Sebbene negli ultimi 60 anni gli Stati membri dell’Unione Europea abbiano progressivamente trasferito parte delle competenze nazionali alle Istituzioni comunitarie, ad oggi queste non godono di una piena legittimità democratica. A partire dagli anni ’90, in particolare in seguito all'adozione del Trattato di Maastricht nel 1992 -che ha istituito formalmente l’UE in quanto tale- e della moneta unica nel 1999, i vincoli ascritti al progetto comune si sono resi via via più evidenti. Contestualmente al progredire del processo di integrazione europea, il clima di opinione nei confronti dell’Unione è andato modificandosi, oscillando da una condizione iniziale di consenso “permissivo” (Belluati & Marini, 2019) ad una maggiormente “vincolante” e più vicina alle voci di natura “eurocritica”. I numerosi studi condotti per indagare le cause e le caratteristiche di questo fenomeno, che nel corso degli anni ha assunto la forma di un vero e proprio scetticismo vis à vis dell'intero sistema europeo, hanno portato alla teorizzazione dei cosiddetti “deficit” che, nonostante gli sforzi istituzionali, continuano a gravare sulla stabilità dell’Unione. A risultare maggiormente impattati sono gli ambiti della vita socio-politica europea che riguardano la democrazia, l’informazione, la comunicazione pubblico istituzionale e la partecipazione (Belluati 2015, 2019, 2020; Pasquino 2000, 2012). In questo contesto, i dibattiti e gli studi sulla sfera pubblica europea (European Public Sphere, in acronimo EPS) hanno acquisito rilevanza e la questione, dopo essere stata a lungo confinata all’interno di ambienti prevalentemente tecnico-accademici, è recentemente riemersa su scala più ampia. In particolare, in concomitanza con la pandemia da Covid-19 che ha svolto un vero e proprio ruolo da catalizzatore nel riportare in auge il dibattito. Durante l’emergenza sanitaria, i politici e i media europei, insieme ad attori di altra natura, si sono concentrati sulla stessa questione allo stesso tempo: la pandemia e le sue drastiche conseguenze. Di conseguenza, i cittadini comunitari sono stati raggiunti dai flussi di comunicazione e di informazione che, seppure non sempre attendibili o propriamente verificati, palesavano una certa convergenza tematica nella selezione delle issues trattate e immesse nel dibattito pubblico. Inoltre, nel momento in cui la crisi sanitaria ha richiamato l'attenzione dei cittadini comunitari sull'importanza dei valori condivisi - in primis la solidarietà, l’accettazione e la valorizzazione della diversità culturale, ma anche il dialogo e la discussione, tutte prerogative del modello habermasiano tradizionale della sfera pubblica- professionisti, ricercatori e gli stessi funzionari pubblici dell’Unione hanno rilanciato la riflessione sull’EPS definendola sempre più come un’opportunità da realizzarsi attraverso strumenti di policy orientati alle realtà locali, capaci di integrare in maniera sinergica gli approcci top-down con pratiche di tipo bottom-up e maggiormente partecipate. Innanzitutto, ridefinendo i confini e le geometrie della comunicazione pubblica istituzionale europea, proiettandola in uno scenario, quello post-pandemico, caratterizzato da una progressiva digitalizzazione degli ecosistemi comunicativi ed informativi (Belluati & Marini, 2019). Sulla base di tali premesse e delle prime evidenze empiriche che ne derivano, emergono due ipotesi che il presente contributo si propone di indagare. Innanzitutto, che la comunicazione pubblica istituzionale dell’UE stia progressivamente transitando verso un modello multilivello ed integrato, quindi citizen-oriented e user-friendly, strutturato attorno al digitale. In secondo luogo, che gli impulsi della transizione digitale stiano incoraggiando lo sviluppo di una sfera pubblica europea, da intendersi come il prodotto dell’europeizzazione delle sfere pubbliche nazionali, per l’appunto “digitale”.

Comunicare l’Europa tra deficit di informazione, comunicazione e partecipazione: prospettive di sviluppo per la comunicazione pubblica istituzionale europea nello scenario post-pandemia. Verso una sfera pubblica europea digitale? / Pane, Sara. - (2023). (Intervento presentato al convegno VIII Conferenza Nazionale dei Dottorandi e delle Dottorande in Scienze Sociali tenutosi a Università degli Studi di Catania).

Comunicare l’Europa tra deficit di informazione, comunicazione e partecipazione: prospettive di sviluppo per la comunicazione pubblica istituzionale europea nello scenario post-pandemia. Verso una sfera pubblica europea digitale?

sara pane
2023

Abstract

Sebbene negli ultimi 60 anni gli Stati membri dell’Unione Europea abbiano progressivamente trasferito parte delle competenze nazionali alle Istituzioni comunitarie, ad oggi queste non godono di una piena legittimità democratica. A partire dagli anni ’90, in particolare in seguito all'adozione del Trattato di Maastricht nel 1992 -che ha istituito formalmente l’UE in quanto tale- e della moneta unica nel 1999, i vincoli ascritti al progetto comune si sono resi via via più evidenti. Contestualmente al progredire del processo di integrazione europea, il clima di opinione nei confronti dell’Unione è andato modificandosi, oscillando da una condizione iniziale di consenso “permissivo” (Belluati & Marini, 2019) ad una maggiormente “vincolante” e più vicina alle voci di natura “eurocritica”. I numerosi studi condotti per indagare le cause e le caratteristiche di questo fenomeno, che nel corso degli anni ha assunto la forma di un vero e proprio scetticismo vis à vis dell'intero sistema europeo, hanno portato alla teorizzazione dei cosiddetti “deficit” che, nonostante gli sforzi istituzionali, continuano a gravare sulla stabilità dell’Unione. A risultare maggiormente impattati sono gli ambiti della vita socio-politica europea che riguardano la democrazia, l’informazione, la comunicazione pubblico istituzionale e la partecipazione (Belluati 2015, 2019, 2020; Pasquino 2000, 2012). In questo contesto, i dibattiti e gli studi sulla sfera pubblica europea (European Public Sphere, in acronimo EPS) hanno acquisito rilevanza e la questione, dopo essere stata a lungo confinata all’interno di ambienti prevalentemente tecnico-accademici, è recentemente riemersa su scala più ampia. In particolare, in concomitanza con la pandemia da Covid-19 che ha svolto un vero e proprio ruolo da catalizzatore nel riportare in auge il dibattito. Durante l’emergenza sanitaria, i politici e i media europei, insieme ad attori di altra natura, si sono concentrati sulla stessa questione allo stesso tempo: la pandemia e le sue drastiche conseguenze. Di conseguenza, i cittadini comunitari sono stati raggiunti dai flussi di comunicazione e di informazione che, seppure non sempre attendibili o propriamente verificati, palesavano una certa convergenza tematica nella selezione delle issues trattate e immesse nel dibattito pubblico. Inoltre, nel momento in cui la crisi sanitaria ha richiamato l'attenzione dei cittadini comunitari sull'importanza dei valori condivisi - in primis la solidarietà, l’accettazione e la valorizzazione della diversità culturale, ma anche il dialogo e la discussione, tutte prerogative del modello habermasiano tradizionale della sfera pubblica- professionisti, ricercatori e gli stessi funzionari pubblici dell’Unione hanno rilanciato la riflessione sull’EPS definendola sempre più come un’opportunità da realizzarsi attraverso strumenti di policy orientati alle realtà locali, capaci di integrare in maniera sinergica gli approcci top-down con pratiche di tipo bottom-up e maggiormente partecipate. Innanzitutto, ridefinendo i confini e le geometrie della comunicazione pubblica istituzionale europea, proiettandola in uno scenario, quello post-pandemico, caratterizzato da una progressiva digitalizzazione degli ecosistemi comunicativi ed informativi (Belluati & Marini, 2019). Sulla base di tali premesse e delle prime evidenze empiriche che ne derivano, emergono due ipotesi che il presente contributo si propone di indagare. Innanzitutto, che la comunicazione pubblica istituzionale dell’UE stia progressivamente transitando verso un modello multilivello ed integrato, quindi citizen-oriented e user-friendly, strutturato attorno al digitale. In secondo luogo, che gli impulsi della transizione digitale stiano incoraggiando lo sviluppo di una sfera pubblica europea, da intendersi come il prodotto dell’europeizzazione delle sfere pubbliche nazionali, per l’appunto “digitale”.
2023
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1691948
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