Partendo da una disamina di alcune delle questioni che intrecciano i temi del genere e della sicurezza urbana, il contributo osserva come la rappresentazione della città moderna (e contemporanea) insista sui pericoli che essa rappresenta per le donne, e come questo produca il sillogismo per cui lo spazio pubblico sia minaccioso, dunque sconsigliato al genere femminile, assunto facilmente strumentalizzabile per la promozione e la messa in atto di politiche securitarie “in difesa” delle categorie considerate più vulnerabili, tra cui le donne. Si evidenzia come le campagne mediatiche che hanno accompagnato l’adozione di determinate politiche urbane abbiano suggerito la colpevolizzazione delle vittime, raccomandando un’attenta autocensura di comportamenti e spostamenti delle donne, che attuata in maniera spesso inconsapevole (per via di un’interiorizzazione dei pericoli associati a un libero attraversamento del mondo) concorre ad un significativo impoverimento dello spazio pubblico. Si prende poi in analisi il caso studio di un’app di mappatura collaborativa degli spazi pubblici, basata sulla percezione di insicurezza provata dalle donne nel percorrere alcune strade, che nel 2017 è stata rilanciata come buona pratica dall’amministrazione del Comune di Bologna (ma è presente su tutto il territorio italiano). Ricordando l’importanza politica delle forme di rappresentazione cartografica, il contributo propone un’analisi critica dell’app, evidenziando come rischi di contribuire ai meccanismi di autolimitazione da parte delle utenti, svuotando le strade considerate pericolose della presenza – e del presidio – delle donne stesse. Inoltre, confrontate le mappe di alcune aree della città di Roma con i dati dei reati effettivamente commessi nelle stesse, si dimostra come non ci sia una diretta corrispondenza tra la percezione della pericolo soggettiva e la pricolosità effettiva dei luoghi. Se lo slogan proposto “Wher. Mappe e città a misura di donna”, l’articolo conclude come sembri decisamente che l’app proponga alle donne come adattare i propri comportamenti per diventare a misura di città. Cita infine alcune pratiche femministe di mappatura collaborativa che si propongono invece come importanti strumenti di riappropriazione degli spazi urbani.
Città a misura di donne o donne a misura di città? La mappatura come strumento di governo e sovversione del rapporto tra sicurezza e genere / Olcuire, Serena. - (2019), pp. 85-99.
Città a misura di donne o donne a misura di città? La mappatura come strumento di governo e sovversione del rapporto tra sicurezza e genere
Serena Olcuire
2019
Abstract
Partendo da una disamina di alcune delle questioni che intrecciano i temi del genere e della sicurezza urbana, il contributo osserva come la rappresentazione della città moderna (e contemporanea) insista sui pericoli che essa rappresenta per le donne, e come questo produca il sillogismo per cui lo spazio pubblico sia minaccioso, dunque sconsigliato al genere femminile, assunto facilmente strumentalizzabile per la promozione e la messa in atto di politiche securitarie “in difesa” delle categorie considerate più vulnerabili, tra cui le donne. Si evidenzia come le campagne mediatiche che hanno accompagnato l’adozione di determinate politiche urbane abbiano suggerito la colpevolizzazione delle vittime, raccomandando un’attenta autocensura di comportamenti e spostamenti delle donne, che attuata in maniera spesso inconsapevole (per via di un’interiorizzazione dei pericoli associati a un libero attraversamento del mondo) concorre ad un significativo impoverimento dello spazio pubblico. Si prende poi in analisi il caso studio di un’app di mappatura collaborativa degli spazi pubblici, basata sulla percezione di insicurezza provata dalle donne nel percorrere alcune strade, che nel 2017 è stata rilanciata come buona pratica dall’amministrazione del Comune di Bologna (ma è presente su tutto il territorio italiano). Ricordando l’importanza politica delle forme di rappresentazione cartografica, il contributo propone un’analisi critica dell’app, evidenziando come rischi di contribuire ai meccanismi di autolimitazione da parte delle utenti, svuotando le strade considerate pericolose della presenza – e del presidio – delle donne stesse. Inoltre, confrontate le mappe di alcune aree della città di Roma con i dati dei reati effettivamente commessi nelle stesse, si dimostra come non ci sia una diretta corrispondenza tra la percezione della pericolo soggettiva e la pricolosità effettiva dei luoghi. Se lo slogan proposto “Wher. Mappe e città a misura di donna”, l’articolo conclude come sembri decisamente che l’app proponga alle donne come adattare i propri comportamenti per diventare a misura di città. Cita infine alcune pratiche femministe di mappatura collaborativa che si propongono invece come importanti strumenti di riappropriazione degli spazi urbani.File | Dimensione | Formato | |
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