Il tema dell’architettura penitenziaria sembra oggi tornare ad ottenere una rinnovata attenzione, sia per i disagi e gli interrogativi aperti dall’emergenza pandemica da Covid, sia per le risorse previste dal PNRR per l’edilizia penitenziaria. Dal gennaio al giugno 2021 ha operato una Commissione per l’architettura penitenziaria, istituita dal Ministero della giustizia e presieduta dall’Arch. Luca Zevi che ha potuto individuare anche primi “format” per la realizzazione di nuovi istituti carcerari. I circa 133 milioni di euro inseriti nel PNRR per il periodo 2022-2026, tuttavia, sono indirizzati alla costruzione o al miglioramento di padiglioni e spazi presso le strutture detentive per adulti e minori. L’orientamento ripropone il consueto, annoso, dibattito circa l’opportunità di edificare nuovi spazi entro carceri esistenti, con il rischio di aggravarne vivibilità e gestione complessiva, e la prospettiva di costruire nuovi edifici. Il mandato del Ministero, così come si legge, è quello di individuare e proporre un modello di architettura penitenziaria coerente con l’idea di rieducazione, elaborando contestualmente interventi puntuali di manutenzione sulle strutture esistenti. Ormai da moltissimi anni, la Fondazione Giovanni Michelucci è impegnata sul tema, cercando di declinare criticamente le implicazioni architettoniche ed urbane degli spazi destinati all’esecuzione penale. La ricerca di “format” e “modelli” penitenziari apre un fronte di riflessione importante, quanto scivoloso, legato – secondo la tradizione michelucciana e sulla base delle successive ricerche – da un lato al senso della pena e, dall’altro, al rapporto con la città, con la comunità sociale. Il tema dell’edilizia penitenziaria si agita assieme agli allarmi sociali, sovente sollecitati e declinati dalla ricerca di un consenso politico, quasi mai viene colto quale elemento centrale di una discussione volta a dare concreta attuazione a quel che resta della Riforma penitenziaria o, più ancora, quale elemento propulsivo di un diverso modo di interpretare la pena, una pena che rispetti i diritti umani e proceda nel solco di quanto previsto dalla nostra Costituzione. Gli spazi della pena, assieme al tempo della pena, danno forma alla quotidianità delle persone, al loro benessere, al trattamento generale, così come al trattamento rieducativo, alla possibilità di aspirare ad un autentico reinserimento sociale. Gli ultimi anni, caratterizzati dalle Sentenze della Cedu, dai lavori degli Stati generali e dalle riforme mancate, dalle nuove spinte al sovraffollamento e da una gestione delle carceri a dir poco confusa che ha visto il succedersi di episodi gravissimi di rivolta, violenza, aggressione e morte nelle carceri italiane, spingono a riprendere il filo di una riflessione seria e competente cui la Fondazione Giovanni Michelucci intende concorrere attivamente. In tal senso, dunque, la proposta di promuovere un Convegno di respiro nazionale sul rapporto tra architettura e carcere tra la primavera e l’estate del 2022. L’iniziativa, di cui la Fondazione Giovanni Michelucci è capofila, assieme alla Sapienza – Università di Roma, potrebbe divenire, in prospettiva, un appuntamento annuale capace di promuovere, in maniera aggiornata e competente, il dibattito sullo stato e lo sviluppo dell’edilizia penitenziaria e, più ampliamente, degli spazi per l’esecuzione della pena e sul rapporto tra carcere e città. Il Convegno, organizzato lungo una giornata e mezza, intende promuovere una riflessione corale sul tema degli spazi destinati alla pena nella società dell’innovazione e del digitale. Il rapporto tra la “fissità” della pena e del carcere ed una società che corre veloce grazie allo sviluppo di tecnologie sempre più raffinate, appare stridente, ma anche una frontiera che merita di essere indagata, approfondita, valutata. L’emergenza pandemica, seppur in maniera necessitata, ha mostrato come l’apertura a nuove tecnologie in carcere, legate soprattutto al mantenimento delle relazioni familiari, non fosse impossibile. La prima giornata del Convegno sarà destinata all’approfondimento del tema generale, con una prima sessione di lavoro finalizzata all’analisi critica dell’architettura e dell’edilizia penitenziaria, a partire dagli esiti e dalle effettive ricadute dei piani carceri, delle proposte mosse dagli Stati generali dell’esecuzione penale, nonché dal lavoro dell’ultima Commissione per l’architettura penitenziaria. Fare il punto, criticamente, sulle condizioni e l’organizzazione degli spazi penitenziari, sulle soluzioni che non hanno trovato applicazione e sulle frontiere dell’esecuzione della pena, sosterrà la seconda sessione di lavoro finalizzata, invece, a riflettere sulle innovazioni possibili. La seconda sessione cercherà di dare risposta alla domanda su come possa essere reinterpretato l’abitare carcerario alla luce dell’innovazione e del digitale. Si tratta di una frontiera che pone oggi più interrogativi che soluzioni, almeno nella esecuzione della pena detentiva, ma che necessita di essere colta nelle sue ambivalenze e nelle sue potenzialità: l’introduzione dell’innovazione digitale, ma anche di una diversa concezione degli spazi, cosa può significare in ordine ai luoghi, alla loro organizzazione, ai tempi, alle interazioni interne, ma anche esterne familiari e servizi? Il lavoro delle prime due sessioni sarà, infine restituito e discusso, il giorno successivo, nell’ambito della Tavola rotonda organizzata in una sede istituzionale e volta a discutere, alla presenza di rappresentanze istituzionali e politiche, il significato della pena oggi e le possibili vie per un diverso approccio all’esecuzione penale.
Abitare il carcere. Gli spazi della pena nella società digitale / Salimei, Guendalina. - (2022). (Intervento presentato al convegno Abitare il carcere Gli spazi della pena nella società digitale tenutosi a Roma).
Abitare il carcere. Gli spazi della pena nella società digitale
Guendalina Salimei
2022
Abstract
Il tema dell’architettura penitenziaria sembra oggi tornare ad ottenere una rinnovata attenzione, sia per i disagi e gli interrogativi aperti dall’emergenza pandemica da Covid, sia per le risorse previste dal PNRR per l’edilizia penitenziaria. Dal gennaio al giugno 2021 ha operato una Commissione per l’architettura penitenziaria, istituita dal Ministero della giustizia e presieduta dall’Arch. Luca Zevi che ha potuto individuare anche primi “format” per la realizzazione di nuovi istituti carcerari. I circa 133 milioni di euro inseriti nel PNRR per il periodo 2022-2026, tuttavia, sono indirizzati alla costruzione o al miglioramento di padiglioni e spazi presso le strutture detentive per adulti e minori. L’orientamento ripropone il consueto, annoso, dibattito circa l’opportunità di edificare nuovi spazi entro carceri esistenti, con il rischio di aggravarne vivibilità e gestione complessiva, e la prospettiva di costruire nuovi edifici. Il mandato del Ministero, così come si legge, è quello di individuare e proporre un modello di architettura penitenziaria coerente con l’idea di rieducazione, elaborando contestualmente interventi puntuali di manutenzione sulle strutture esistenti. Ormai da moltissimi anni, la Fondazione Giovanni Michelucci è impegnata sul tema, cercando di declinare criticamente le implicazioni architettoniche ed urbane degli spazi destinati all’esecuzione penale. La ricerca di “format” e “modelli” penitenziari apre un fronte di riflessione importante, quanto scivoloso, legato – secondo la tradizione michelucciana e sulla base delle successive ricerche – da un lato al senso della pena e, dall’altro, al rapporto con la città, con la comunità sociale. Il tema dell’edilizia penitenziaria si agita assieme agli allarmi sociali, sovente sollecitati e declinati dalla ricerca di un consenso politico, quasi mai viene colto quale elemento centrale di una discussione volta a dare concreta attuazione a quel che resta della Riforma penitenziaria o, più ancora, quale elemento propulsivo di un diverso modo di interpretare la pena, una pena che rispetti i diritti umani e proceda nel solco di quanto previsto dalla nostra Costituzione. Gli spazi della pena, assieme al tempo della pena, danno forma alla quotidianità delle persone, al loro benessere, al trattamento generale, così come al trattamento rieducativo, alla possibilità di aspirare ad un autentico reinserimento sociale. Gli ultimi anni, caratterizzati dalle Sentenze della Cedu, dai lavori degli Stati generali e dalle riforme mancate, dalle nuove spinte al sovraffollamento e da una gestione delle carceri a dir poco confusa che ha visto il succedersi di episodi gravissimi di rivolta, violenza, aggressione e morte nelle carceri italiane, spingono a riprendere il filo di una riflessione seria e competente cui la Fondazione Giovanni Michelucci intende concorrere attivamente. In tal senso, dunque, la proposta di promuovere un Convegno di respiro nazionale sul rapporto tra architettura e carcere tra la primavera e l’estate del 2022. L’iniziativa, di cui la Fondazione Giovanni Michelucci è capofila, assieme alla Sapienza – Università di Roma, potrebbe divenire, in prospettiva, un appuntamento annuale capace di promuovere, in maniera aggiornata e competente, il dibattito sullo stato e lo sviluppo dell’edilizia penitenziaria e, più ampliamente, degli spazi per l’esecuzione della pena e sul rapporto tra carcere e città. Il Convegno, organizzato lungo una giornata e mezza, intende promuovere una riflessione corale sul tema degli spazi destinati alla pena nella società dell’innovazione e del digitale. Il rapporto tra la “fissità” della pena e del carcere ed una società che corre veloce grazie allo sviluppo di tecnologie sempre più raffinate, appare stridente, ma anche una frontiera che merita di essere indagata, approfondita, valutata. L’emergenza pandemica, seppur in maniera necessitata, ha mostrato come l’apertura a nuove tecnologie in carcere, legate soprattutto al mantenimento delle relazioni familiari, non fosse impossibile. La prima giornata del Convegno sarà destinata all’approfondimento del tema generale, con una prima sessione di lavoro finalizzata all’analisi critica dell’architettura e dell’edilizia penitenziaria, a partire dagli esiti e dalle effettive ricadute dei piani carceri, delle proposte mosse dagli Stati generali dell’esecuzione penale, nonché dal lavoro dell’ultima Commissione per l’architettura penitenziaria. Fare il punto, criticamente, sulle condizioni e l’organizzazione degli spazi penitenziari, sulle soluzioni che non hanno trovato applicazione e sulle frontiere dell’esecuzione della pena, sosterrà la seconda sessione di lavoro finalizzata, invece, a riflettere sulle innovazioni possibili. La seconda sessione cercherà di dare risposta alla domanda su come possa essere reinterpretato l’abitare carcerario alla luce dell’innovazione e del digitale. Si tratta di una frontiera che pone oggi più interrogativi che soluzioni, almeno nella esecuzione della pena detentiva, ma che necessita di essere colta nelle sue ambivalenze e nelle sue potenzialità: l’introduzione dell’innovazione digitale, ma anche di una diversa concezione degli spazi, cosa può significare in ordine ai luoghi, alla loro organizzazione, ai tempi, alle interazioni interne, ma anche esterne familiari e servizi? Il lavoro delle prime due sessioni sarà, infine restituito e discusso, il giorno successivo, nell’ambito della Tavola rotonda organizzata in una sede istituzionale e volta a discutere, alla presenza di rappresentanze istituzionali e politiche, il significato della pena oggi e le possibili vie per un diverso approccio all’esecuzione penale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.