Per molto tempo le città sono state considerate il simbolo della perdita di religiosità e il centro di propulsione della secolarizzazione che, in una visione prospettica, avrebbe dovuto ridurre il ruolo del sacro nella quotidianità degli individui (Cox, 1968). Tuttavia, negli ultimi trent’anni, la globalizzazione, i flussi migratori e il radicamento di nuovi movimenti religiosi hanno contribuito alla rivitalizzazione e alla diversificazione dei paesaggi urbani (Casanova, 2000; Yorgason, della Dora, 2009; Hopkins, Kong, Olson, 2012; Becci, Burchardt, Casanova, 2013; Oosterbaan, 2014; Berking, Steets, Schwenk, 2018) che, stratificandosi, hanno reso il tessuto socio-spaziale sempre più complesso e connotato da un certo grado di «super-diversità» (Vertovec, 2007). In tutto il mondo, infatti, si osserva una proliferazione di luoghi di culto non tradizionali (Becci, Burchardt, Casanova, 2013; Krech e Meyer, 2016). Se da un lato, alcune comunità religiose hanno iniziato ad adattarsi alle tendenze del metabolismo urbano stabilendo le sedi della propria ritualità e socialità in edifici ibridi e interstiziali, che nulla hanno a che vedere con l’idea comune di luogo sacro, dall’altro, un numero in rapido aumento di architetture cristiane subisce la chiusura a causa della diminuzione dei fedeli e dell’elevato costo di gestione e manutenzione. Si assiste, così, alla conversione di chiese in loft o in strutture pubbliche come musei, biblioteche o gallerie d’arte e alla trasformazione di capannoni industriali, ex supermercati, scantinati e negozi in luoghi di culto (Lynch, 2016; Bartolomei, Longhi, Radice, Tiloca, 2017).
Sconfinamenti religiosi. La città contemporanea nell’era della superdiversità / Omenetto, Silvia. - (2020), pp. 257-264.
Sconfinamenti religiosi. La città contemporanea nell’era della superdiversità
Silvia Omenetto
2020
Abstract
Per molto tempo le città sono state considerate il simbolo della perdita di religiosità e il centro di propulsione della secolarizzazione che, in una visione prospettica, avrebbe dovuto ridurre il ruolo del sacro nella quotidianità degli individui (Cox, 1968). Tuttavia, negli ultimi trent’anni, la globalizzazione, i flussi migratori e il radicamento di nuovi movimenti religiosi hanno contribuito alla rivitalizzazione e alla diversificazione dei paesaggi urbani (Casanova, 2000; Yorgason, della Dora, 2009; Hopkins, Kong, Olson, 2012; Becci, Burchardt, Casanova, 2013; Oosterbaan, 2014; Berking, Steets, Schwenk, 2018) che, stratificandosi, hanno reso il tessuto socio-spaziale sempre più complesso e connotato da un certo grado di «super-diversità» (Vertovec, 2007). In tutto il mondo, infatti, si osserva una proliferazione di luoghi di culto non tradizionali (Becci, Burchardt, Casanova, 2013; Krech e Meyer, 2016). Se da un lato, alcune comunità religiose hanno iniziato ad adattarsi alle tendenze del metabolismo urbano stabilendo le sedi della propria ritualità e socialità in edifici ibridi e interstiziali, che nulla hanno a che vedere con l’idea comune di luogo sacro, dall’altro, un numero in rapido aumento di architetture cristiane subisce la chiusura a causa della diminuzione dei fedeli e dell’elevato costo di gestione e manutenzione. Si assiste, così, alla conversione di chiese in loft o in strutture pubbliche come musei, biblioteche o gallerie d’arte e alla trasformazione di capannoni industriali, ex supermercati, scantinati e negozi in luoghi di culto (Lynch, 2016; Bartolomei, Longhi, Radice, Tiloca, 2017).File | Dimensione | Formato | |
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