Monsignore Cosimo Giustini, figlio di un ricco avvocato concistoriale, avvierà un cantiere ventennale con l’acquisizione di una prima casa nel vicolo di Cacciabove (oggi Largo Chigi), che proseguirà sull’intero fronte su piazza Colonna. Un’area della città valorizzata sotto il pontificato di Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585), con strumenti normativi favorevoli allo sviluppo edilizio, degli investimenti e delle iniziative edilizie degli aristocratici. L’intreccio dei caratteri tipologici e funzionali della fabbrica, destinata a più livelli sociali, dal censo del monsignore che aspirava ad un grado più alto, a quello variegato dei suoi affittuari, costituiva per Giacomo Della Porta, architetto del Giustini, un dato centrale per la composizione della grande facciata. Un tema storiografico i cui presupposti storici, culturali e tipologici sono stati messi a fuoco da Sandro Benedetti, quando valutava la risonanza dell’opera di Antonio da Sangallo per le generazioni successive, cogliendo un atteggiamento proiettato a portare avanti più le ragioni della costruzione, dei suoi aspetti tecnico-cantieristici o di economia del prodotto, risolte formalmente in modalità sintetiche ed essenziali, prendendo le distanze dalle modulazioni espressive anticheggianti. Nella seconda metà del XVI secolo si manifesterà la tendenza a stabilizzare le nuove opere entro guide tipologiche precise, traendo ispirazione dalle modulazioni del Palazzo Baldassini, non ponendosi in contrasto con i modi stilistici del tempo, anzi sviluppandone i contenuti ma demitizzando l’uso dell’ordine architettonico. Giacomo Della Porta che aveva spesso perseguito una semplificazione formale del tipo del palazzo romano, rivolge lo sguardo all’articolazione dinamica dei finestrati già sperimentato da Raffaello nel Palazzo di Jacopo da Brescia, e l’originale scansione delle finestre nella facciata di Palazzo Massimo alle Colonne del Peruzzi. Della Porta assorbirà quella poetica, sviluppandone ulteriormente le potenzialità espressive con il tema della dinamicità “pulsante” del ritmo dei pieni e dei vuoti nelle facciate in relazione ai caratteri urbani di prossimità, lasciando cadere il ruolo strutturante delle modulazioni espressive antiche dei due maestri. La poetica di Giacomo, anche nel palazzo Giustini, assegna al ruolo espressivo dei meccanismi formali della facciata, il potenziamento dinamico del colloquio tra l’architettura e la “consonanza” con i caratteri dello spazio urbano. Un tema che ha avuto un deciso sviluppo sotto il papato di Sisto V (1585-1590), esemplarmente sviluppato nei palazzi dellaportiani, e nell’opera di Domenico Fontana per la sistemazione urbana del rinnovato complesso lateranense. Una poetica che Giacomo Della Porta sperimenterà a più livelli espressivi con l’attivazione di un potenziamento percettivo nella composizione dei fronti, che si svilupperà per un ventennio in più cantieri contemporaneamente: da Palazzo Muti in via del Gesù (1569-1570), in palazzo Serlupi Lovatelli in piazza Lovatelli (1575-1580), nel palazzo per i Maffei Marescotti in via della Pigna angolo via dei Cestari (1577-1583), in palazzo Ruggeri su via Corso Vittorio Emanuele II (1588-1591), in quello di Ottaviano Crescenzi poi Serlupi in via del Seminario (1579-1605), nell’edificio di Virgilio Crescenzi alla Rotonda (1581-1583) e nel nostro palazzo Giustini in piazza Colonna (1579-1603).
Palazzo Giustini e l’opera di Giacomo della Porta / Azzaro, Bartolomeo. - (2022), pp. 1-85.
Palazzo Giustini e l’opera di Giacomo della Porta
Bartolomeo Azzaro
2022
Abstract
Monsignore Cosimo Giustini, figlio di un ricco avvocato concistoriale, avvierà un cantiere ventennale con l’acquisizione di una prima casa nel vicolo di Cacciabove (oggi Largo Chigi), che proseguirà sull’intero fronte su piazza Colonna. Un’area della città valorizzata sotto il pontificato di Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585), con strumenti normativi favorevoli allo sviluppo edilizio, degli investimenti e delle iniziative edilizie degli aristocratici. L’intreccio dei caratteri tipologici e funzionali della fabbrica, destinata a più livelli sociali, dal censo del monsignore che aspirava ad un grado più alto, a quello variegato dei suoi affittuari, costituiva per Giacomo Della Porta, architetto del Giustini, un dato centrale per la composizione della grande facciata. Un tema storiografico i cui presupposti storici, culturali e tipologici sono stati messi a fuoco da Sandro Benedetti, quando valutava la risonanza dell’opera di Antonio da Sangallo per le generazioni successive, cogliendo un atteggiamento proiettato a portare avanti più le ragioni della costruzione, dei suoi aspetti tecnico-cantieristici o di economia del prodotto, risolte formalmente in modalità sintetiche ed essenziali, prendendo le distanze dalle modulazioni espressive anticheggianti. Nella seconda metà del XVI secolo si manifesterà la tendenza a stabilizzare le nuove opere entro guide tipologiche precise, traendo ispirazione dalle modulazioni del Palazzo Baldassini, non ponendosi in contrasto con i modi stilistici del tempo, anzi sviluppandone i contenuti ma demitizzando l’uso dell’ordine architettonico. Giacomo Della Porta che aveva spesso perseguito una semplificazione formale del tipo del palazzo romano, rivolge lo sguardo all’articolazione dinamica dei finestrati già sperimentato da Raffaello nel Palazzo di Jacopo da Brescia, e l’originale scansione delle finestre nella facciata di Palazzo Massimo alle Colonne del Peruzzi. Della Porta assorbirà quella poetica, sviluppandone ulteriormente le potenzialità espressive con il tema della dinamicità “pulsante” del ritmo dei pieni e dei vuoti nelle facciate in relazione ai caratteri urbani di prossimità, lasciando cadere il ruolo strutturante delle modulazioni espressive antiche dei due maestri. La poetica di Giacomo, anche nel palazzo Giustini, assegna al ruolo espressivo dei meccanismi formali della facciata, il potenziamento dinamico del colloquio tra l’architettura e la “consonanza” con i caratteri dello spazio urbano. Un tema che ha avuto un deciso sviluppo sotto il papato di Sisto V (1585-1590), esemplarmente sviluppato nei palazzi dellaportiani, e nell’opera di Domenico Fontana per la sistemazione urbana del rinnovato complesso lateranense. Una poetica che Giacomo Della Porta sperimenterà a più livelli espressivi con l’attivazione di un potenziamento percettivo nella composizione dei fronti, che si svilupperà per un ventennio in più cantieri contemporaneamente: da Palazzo Muti in via del Gesù (1569-1570), in palazzo Serlupi Lovatelli in piazza Lovatelli (1575-1580), nel palazzo per i Maffei Marescotti in via della Pigna angolo via dei Cestari (1577-1583), in palazzo Ruggeri su via Corso Vittorio Emanuele II (1588-1591), in quello di Ottaviano Crescenzi poi Serlupi in via del Seminario (1579-1605), nell’edificio di Virgilio Crescenzi alla Rotonda (1581-1583) e nel nostro palazzo Giustini in piazza Colonna (1579-1603).File | Dimensione | Formato | |
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