Il saggio ricostruisce le diverse fasi del processo di trasformazione della basilica dei SS. Cosma e Damiano a Roma, durante il pontificato di Felice IV (526-530), di Clemente VIII (1592-1605) e di Urbano VIII (1623-1644), dalla cui lettura storico-critica sono stati individuati i valori storici della chiesa, superando le posizioni della storiografia che attribuisce prevalente rilevanza alle testimonianze residue di eta’ augustea, flavia, dioclezianea e del IV secolo. Queste, sono state identificate come preesistenze che definivano una grande sala coperta a tetto con accesso tramite il tempio di Romolo dalla via Sacra. Sulla base del riconoscimento delle preesistenze e della modalita’ con la quale sono stare «reimpiegate» nei differenti momenti di modifica, e’ stato analizzato l’impianto della basilica evidenziando che Felice IV recupera lo spazio tardoantico limitandosi a cambiare la destinazione d’uso in edificio sacro ed ad aggiungere l’arredo liturgico; Clemente VIII, trasforma la scansione interna dello spazio, mantenendo la sequenza funzionale rotonda-aula e realizzando un impianto a navata unica con cappelle laterali e terminazione absidale, sfruttando come strutture le murature romane; Urbano VIII, in base al progetto di Orazio Torriani del 1626, ripropone il medesimo schema planimetrico, impostato ad una quota piu’ alta per la realizzazione di un pavimento su sostruzioni a volta, che separa la chiesa inferiore da quella superiore, demolendo le murature laterali di eta’ flavia per allargare le cappelle e spostando il portale alla nuova quota in asse con la navata. Il contributo, inoltre, sottolinea che in questi due ultimi interventi si rileva il medesimo modo di intendere il «riuso»: i singoli pezzi di spolio sono venduti per reperire i fondi necessari al completamento della fabbrica; gli elementi che definiscono delle componenti strutturali sono «riutilizzati» con funzione portante nella definizione della nuova realta’ architettonica. Nel caso della chiesa dei SS. Cosma e Damiano, quindi, e’ stato attuato il «ridisegno della preesistenza» nella sua totalita’, di cui rimane «memoria» nella connessione rotonda-aula con ingresso dal Foro Romano, oggi ancora leggibile nonostante la variazione della quota del Foro dopo gli scavi ottocenteschi, che consentono l’accesso alla basilica solo da via dei Fori Imperiali.
Il reimpiego nell'architettura tra Cinquecento e Seicento. La basilica dei SS. Cosma e Damiano a Roma / DAL MAS, Roberta Maria. - STAMPA. - Unico(2008), pp. 419-430.
Il reimpiego nell'architettura tra Cinquecento e Seicento. La basilica dei SS. Cosma e Damiano a Roma
DAL MAS, Roberta Maria
2008
Abstract
Il saggio ricostruisce le diverse fasi del processo di trasformazione della basilica dei SS. Cosma e Damiano a Roma, durante il pontificato di Felice IV (526-530), di Clemente VIII (1592-1605) e di Urbano VIII (1623-1644), dalla cui lettura storico-critica sono stati individuati i valori storici della chiesa, superando le posizioni della storiografia che attribuisce prevalente rilevanza alle testimonianze residue di eta’ augustea, flavia, dioclezianea e del IV secolo. Queste, sono state identificate come preesistenze che definivano una grande sala coperta a tetto con accesso tramite il tempio di Romolo dalla via Sacra. Sulla base del riconoscimento delle preesistenze e della modalita’ con la quale sono stare «reimpiegate» nei differenti momenti di modifica, e’ stato analizzato l’impianto della basilica evidenziando che Felice IV recupera lo spazio tardoantico limitandosi a cambiare la destinazione d’uso in edificio sacro ed ad aggiungere l’arredo liturgico; Clemente VIII, trasforma la scansione interna dello spazio, mantenendo la sequenza funzionale rotonda-aula e realizzando un impianto a navata unica con cappelle laterali e terminazione absidale, sfruttando come strutture le murature romane; Urbano VIII, in base al progetto di Orazio Torriani del 1626, ripropone il medesimo schema planimetrico, impostato ad una quota piu’ alta per la realizzazione di un pavimento su sostruzioni a volta, che separa la chiesa inferiore da quella superiore, demolendo le murature laterali di eta’ flavia per allargare le cappelle e spostando il portale alla nuova quota in asse con la navata. Il contributo, inoltre, sottolinea che in questi due ultimi interventi si rileva il medesimo modo di intendere il «riuso»: i singoli pezzi di spolio sono venduti per reperire i fondi necessari al completamento della fabbrica; gli elementi che definiscono delle componenti strutturali sono «riutilizzati» con funzione portante nella definizione della nuova realta’ architettonica. Nel caso della chiesa dei SS. Cosma e Damiano, quindi, e’ stato attuato il «ridisegno della preesistenza» nella sua totalita’, di cui rimane «memoria» nella connessione rotonda-aula con ingresso dal Foro Romano, oggi ancora leggibile nonostante la variazione della quota del Foro dopo gli scavi ottocenteschi, che consentono l’accesso alla basilica solo da via dei Fori Imperiali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.