall’altra, la riconciliazione con un sentimento di appartenenza affettiva permette il recupero di una trasmissione del sapere interrotta. La riflessione vuole essere un invito a indagare con maggiore interesse gli aspetti processuali del sapere dell’attore, in particolare nella sua componente esperienziale e affettiva. The Conquest of Experience in the Actor’s Work. Tradition, Research, and Nostalgia The essay proposes a reflection on the intrinsic relationship between experience and affective qualities in the context of the transmission of the actor’s knowledge. The contribution focuses in particular on two cases: the pedagogical parable of Jacques Copeau and Suzanne Bing and the vicissitudes of the oprante Mimmo Cuticchio. Both examples highlight how the relational component is a necessary part of the acquisition and transmission of acting techniques. On the one hand, the impossibility of systematising knowledge – which finds its foundation in experience – results in the failure to formalise a teaching method of Jacques Copeau’s pedagogical work; on the other, the reconciliation with a feeling of affective belonging allows the recovery of an interrupted transmission of knowledge. This contribution is intended as an invitation to investigate with greater interest the processual aspects of the actor’s knowledge, particularly in its experiential and affective component. Vito di Bernardi Alcune note su Petrushka di Saburo Teshigawara Nel 2022 Saburo Teshigawara vince il prestigioso Leone d’oro alla carriera assegnato dalla Biennale Danza di Venezia. In quell’occasione il coreografo giapponese presenta in prima mondiale al Teatro Malibran un’originalissima e intensa versione di uno dei capolavori della storia della danza, il Petruška dei Ballets Russes di Sergej Djagilev. In queste note, scritte subito dopo aver assistito alla première veneziana, Vito Di Bernardi si sofferma sul lavoro di composizione drammaturgica dello spettacolo. L’osservazione spazia dalla scenografia ai costumi, dalla riattualizzazione del soggetto fino all’analisi coreologica del movimento danzato. Lo spettacolo di Teshigawara viene messo in relazione con il Petruška (1911) di Stravinskij-Fokine-Nižinskij, con le teorie estetiche sulla marionetta di Heinrich von Kleist e Gordon Craig, con la visione del danzatore di Baris balinese che negli anni Trenta del secolo scorso ispirò Antonin Artaud. Some Notes on Petrushka by Saburo Teshigawara In 2022 Saburo Teshigawara won the prestigious Golden Lion for Lifetime Achievement awarded by the Venice Dance Biennale. On that occasion, at the Teatro Malibran, the Japanese choreographer presented the world première of a highly original and intense version of one of the masterpieces of dance history: Petruška by Sergei Diaghilev’s Ballets Russes. In these notes, written immediately after attending the Venetian première, Vito Di Bernardi focuses on the dramaturgical composition of the performance. The observation ranges from the set design to the costumes, from the re-actualisation of the subject to the choreological analysis of the danced movement. Teshigawara’s performance is put in relation with Stravinsky-Fokine-Nižinsky’s Petruška (1911), with the aesthetic theories on puppetry by Heinrich von Kleist and Gordon Craig, with the vision of the Balinese Baris dancer who inspired Antonin Artaud in the 1930s. fioreLLa cardinaLe ciccotti “Mouvante immobilité”. La ricerca di Muriel Jaër sul ritmo e l’influenza della musica sperimentale di Edgard Varèse e Giacinto Scelsi Il saggio si incentra sulla ricerca messa in atto dalla danzatrice e coreografa francese Muriel Jaër, tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta, attraverso l’analisi di Xnoybis (1970) e Ionisation (1977). Il contributo propone un’indagine delle sperimentazioni sul ritmo affiancate dalle intense influenze e collaborazioni con gli esponenti dell’avanguardia musicale Edgard Varèse e Giacinto Scelsi. Mettendo a confronto l’attenzione compositiva di questi ultimi con il processo creativo di Muriel Jaër, l’autrice ne evidenzia le affinità di pensiero circa la plasmabilità e la spazializzazione della materia acustica. Incorporazione del ritmo, dissociazione delle diverse parti del corpo e traduzione della musica in gesto connotano i tratti salienti di un’esperienza che nasce e agisce in una dimensione interdisciplinare. “Mouvante Immobilité”. Muriel Jaër’s Research on Rhythm and the Influence of Edgard Varèse and Giacinto Scelsi’s Experimental Music The essay focuses on the research carried out between the end of the 1960s and the 1970s by the French dancer and choreographer Muriel Jaër, through the analysis of Xnoybis (1970) and Ionisation (1977). The contribution examines Jaër’s investigations on rhythm alongside her intense influences and collaborations with the exponents of the musical avant-garde Edgard Varèse and Giacinto Scelsi. By comparing their compositional focus with Muriel Jaër’s creative process, the author highlights their affinities of thought regarding the malleability and spatialisation of acoustic matter. Incorporation of rhythm, dissociation of the different parts of the body, and translation of music into gesture connote the salient features of an experience that arises and operates in an interdisciplinary dimension. Sergio Lo gatto Teatro e comunità virtuali. Critica e artisti nella cultura digitale Il saggio offre un sintetico quadro del profondo mutamento attraversato dalla critica teatrale in Italia a partire dalla sua migrazione dalla carta stampata alle pagine web, adottando una prospettiva di analisi essenzialmente mediologica. Convocando letteratura proveniente da discipline come la sociologia dei processi culturali e le filosofie digitali, l’articolo si concentra sulle modalità con cui l’attuale mediasfera abbia riconfigurato linguaggi e strumenti, suggerito nuove strategie di intervento e messo in crisi il ruolo e la funzione della critica delle arti sceniche. Il saggio si sofferma sugli aspetti problematici rappresentati dalla diffusione del pensiero critico sui social media: l’accesso esteso alla pubblicazione e l’immediata interattività proposta dalle piattaforme generano un ambiente di dibattito non gerarchizzato, in cui la voce del critico deve conquistare o costruire una propria autorità e autorevolezza. Theatre and Virtual Communities. Critics and Artists in Digital Culture Through a mediological perspective, the essay offers a concise picture of the profound change that theatre criticism has undergone in Italy since its migration from press to the Web. Bringing together literature from disciplines such as cultural sociology and digital philosophy, the article focuses on how the current media sphere has reconfigured the critic’s languages and tools, suggested new strategies of intervention, and undermined the role and function of performing arts criticism. The essay analyses the problematic aspects represented by the diffusion of critical thinking on social media: the extended access to publication and the immediate interactivity proposed by the digital platforms generate a non-hierarchical debate, in which the voice of the critic must gain or build his/her own authority and authoritativeness. edoardo Lazzari Catastrofe e curatela. Pratiche performative per tempi complessi Il saggio propone in primo luogo un’analisi dell’uso corrente e dell’etimologia originale del termine “catastrofe”, la cui risignificazione – che non collega più la catastrofe ai concetti di “fine” o “distruzione”, ma piuttosto al cambiamento e alla rinascita – viene accostata alla pratica curatoriale performativa. Letto alla luce delle teorizzazioni e delle ricerche di Austin e Butler, questo aspetto innovativo permette a una pratica legata al mondo dell’organizzazione di mostre di essere riletta come una metodologia in grado di attuare una trasformazione e uno slittamento sulla realtà. Proponendo alcuni casi di occupazioni organizzate (Nuit Debout, Occupy ecc.) vengono poi confrontati esempi curatoriali di eventi performativi degli ultimi anni per analizzare analogie e modalità di attuazioni politiche similari. Catastrophe and Curatorship. Performative Practices for Complex Times The essay proposes an analysis of the current use and original etymology of the term “catastrophe”. No longer linking catastrophe to the concepts of “end” or “destruction” but rather to change and rebirth, the re-signification of this term is juxtaposed with performative curatorial practice. In the light of Austin and Butler’s theorisations and research, this innovative aspect allows a practice linked to the world of exhibition organisation to be reinterpreted as a methodology capable of effecting a transformation and a shift in reality. By proposing some cases of organised occupations (Nuit Debout, Occupy, etc.), recent curatorial examples of performative events are then compared in order to analyse similarities and modes of political implementation. miSceLLanea di Studi mauro canoVa Il Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte: uno snodo della «comicità all’italiana» tra rivendicazioni politiche e prestiti ruzantiani Il contributo tenta dapprima di delineare la personalità complessa di Da Ponte che, fin dagli anni giovanili, si mostrò spirito ribelle e vicino alle idee illuministe. Successivamente l’indagine si concentra sul testo secondo due prospettive di analisi: da un lato quella politica, volta a mostrare la comunanza di intenti tra Mozart e Da Ponte e le istanze antinobiliari e illuministe presenti nel Don Giovanni (proseguendo un discorso avviato nelle Le nozze di Figaro); dall’altro quella letteraria, dove si evidenziano alcune spie testuali che svelano in Da Ponte una conoscenza dell’opera ruzantiana. In conclusione, si tenta di inserire il Don Giovanni nell’alveo di quella che viene definita «comicità all’italiana» che inizia con Machiavelli per approdare alla stagione cinematografica della «commedia all’italiana» nella quale convivono comico e tragico. Lorenzo Da Ponte’s Don Giovanni: A Junction of «Italian-Style Comedy» Between Political Claims and Ruzantian Borrowings The contribution first attempts to outline the complex personality of Da Ponte who, from his youth onwards, showed himself to be a rebellious spirit and close to Enlightenment ideas. Subsequently, the investigation focuses on the libretto according to two analytical perspectives: on the one hand, the political one, aimed at showing Mozart and Da Ponte’s common intentions and the anti-nobility and Enlightenment instances present in Don Giovanni (continuing a discourse begun in Le nozze di Figaro); on the other hand, the literary perspective, where some textual clues that reveal a knowledge of Ruzante’s works by Da Ponte are highlighted. In conclusion, the essay attempts to place Don Giovanni within the framework of what is defined as «Italian-style comedy», which begins with Machiavelli and ends with «commedia all’italiana» in cinema where comedy and tragedy coexist.18 Sommari merieL KenLey Vidéo et processus de création : une activation de l’esprit théâtral ? À partir de quatre exemples, ce texte tente de définir quelques enjeux des usages contemporains de la vidéo dans des processus de création en arts de la scène. Le rapprochement avec la notion de theatrical mind, forgée par Ferdinando Taviani, permet de considérer ces usages de la vidéo comme une mise en tension de la répétition, déclenchant une série d’allers-retours entre le moment de l’invention (improvisations filmées) et une conception d’ensemble (prenant appui sur le visionnage des enregistrements et parfois sur du montage vidéo). Le médium audiovisuel est examiné dans sa spécificité d’image-mouvement et étudié pour ce qu’il provoque de pensée. Si l’étude de pareils recours à l’enregistrement met en lumière la possibilité de surgissement d’une écriture au niveau même d’un processus de création, elle permet également de suivre au plus près l’éclatement de la fonction de la mise en scène dans le tissu complexe, collectif et hétérogène de la création d’un spectacle. Video in Creation Processes: An Activation of the Theatrical Mind? Based on four examples, this article attempts to define some of the issues at stake in contemporary ways of using video in the design of a theatre or a dance performance. The notion of “theatrical mind”, formulated by Ferdinando Taviani, makes it possible to consider these uses of video as triggering a series of oscillations between the moment of the invention (filmed improvisations) and an overall conception (relying on the viewing of the recordings, and sometimes on video editing). The audio-visual medium is considered as a Movement Image, as defined by Gilles Deleuze, and is analysed inasmuch as it activates thought. On the one hand, the study of such uses of recording during rehearsals highlights the possible emergence of a writing stemming from the creation process itself. On the other hand, this investigation is a way of following closely the shifting, complex, collective, and heterogeneous fabric of a few contemporary performing arts creation processes.Sommari 19 andrea peghineLLi Una sfida alle convenzioni della rappresentazione della realtà: Lungs di Duncan Macmillan Basandosi su uno studio di Lungs, scritto da Duncan Macmillan nel 2011, il saggio propone una riflessione sulla rappresentazione della realtà e sul tipo di rapporto con il reale delineato nel testo teatrale in questione. Il tentativo di questo studio è di cogliere le diverse possibilità offerte da Lungs, un testo concepito per essere rappresentato su un palcoscenico spoglio e caratterizzato da una particolare strategia narrativa, di confrontarsi con le istanze della contemporaneità. Di rilievo per questa analisi sono i riferimenti ad alcune posizioni filosofiche sul tema del reale espresse da Maurizio Ferraris e da Alain Badiou, e alla messa in scena che la regista Katie Mitchell diresse al teatro Schaubühne di Berlino nel 2013. Challenging the Conventions of Reality Representation: Lungs by Duncan Macmillan The article is a reading of Duncan Macmillan’s Lungs (2011), that focuses the attention on the play’s relationship with the “real” as it emerges from its distinctive attempt to represent reality. Lungs was conceived to be represented on a bare stage, it presents a peculiar narrative strategy and offers several ways to deal with the various issues of contemporary society. The analysis takes into consideration different philosophical stances on the concept of the “real” as expressed by Maurizio Ferraris and Alan Badiou. It also refers to Katie Mitchell’s experimental staging (Schaubühne, 2013)
2022
teatro; arti performative; tecnologie per lo spettacolo digitale; dottorato di ricerca in Musica e Spettacolo
Jovicevic, Aleksandra; Scaturro, Irene
06 Curatela::06a Curatela
Studi di teatro, arti performative, cinema e tecnologie per lo spettacolo digitale, Annuario del Dottorato di ricerca di Musica e Spettacolo della Sapienza Università di Roma, parte terza / Jovicevic, Aleksandra; Scaturro, Irene. - In: BIBLIOTECA TEATRALE. - ISSN 0045-1959. - (2022), pp. 1-274.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1693468
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