La cinta muraria di Roma, fatta costruire da Aureliano a partire dal 271 d.C., è stata realizzata, modificata e riparata facendo uso prevalentemente di materiali di recupero. Molti di questi sono stati riutilizzati in situ, inglobando nella nuova costruzione qualsiasi edificio utile giacente lungo il tracciato, modificando la struttura preesistente così che essa potesse divenire parte del fronte del muro o del suo nucleo strutturale. D’altronde, nel III secolo, Roma possedeva un apparato monumentale così imponente da condizionare tutte le iniziative edilizie, rendendo pressoché impossibile prescindere dagli edifici preesistenti. Le costruzioni inserite nella cinta rappresentano circa 1/10 dell’intero perimetro ma, all’epoca della descrizione del muro fatta nel 1431 de Poggio Bracciolini, se ne potevano rilevare molte di più rispetto ad oggi. Si tratta di tombe, case, muri di cinta di giardini, acquedotti, ma anche cisterne, portici, anfiteatri e una fortificazione. Quasi tutte le tombe erano già molto antiche quando vennero inglobate nel circuito. Alcune di essi si trovavano lungo i lati delle principali arterie viarie in corrispondenza delle quali i costruttori delle mura realizzarono le porte, inglobandole all’interno delle torri di guardia ad esse adiacenti. Le porzioni murarie che fuoriuscivano dalla struttura finita vennero semplicemente demolite. Fra le sepolture inglobate si ricordano quelle di Eurisace, di Quintus Haterius, di Cornelia Vatiena, di Q. Sulplicio Massimo oltre al più celebre sepolcro di Caio Cestio. La case inserite nel circuito non furono trattate in modo differente rispetto alle tombe, esse si trovano nei pressi dei Castra Paetoria, e a sud di porta Tiburtina. Nei pressi della stessa porta furono rinvenuti i resti della recinzione di un giardino, abbellito con nicchie e decorazioni, mentre avanzi di una struttura preesistente, riconducibile all’età di Traiano, si trovano inglobati nella cinta ad occidente di Porta Salaria. Diverso fu l’atteggiamento tenuto in corrispondenza degli acquedotti cittadini. Mentre di fronte al tratto urbano dell’Acqua Marcia-Tepula-Iulia e ad una nuova porzione dell’Acqua Claudia – Anio Novus, a sud di porta Labicana, fu posto il normale mura aurelianeo, accostandolo alle strutture preesistenti senza alcun risparmio di tempo e di materiali, i piloni di quest’ultimo acquedotto, a nord della porta, invece, furono inglobati nella nuova costruzione. In quest’ultimo caso, però, i brevi tratti di camminamento fra un pilone ed il successivo rimasero completamente isolati, a meno dell’esistenza, ipotizzata da Richmond, di passerelle lignee di collegamento di cui, però, non rimane alcuna traccia. Anche nei tratti di cinta realizzati ex novo i costruttori di Aureliano utilizzarono quasi esclusivamente materiale laterizio di recupero, tratto da precedenti costruzioni, come testimoniato anche dagli studi effettuati sui materiali di crollo risalenti a diverse parti del circuito. Anche i materiali delle mura di Aureliano, a loro volta, furono riutilizzati, come documentato nella “Obbligazione notarile per la demolizione del tratto delle mura Aureliane e la rimessa in opera della pietra e ‘tevolozza’ per le nuove fortificazioni”, riguardante la realizzazione delle mura gianicolensi, volute da Urbano VIII e progettate dal Cardinale Vincenzo Maculano da Fiorenzuola Darda.

Il recupero dei materiali nella costruzione e nella riparazione delle mura aureliane di Roma / Mancini, Rossana. - STAMPA. - (2008), pp. 303-313.

Il recupero dei materiali nella costruzione e nella riparazione delle mura aureliane di Roma

MANCINI, Rossana
2008

Abstract

La cinta muraria di Roma, fatta costruire da Aureliano a partire dal 271 d.C., è stata realizzata, modificata e riparata facendo uso prevalentemente di materiali di recupero. Molti di questi sono stati riutilizzati in situ, inglobando nella nuova costruzione qualsiasi edificio utile giacente lungo il tracciato, modificando la struttura preesistente così che essa potesse divenire parte del fronte del muro o del suo nucleo strutturale. D’altronde, nel III secolo, Roma possedeva un apparato monumentale così imponente da condizionare tutte le iniziative edilizie, rendendo pressoché impossibile prescindere dagli edifici preesistenti. Le costruzioni inserite nella cinta rappresentano circa 1/10 dell’intero perimetro ma, all’epoca della descrizione del muro fatta nel 1431 de Poggio Bracciolini, se ne potevano rilevare molte di più rispetto ad oggi. Si tratta di tombe, case, muri di cinta di giardini, acquedotti, ma anche cisterne, portici, anfiteatri e una fortificazione. Quasi tutte le tombe erano già molto antiche quando vennero inglobate nel circuito. Alcune di essi si trovavano lungo i lati delle principali arterie viarie in corrispondenza delle quali i costruttori delle mura realizzarono le porte, inglobandole all’interno delle torri di guardia ad esse adiacenti. Le porzioni murarie che fuoriuscivano dalla struttura finita vennero semplicemente demolite. Fra le sepolture inglobate si ricordano quelle di Eurisace, di Quintus Haterius, di Cornelia Vatiena, di Q. Sulplicio Massimo oltre al più celebre sepolcro di Caio Cestio. La case inserite nel circuito non furono trattate in modo differente rispetto alle tombe, esse si trovano nei pressi dei Castra Paetoria, e a sud di porta Tiburtina. Nei pressi della stessa porta furono rinvenuti i resti della recinzione di un giardino, abbellito con nicchie e decorazioni, mentre avanzi di una struttura preesistente, riconducibile all’età di Traiano, si trovano inglobati nella cinta ad occidente di Porta Salaria. Diverso fu l’atteggiamento tenuto in corrispondenza degli acquedotti cittadini. Mentre di fronte al tratto urbano dell’Acqua Marcia-Tepula-Iulia e ad una nuova porzione dell’Acqua Claudia – Anio Novus, a sud di porta Labicana, fu posto il normale mura aurelianeo, accostandolo alle strutture preesistenti senza alcun risparmio di tempo e di materiali, i piloni di quest’ultimo acquedotto, a nord della porta, invece, furono inglobati nella nuova costruzione. In quest’ultimo caso, però, i brevi tratti di camminamento fra un pilone ed il successivo rimasero completamente isolati, a meno dell’esistenza, ipotizzata da Richmond, di passerelle lignee di collegamento di cui, però, non rimane alcuna traccia. Anche nei tratti di cinta realizzati ex novo i costruttori di Aureliano utilizzarono quasi esclusivamente materiale laterizio di recupero, tratto da precedenti costruzioni, come testimoniato anche dagli studi effettuati sui materiali di crollo risalenti a diverse parti del circuito. Anche i materiali delle mura di Aureliano, a loro volta, furono riutilizzati, come documentato nella “Obbligazione notarile per la demolizione del tratto delle mura Aureliane e la rimessa in opera della pietra e ‘tevolozza’ per le nuove fortificazioni”, riguardante la realizzazione delle mura gianicolensi, volute da Urbano VIII e progettate dal Cardinale Vincenzo Maculano da Fiorenzuola Darda.
2008
Il reimpiego in architettura. Recupero, trasformazione, uso.
9782728308569
recupero; architettura; mura di Roma
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Il recupero dei materiali nella costruzione e nella riparazione delle mura aureliane di Roma / Mancini, Rossana. - STAMPA. - (2008), pp. 303-313.
File allegati a questo prodotto
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/168709
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact