Contestualmente allo studio dell’ottava rima nel XVI secolo, la figura di Lodovico Dolce sembra assumere un ruolo significativo. Il poligrafo, infatti, oltre comporre due serie di stanze in ottava rima, è autore di dieci opere – poemi e romanzi cavallereschi – in ottava. In questa sede, l’attenzione verterà su un lavoro ancora inedito del poligrafo veneziano ovvero la Vita di Giuseppe (1561), l'unico poema spirituale della sua produzione. Il componimento risponde al tentativo di elaborare un poema epico di argomento sacro. La sua “epicità” risiede a livello contenutistico nella sovrapposizione di memorie latine e greche alla parabola biblica e da un punto di vista formale nell’assimilazione del modello ariostesco. Quest’ultimo, imprescindibile a tale altezza cronologica per qualunque poema in ottave, era particolarmente caro a Dolce che, oltre a curarne numerose edizioni e un’apologia (Venezia, 1535), compose Le prime imprese del conte Orlando (Venezia, 1572). L’intervento, dunque, intende indagare – sul modello degli studi di Praloran, Cabani e Soldani – la fisionomia dell’ottava dolciana sia in relazione al precedente ariostesco, mettendone in luce punti di contatto e differenze, sia proponendo l’analisi approfondita di alcuni casi, utili per evidenziare la familiarità poetica di Dolce con l’uso dell’ottava e confrontabili, in un’ottica più ampia, con la sua intera produzione.
Lodovico Dolce e l’ottava rima: il caso della Vita di Giuseppe (1561) / DAL CENGIO, Martina. - (2018), pp. 247-279.
Lodovico Dolce e l’ottava rima: il caso della Vita di Giuseppe (1561)
Martina Dal Cengio
2018
Abstract
Contestualmente allo studio dell’ottava rima nel XVI secolo, la figura di Lodovico Dolce sembra assumere un ruolo significativo. Il poligrafo, infatti, oltre comporre due serie di stanze in ottava rima, è autore di dieci opere – poemi e romanzi cavallereschi – in ottava. In questa sede, l’attenzione verterà su un lavoro ancora inedito del poligrafo veneziano ovvero la Vita di Giuseppe (1561), l'unico poema spirituale della sua produzione. Il componimento risponde al tentativo di elaborare un poema epico di argomento sacro. La sua “epicità” risiede a livello contenutistico nella sovrapposizione di memorie latine e greche alla parabola biblica e da un punto di vista formale nell’assimilazione del modello ariostesco. Quest’ultimo, imprescindibile a tale altezza cronologica per qualunque poema in ottave, era particolarmente caro a Dolce che, oltre a curarne numerose edizioni e un’apologia (Venezia, 1535), compose Le prime imprese del conte Orlando (Venezia, 1572). L’intervento, dunque, intende indagare – sul modello degli studi di Praloran, Cabani e Soldani – la fisionomia dell’ottava dolciana sia in relazione al precedente ariostesco, mettendone in luce punti di contatto e differenze, sia proponendo l’analisi approfondita di alcuni casi, utili per evidenziare la familiarità poetica di Dolce con l’uso dell’ottava e confrontabili, in un’ottica più ampia, con la sua intera produzione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.