Il testo analizza l'opera dell'artista giapponese Tadashi Kawamata dal punto di vista della significazione dello spazio urbano. Lo spazio pubblico è centrale nella sua ricerca, perché le sue opere più potenti sempre lì si sono dipanate. All’aria aperta, nelle strade, nelle piazze. O al chiuso, ma sempre costruendo un forte dialogo con il contesto esterno. Un’osmosi continua tra dentro e fuori, disegnata dai mate riali delle sue opere. Per un tempo breve, a volte brevissimo, sul filo dell’effimero, di un intervento veloce, temporaneo, fragile e cangiante come le nostre stesse esistenze. Un’opera che si fonde con la città, fatta di segni minuti, silenziosi, elementi poveri; un’opera che a volte è imponente, a volte la devi cercare perché si nasconde negli interstizi della città, negli angoli dei palazzi, tra i rami degli alberi. Le installazioni di Kawamata possono essere molto estese, ma secondo chi scrive sono le strutture piccole, difficili da notare, quelle che ti costringono ad accendere l’attenzione, a osservare lo spazio urbano con occhio vigile: sono queste le più poetiche ed efficaci. A volte semplici parassiti, come lui stesso più volte le ha definite, superfetazioni che emergono dalle strutture architettoniche in cui abitiamo, nidi o rifugi che ricordano le costruzioni informali di cui sono costellate le nostre città.
"Spostare i confini del possibile. Azioni effimere di trasformazione urbana / Giorgi, Emilia. - (2022), pp. 62-67.
"Spostare i confini del possibile. Azioni effimere di trasformazione urbana
Emilia Giorgi
2022
Abstract
Il testo analizza l'opera dell'artista giapponese Tadashi Kawamata dal punto di vista della significazione dello spazio urbano. Lo spazio pubblico è centrale nella sua ricerca, perché le sue opere più potenti sempre lì si sono dipanate. All’aria aperta, nelle strade, nelle piazze. O al chiuso, ma sempre costruendo un forte dialogo con il contesto esterno. Un’osmosi continua tra dentro e fuori, disegnata dai mate riali delle sue opere. Per un tempo breve, a volte brevissimo, sul filo dell’effimero, di un intervento veloce, temporaneo, fragile e cangiante come le nostre stesse esistenze. Un’opera che si fonde con la città, fatta di segni minuti, silenziosi, elementi poveri; un’opera che a volte è imponente, a volte la devi cercare perché si nasconde negli interstizi della città, negli angoli dei palazzi, tra i rami degli alberi. Le installazioni di Kawamata possono essere molto estese, ma secondo chi scrive sono le strutture piccole, difficili da notare, quelle che ti costringono ad accendere l’attenzione, a osservare lo spazio urbano con occhio vigile: sono queste le più poetiche ed efficaci. A volte semplici parassiti, come lui stesso più volte le ha definite, superfetazioni che emergono dalle strutture architettoniche in cui abitiamo, nidi o rifugi che ricordano le costruzioni informali di cui sono costellate le nostre città.File | Dimensione | Formato | |
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