All’indomani della Partizione (1947), durante gli scontri etnici e religiosi fra gli emergenti stati di India e Pakistan, l’idea di nazione era essenzialmente concepita sulla base del controllo della sessualità delle donne, rese simulacro dell’onore collettivo e, conseguentemente, target di aggressioni feroci. Il presente articolo si propone, dunque, di analizzare la rappresentazione della violenza sulle donne nel racconto Khol Do 1 di Sa’ādat Hasan Maṇṭo, opera pubblicata per la prima volta nel 1948, che dimostra come le guerre reifichino il corpo femminile che può essere oltraggiato nel tentativo di colpire i gruppi avversari. In simili circostanze di sospensione della moralità, la brutalità maschile agisce indisturbata sulle donne e viene esercitata da tutti, indistintamente. In Khol Do, infatti, l’autore denuncia l’ipocrisia nazionalista che addita l’’altro’ come unico nemico da combattere e sottolinea come abusi di ogni genere, in particolare lo stupro, siano commessi anche per mano di membri della stessa comunità o della stessa famiglia. Le violenze sessuali non sono più solo armi di guerra, ma si presentano come le conseguenze della disinibizione maschile legittimata dallo Stato.
Il silenzio delle donne e la voce di Sa’ādat Hasan Maṇṭo: violenza e Partizione nel racconto Khol Do / Tozzi, Ludovica. - (2021), pp. 153-171.
Il silenzio delle donne e la voce di Sa’ādat Hasan Maṇṭo: violenza e Partizione nel racconto Khol Do
Ludovica Tozzi
2021
Abstract
All’indomani della Partizione (1947), durante gli scontri etnici e religiosi fra gli emergenti stati di India e Pakistan, l’idea di nazione era essenzialmente concepita sulla base del controllo della sessualità delle donne, rese simulacro dell’onore collettivo e, conseguentemente, target di aggressioni feroci. Il presente articolo si propone, dunque, di analizzare la rappresentazione della violenza sulle donne nel racconto Khol Do 1 di Sa’ādat Hasan Maṇṭo, opera pubblicata per la prima volta nel 1948, che dimostra come le guerre reifichino il corpo femminile che può essere oltraggiato nel tentativo di colpire i gruppi avversari. In simili circostanze di sospensione della moralità, la brutalità maschile agisce indisturbata sulle donne e viene esercitata da tutti, indistintamente. In Khol Do, infatti, l’autore denuncia l’ipocrisia nazionalista che addita l’’altro’ come unico nemico da combattere e sottolinea come abusi di ogni genere, in particolare lo stupro, siano commessi anche per mano di membri della stessa comunità o della stessa famiglia. Le violenze sessuali non sono più solo armi di guerra, ma si presentano come le conseguenze della disinibizione maschile legittimata dallo Stato.File | Dimensione | Formato | |
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