L’ordine pubblico pone fin dalla nascita degli stati-nazione importanti interrogativi circa il portato, la natura e lo scopo del suo fondamento. Si tratta di un concetto composito, sfaccettato, vago, i cui confini sono difficili da definire e la cui natura è così complessa da far sembrare l’ordine pubblico un «soggetto temerario» o, addirittura, «un supplizio per l’intelligenza». Un termine ambiguo, strettamente connesso alle circostanze, storicamente variabili, delle diverse esperienze giuridico-organizzative in cui viene utilizzato ed al conseguente differente rapporto che si delinea fra la libertà e l’autorità. In questo senso, definire l’ordine pubblico potrebbe rivelarsi pericoloso, dal momento che, essendo tale nozione espressione dell’epoca, del luogo e delle circostanze in cui è invocata, codificarla all’interno di una precipua definizione significherebbe cristallizzarla all’interno di equilibri politico-sociali, economici, morali, religiosi dominanti in un dato momento storico, facendo dell’ordine pubblico uno «strumento di omogeneità autoritaria» utilizzabile a prescindere dal contesto socio-politico di riferimento. D’altro canto, però, rinunciare all’analisi ed alla riflessione su questo concetto appare altrettanto rischioso perché significherebbe confinare l’ordine pubblico fra quelle nozioni misteriose che costituiscono «une sorte de catégorie innommée» e spianerebbe la strada ad una deriva autoritaria del rapporto autorità-libertà. Proprio nell’ottica di evitare tali derive, la dottrina ha dedicato negli anni particolare attenzione allo studio del concetto di ordine pubblico, nozione tanto vaga quanto fondamentale, ago della bilancia nel rapporto autorità-libertà e le cui evoluzioni rappresentano la cartina di tornasole della coesione sociale e del rapporto rappresentante-rappresentato. Ma, nonostante i numerosi sforzi nel tentativo di delineare i confini di tale nozione e di configurare una possibile reductio ad unum delle sue differenti declinazioni individuandone quantomeno le componenti essenziali, il suo «noyau central», l’unica caratteristica dell’ordine pubblico unitariamente sottolineata dalla dottrina è l’essenza prettamente dinamica ed evolutiva di tale nozione che, data la sua natura circostanziale e fluida, muta forma e dimensioni in base alle trasformazioni del diritto e della concezione di Stato. Tuttavia, bisogna evidenziare che anche il carattere estremamente variabile della nozione di ordine pubblico appare potenzialmente pericoloso per l’esercizio delle libertà fondamentali: una definizione meno evanescente del lemma in esame, forse, permetterebbe di circoscrivere meglio non tanto i comportamenti umani vietati, quanto piuttosto le decisioni che l’autorità pubblica può prendere per ragioni di tutela dell’ordine pubblico. È da questo crinale che muove la presente ricerca: nel considerare ugualmente rischioso sia cristallizzare l’ordine pubblico all’interno di una (necessariamente) stretta definizione, sia abbandonare tale nozione alla discrezionalità ed all’arbitrio del potere (di cui costituisce fondamenta e condizioni di esercizio), si ritiene necessario ripartire dalla centralità del rapporto fra tale nozione e la Costituzione, dal momento che tanto più la nozione di ordine pubblico è fluida, tanto più è necessario che sia limitata dall’ordinamento giuridico e, segnatamente, dalla Costituzione.
L'ordine pubblico tra tutela costituzionale dei diritti ed emergenza. lineamenti teorici e paradigmi applicativi di una nozione evanescente / Amorosi, MARIA CATERINA. - (2022), pp. 1-588.
L'ordine pubblico tra tutela costituzionale dei diritti ed emergenza. lineamenti teorici e paradigmi applicativi di una nozione evanescente
Maria Caterina Amorosi
2022
Abstract
L’ordine pubblico pone fin dalla nascita degli stati-nazione importanti interrogativi circa il portato, la natura e lo scopo del suo fondamento. Si tratta di un concetto composito, sfaccettato, vago, i cui confini sono difficili da definire e la cui natura è così complessa da far sembrare l’ordine pubblico un «soggetto temerario» o, addirittura, «un supplizio per l’intelligenza». Un termine ambiguo, strettamente connesso alle circostanze, storicamente variabili, delle diverse esperienze giuridico-organizzative in cui viene utilizzato ed al conseguente differente rapporto che si delinea fra la libertà e l’autorità. In questo senso, definire l’ordine pubblico potrebbe rivelarsi pericoloso, dal momento che, essendo tale nozione espressione dell’epoca, del luogo e delle circostanze in cui è invocata, codificarla all’interno di una precipua definizione significherebbe cristallizzarla all’interno di equilibri politico-sociali, economici, morali, religiosi dominanti in un dato momento storico, facendo dell’ordine pubblico uno «strumento di omogeneità autoritaria» utilizzabile a prescindere dal contesto socio-politico di riferimento. D’altro canto, però, rinunciare all’analisi ed alla riflessione su questo concetto appare altrettanto rischioso perché significherebbe confinare l’ordine pubblico fra quelle nozioni misteriose che costituiscono «une sorte de catégorie innommée» e spianerebbe la strada ad una deriva autoritaria del rapporto autorità-libertà. Proprio nell’ottica di evitare tali derive, la dottrina ha dedicato negli anni particolare attenzione allo studio del concetto di ordine pubblico, nozione tanto vaga quanto fondamentale, ago della bilancia nel rapporto autorità-libertà e le cui evoluzioni rappresentano la cartina di tornasole della coesione sociale e del rapporto rappresentante-rappresentato. Ma, nonostante i numerosi sforzi nel tentativo di delineare i confini di tale nozione e di configurare una possibile reductio ad unum delle sue differenti declinazioni individuandone quantomeno le componenti essenziali, il suo «noyau central», l’unica caratteristica dell’ordine pubblico unitariamente sottolineata dalla dottrina è l’essenza prettamente dinamica ed evolutiva di tale nozione che, data la sua natura circostanziale e fluida, muta forma e dimensioni in base alle trasformazioni del diritto e della concezione di Stato. Tuttavia, bisogna evidenziare che anche il carattere estremamente variabile della nozione di ordine pubblico appare potenzialmente pericoloso per l’esercizio delle libertà fondamentali: una definizione meno evanescente del lemma in esame, forse, permetterebbe di circoscrivere meglio non tanto i comportamenti umani vietati, quanto piuttosto le decisioni che l’autorità pubblica può prendere per ragioni di tutela dell’ordine pubblico. È da questo crinale che muove la presente ricerca: nel considerare ugualmente rischioso sia cristallizzare l’ordine pubblico all’interno di una (necessariamente) stretta definizione, sia abbandonare tale nozione alla discrezionalità ed all’arbitrio del potere (di cui costituisce fondamenta e condizioni di esercizio), si ritiene necessario ripartire dalla centralità del rapporto fra tale nozione e la Costituzione, dal momento che tanto più la nozione di ordine pubblico è fluida, tanto più è necessario che sia limitata dall’ordinamento giuridico e, segnatamente, dalla Costituzione.File | Dimensione | Formato | |
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