In un mondo sempre più virtualizzato, la necessità di valutare per comprendere la qualità di beni e servizi digitali è fondamentale per l’evoluzione ed il progresso culturale di una società sempre più globale e interconnessa. La “New Museology” indica nuovi approcci e nuove metodologie da applicare da parte delle istituzioni che operano nella tutela del patrimonio culturale, per l’individuazione e il coinvolgimento di nuovi pubblici. Un processo in crescita, alla luce dell’impatto che la pandemia di Covid-19 ha avuto sui muesi del mondo e sulla conseguente accelerazione della digitalizzazione del patrimonio culturale. Indicazioni Nazionali, raccomandazioni Europee ed internazionali hanno suggerito e stimolato lo sviluppo di pratiche e metodi necessari per la sopravvivenza delle istituzioni culturali e per la loro estesione nello spazio virtualizzato. Se la misurazione della qualità dei musei nello spazio fisico è da sempre una questione aperta (Negri et Al., 2009) in polemica verso quei tradizionali sistemi di misurazione della performance propensi a concentrarsi principalmente sul lato economico-finanziario focalizzando su indicatori di bilancio (Kaplan e Norton, 2001) e sull’affluenza di visitatori, oggi invece, la valutazione globale della qualità e dei servizi digitali offerti dai musei che si avvalgono delle TIC nella fruizione dei contenuti è una questione tanto importante quanto discriminante nel settore culturale. La letteratura recente, per valutare le prestazioni dei musei, propone modelli di Data Envelopment Analysis (DEA) e Balanced Scorecard (BSC), che tengono conto della natura multidimensionale della performance museale (Basso et Al). Il museo odierno vede il suo spazio educativo sempre più ibrido, sempre più Phygital, dove, al di là dell’uso delle diverse tecnologie digitali impiegate nella fruizione dei contenuti culturali, sempre più performanti e spettacolarizzanti, si assiste mediante la digitalizzazione del “Cultural Heritage” alla fusione tra dimensione estetica, propria della percezione sensoriale, e la dimensione immersiva ed interattiva; fenomeno che, se da un lato può costituire un potenziamento dell’estensione percettiva, cognitiva e sinestetica, dall’altro si presenta come un’innaturale poiché artificiale inganno sensoriale, dovuto alla intrinseca manipolazione resa possibile mediante il digitale. E’ necessario allora comprendere e classificare la digitalizzazione, in carenza di indici e metodi valutativi univoci e precipui allo scopo. E’ possibile rivolgersi all’indice DESI per valutare la qualità digitale del patrimonio culturale? L’intervento proposto vuole aprire una riflessione sull’importanza di avere dei validi indicatori per valutare gli standardi qualitativi che le istituzioni deputate alla tutela, valorizzazione e diffusione del patrimonio culturale devono possedere qualora si avvalgano del digitale nella fruizione dei loro contenuti culturali e educativi. Lo scopo è considerare la possibilità di rivolgersi al DESI Index come guida per costruire indicatori validi e utili a valutare beni e servizi digitali in ambito museale e di tutela del patrimonio culturale.

Un DESI index per il museo: una riflessione per costruire indicatori utili alla valutazione del museo nello spazio digitale / Pastore, Patrizio; Fabiani., Maria. - (2022). (Intervento presentato al convegno XXIV CONGRESSO NAZIONALE Associazione Italiana Valutazione. Valutare nella complessità e promuovere il cambiamento. Quale supporto a territori e stakeholder nella riflessione e nella prassi valutativa? tenutosi a Pescara).

Un DESI index per il museo: una riflessione per costruire indicatori utili alla valutazione del museo nello spazio digitale.

Patrizio Pastore
Co-primo
;
2022

Abstract

In un mondo sempre più virtualizzato, la necessità di valutare per comprendere la qualità di beni e servizi digitali è fondamentale per l’evoluzione ed il progresso culturale di una società sempre più globale e interconnessa. La “New Museology” indica nuovi approcci e nuove metodologie da applicare da parte delle istituzioni che operano nella tutela del patrimonio culturale, per l’individuazione e il coinvolgimento di nuovi pubblici. Un processo in crescita, alla luce dell’impatto che la pandemia di Covid-19 ha avuto sui muesi del mondo e sulla conseguente accelerazione della digitalizzazione del patrimonio culturale. Indicazioni Nazionali, raccomandazioni Europee ed internazionali hanno suggerito e stimolato lo sviluppo di pratiche e metodi necessari per la sopravvivenza delle istituzioni culturali e per la loro estesione nello spazio virtualizzato. Se la misurazione della qualità dei musei nello spazio fisico è da sempre una questione aperta (Negri et Al., 2009) in polemica verso quei tradizionali sistemi di misurazione della performance propensi a concentrarsi principalmente sul lato economico-finanziario focalizzando su indicatori di bilancio (Kaplan e Norton, 2001) e sull’affluenza di visitatori, oggi invece, la valutazione globale della qualità e dei servizi digitali offerti dai musei che si avvalgono delle TIC nella fruizione dei contenuti è una questione tanto importante quanto discriminante nel settore culturale. La letteratura recente, per valutare le prestazioni dei musei, propone modelli di Data Envelopment Analysis (DEA) e Balanced Scorecard (BSC), che tengono conto della natura multidimensionale della performance museale (Basso et Al). Il museo odierno vede il suo spazio educativo sempre più ibrido, sempre più Phygital, dove, al di là dell’uso delle diverse tecnologie digitali impiegate nella fruizione dei contenuti culturali, sempre più performanti e spettacolarizzanti, si assiste mediante la digitalizzazione del “Cultural Heritage” alla fusione tra dimensione estetica, propria della percezione sensoriale, e la dimensione immersiva ed interattiva; fenomeno che, se da un lato può costituire un potenziamento dell’estensione percettiva, cognitiva e sinestetica, dall’altro si presenta come un’innaturale poiché artificiale inganno sensoriale, dovuto alla intrinseca manipolazione resa possibile mediante il digitale. E’ necessario allora comprendere e classificare la digitalizzazione, in carenza di indici e metodi valutativi univoci e precipui allo scopo. E’ possibile rivolgersi all’indice DESI per valutare la qualità digitale del patrimonio culturale? L’intervento proposto vuole aprire una riflessione sull’importanza di avere dei validi indicatori per valutare gli standardi qualitativi che le istituzioni deputate alla tutela, valorizzazione e diffusione del patrimonio culturale devono possedere qualora si avvalgano del digitale nella fruizione dei loro contenuti culturali e educativi. Lo scopo è considerare la possibilità di rivolgersi al DESI Index come guida per costruire indicatori validi e utili a valutare beni e servizi digitali in ambito museale e di tutela del patrimonio culturale.
2022
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1670470
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