L’Encomium Moriae, o Stultitiae Laus è un’opera in qualche misura enigmatica, ambigua, sfuggente, non solo perché oscillante tra generi letterari e questioni diverse (dalla satira carnevalesca alla teologia), ma anche perché la lode di sé messa in bocca alla Stultitia, ossia «follia», «stoltezza», o «insensatezza» ingenera la più classica delle aporie: l’autosconfessione o l’autonegazione del proprio valore di verità. Se, infatti, non vi è dubbio che Erasmo nascose dietro l’innocente schermo del “delirio” la sua pungente critica sociale e culturale, la scelta di indossare i panni della Moria ha finito per sollevare alcune domande relative alla natura finale dell’encomio: puramente satirico, ovvero giocosa derisione moraleggiante dei vizi umani? O paradossalmente autentico, nell’esaltazione carnevalesca del teatro inevitabile delle follie delle vicende umane? E ancora: si tratta quindi di un semplice scherzo letterario, o di un’opera coerente nutrita di un denso significato religioso e filosofico? Il presente contributo mira a interrogare la corrosiva logica ironica del testo di Erasmo non semplicemente come frutto di uno spirito di sospensione e derisione carnascialesca o come un’imitazione della satira antica, bensì come espressione di una modalità profondamente originale del discorso, serissima dal punto di vista religioso, di tipo mistico. Tale modalità fa infatti leva su un dispositivo profondamente anti-classico: la logica paolina e apocalittica di inversione catastrofica dei valori del mondo, reinterpretata tramite Origene come rivelazione dell’umanamente “folle” misericordia universale divina, che si adatta a ciascuna creatura e perciò perdona tutti. Il discorso della follia si dimostra così come un discorso anfibolico e del tutto paradossale, che al contempo condanna e perdona – ironicamente e dolcemente – la follia del peccato umano. Ne deriverà da un lato l’evidenziazione del potenziale radicalmente corrosivo e secolarizzante dello scetticismo ironico erasmiano, capace di relativizzare e decostruire spietatamente l’ingenuità dogmatica e metafisica della totalità delle credenze umane, complessivamente restituite come peccato e quindi follia; dall’altro, al contempo, la logica paradossalmente profondamente irenica, “apocatastatica”, di esaltazione ironica della follia del mondo come riscattata interamente dal materno abbraccio universale del perdono divino.
La parola “scatenata”. Erasmo mistico a partire dall’Elogio della follia / Battista, Ludovico. - (2023), pp. 63-140.
La parola “scatenata”. Erasmo mistico a partire dall’Elogio della follia
ludovico Battista
2023
Abstract
L’Encomium Moriae, o Stultitiae Laus è un’opera in qualche misura enigmatica, ambigua, sfuggente, non solo perché oscillante tra generi letterari e questioni diverse (dalla satira carnevalesca alla teologia), ma anche perché la lode di sé messa in bocca alla Stultitia, ossia «follia», «stoltezza», o «insensatezza» ingenera la più classica delle aporie: l’autosconfessione o l’autonegazione del proprio valore di verità. Se, infatti, non vi è dubbio che Erasmo nascose dietro l’innocente schermo del “delirio” la sua pungente critica sociale e culturale, la scelta di indossare i panni della Moria ha finito per sollevare alcune domande relative alla natura finale dell’encomio: puramente satirico, ovvero giocosa derisione moraleggiante dei vizi umani? O paradossalmente autentico, nell’esaltazione carnevalesca del teatro inevitabile delle follie delle vicende umane? E ancora: si tratta quindi di un semplice scherzo letterario, o di un’opera coerente nutrita di un denso significato religioso e filosofico? Il presente contributo mira a interrogare la corrosiva logica ironica del testo di Erasmo non semplicemente come frutto di uno spirito di sospensione e derisione carnascialesca o come un’imitazione della satira antica, bensì come espressione di una modalità profondamente originale del discorso, serissima dal punto di vista religioso, di tipo mistico. Tale modalità fa infatti leva su un dispositivo profondamente anti-classico: la logica paolina e apocalittica di inversione catastrofica dei valori del mondo, reinterpretata tramite Origene come rivelazione dell’umanamente “folle” misericordia universale divina, che si adatta a ciascuna creatura e perciò perdona tutti. Il discorso della follia si dimostra così come un discorso anfibolico e del tutto paradossale, che al contempo condanna e perdona – ironicamente e dolcemente – la follia del peccato umano. Ne deriverà da un lato l’evidenziazione del potenziale radicalmente corrosivo e secolarizzante dello scetticismo ironico erasmiano, capace di relativizzare e decostruire spietatamente l’ingenuità dogmatica e metafisica della totalità delle credenze umane, complessivamente restituite come peccato e quindi follia; dall’altro, al contempo, la logica paradossalmente profondamente irenica, “apocatastatica”, di esaltazione ironica della follia del mondo come riscattata interamente dal materno abbraccio universale del perdono divino.File | Dimensione | Formato | |
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