È legittimo considerare Gramsci e Benjamin come espressioni di una comune esigenza del marxismo teorico? A questa domanda si può rispondere in parte positivamente e in parte no. Ciò che unisce questi autori è, in primo luogo, la persuasione che tra il marxismo della Seconda Internazionale e la nuova ortodossia del periodo staliniano (il così detto marxismo-leninismo) esista un rapporto di sostanziale continuità, segnato da una visione deterministica della storia e da una concezione meramente “progressiva” della lotta rivoluzionaria. Benjamin sviluppò questo concetto attraverso una critica radicale dei tre princìpi capitali dello storicismo (l’idea di storia universale, la narratività, l’immedesimazione con il passato)1 e con una negazione dell’«idea del progresso come tale», del «tempo omogeneo e vuoto», caposaldo della «teoria socialdemocratica» tra Ottocento e Novecento. Gramsci, d’altro lato, operò una critica analoga, sia pure con un lessico differente, tanto nei confronti del socialismo riformista dei primi anni del secolo tanto verso la scolastica di Bucharin. Entrambi, inoltre, seppero riconoscere nel pensiero dello stesso Marx la radice del problema.
Gramsci, Benjamin e le rivoluzioni passive / Muste, Marcello. - (2023), pp. 97-110.
Gramsci, Benjamin e le rivoluzioni passive
MUSTE, Marcello
2023
Abstract
È legittimo considerare Gramsci e Benjamin come espressioni di una comune esigenza del marxismo teorico? A questa domanda si può rispondere in parte positivamente e in parte no. Ciò che unisce questi autori è, in primo luogo, la persuasione che tra il marxismo della Seconda Internazionale e la nuova ortodossia del periodo staliniano (il così detto marxismo-leninismo) esista un rapporto di sostanziale continuità, segnato da una visione deterministica della storia e da una concezione meramente “progressiva” della lotta rivoluzionaria. Benjamin sviluppò questo concetto attraverso una critica radicale dei tre princìpi capitali dello storicismo (l’idea di storia universale, la narratività, l’immedesimazione con il passato)1 e con una negazione dell’«idea del progresso come tale», del «tempo omogeneo e vuoto», caposaldo della «teoria socialdemocratica» tra Ottocento e Novecento. Gramsci, d’altro lato, operò una critica analoga, sia pure con un lessico differente, tanto nei confronti del socialismo riformista dei primi anni del secolo tanto verso la scolastica di Bucharin. Entrambi, inoltre, seppero riconoscere nel pensiero dello stesso Marx la radice del problema.File | Dimensione | Formato | |
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