Il concetto di ‘crisi’ ha un uso consolidato nella modernità: oltre alle cicliche crisi economico-finanziarie, del lavoro e della produzione, si registrano regolari crisi politiche e generali crisi culturali, dei valori, di senso. La crisi sembra così costituire un paradigma interpretativo del sociale in senso lato: i ‘legami sociali’ e la ‘solidarietà’ risulterebbero sempre più compromessi e la società mondiale nel suo complesso sarebbe caratterizzata da problemi e deficit cronici. La semantica della crisi funge dunque da critica della società: fornisce una descrizione della realtà complessa e contingente e allo stesso tempo rappresenta un dispositivo retorico che esorta ad agire per mutare lo stato delle cose, con l’‘integrazione’ della società come obiettivo, quale valore in sé. Ci si potrebbe però chiedere se tale dispositivo sia effettivamente adatto a descrivere la modernità, visto che le diverse sfere della società funzionalmente differenziata (economia, diritto, politica, medicina, scienza, educazione, ecc.) prese singolarmente sembrano adattarsi in maniera soddisfacente all’enorme complessità ambientale (Luhmann, 1997). Piuttosto, è di fronte all’emergenza che emergono problemi di coordinamento, come dimostra il Covid-19, il cui “effetto-domino” ha costretto i vari settori della società ad adattamenti reciproci inediti, dimostrando che forse è proprio la sovra-integrazione ad essere un problema (Esposito, 2020). A partire dalla constatazione che non sarebbe dunque la società ad essere in crisi, quanto gli individui – inclusi in maniera differenziata e relativamente indipendente nelle varie sfere (Paolo, 2013) – l’ipotesi di questo lavoro è che la ‘crisi’ rappresenti al contempo una descrizione carente dei mutamenti strutturali della società e una forma che consente di mantenere il futuro – costitutivamente incerto di fronte al crollo delle “grandi narrazioni” – aperto a possibilità ancora imprevedibili. In questo senso la sociologia è chiamata a fornire descrizioni più soddisfacenti, misurandosi con il concetto di crisi prima di servirsene (Koselleck, 2012) e re-interrogando il proprio apparato semantico.
Semantica della crisi e dis-integrazione sociale: riassemblare la società o riassemblare la sociologia? / Finco, Matteo. - (2022), pp. 25-38.
Semantica della crisi e dis-integrazione sociale: riassemblare la società o riassemblare la sociologia?
Matteo Finco
2022
Abstract
Il concetto di ‘crisi’ ha un uso consolidato nella modernità: oltre alle cicliche crisi economico-finanziarie, del lavoro e della produzione, si registrano regolari crisi politiche e generali crisi culturali, dei valori, di senso. La crisi sembra così costituire un paradigma interpretativo del sociale in senso lato: i ‘legami sociali’ e la ‘solidarietà’ risulterebbero sempre più compromessi e la società mondiale nel suo complesso sarebbe caratterizzata da problemi e deficit cronici. La semantica della crisi funge dunque da critica della società: fornisce una descrizione della realtà complessa e contingente e allo stesso tempo rappresenta un dispositivo retorico che esorta ad agire per mutare lo stato delle cose, con l’‘integrazione’ della società come obiettivo, quale valore in sé. Ci si potrebbe però chiedere se tale dispositivo sia effettivamente adatto a descrivere la modernità, visto che le diverse sfere della società funzionalmente differenziata (economia, diritto, politica, medicina, scienza, educazione, ecc.) prese singolarmente sembrano adattarsi in maniera soddisfacente all’enorme complessità ambientale (Luhmann, 1997). Piuttosto, è di fronte all’emergenza che emergono problemi di coordinamento, come dimostra il Covid-19, il cui “effetto-domino” ha costretto i vari settori della società ad adattamenti reciproci inediti, dimostrando che forse è proprio la sovra-integrazione ad essere un problema (Esposito, 2020). A partire dalla constatazione che non sarebbe dunque la società ad essere in crisi, quanto gli individui – inclusi in maniera differenziata e relativamente indipendente nelle varie sfere (Paolo, 2013) – l’ipotesi di questo lavoro è che la ‘crisi’ rappresenti al contempo una descrizione carente dei mutamenti strutturali della società e una forma che consente di mantenere il futuro – costitutivamente incerto di fronte al crollo delle “grandi narrazioni” – aperto a possibilità ancora imprevedibili. In questo senso la sociologia è chiamata a fornire descrizioni più soddisfacenti, misurandosi con il concetto di crisi prima di servirsene (Koselleck, 2012) e re-interrogando il proprio apparato semantico.File | Dimensione | Formato | |
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