Occorre soffermarsi su due parole, parole che siamo soliti leggere ed ascoltare in molti contesti e con crescente frequenza, parole tanto ripetute quanto purtroppo poco comprese: emergenza e resilienza. La prima: emergenza. Il nostro tempo ci impone l’obbligo di fare i conti con continue emergenze: dalle calamità climatiche che interessano in forme differenti il pianeta a tutte le latitudini, allo sviluppo di epidemie come la Covid 19 di cui stiamo vivendo in prima persona le drammatiche conseguenze, la Terra ci sta mandando segnali d’allarme da lungo tempo che non possiamo più ignorare. Ci troviamo dunque difronte alla necessità di ripensare il modo di abitare la Terra e di come abitarla insieme, tema, non a caso, della XVII Biennale di Architettura di Venezia . La seconda parola è resilienza. Anche il piano di recupero nazionale post-pandemia porta questa parola: Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma cosa vuol dire esattamente resilienza quando si parla di città? Resilienza deriva dal latino resilio, che significa saltare, rimbalzare, tornare indietro, indica dunque la capacità di reagire con flessibilità e prontezza all’urgenza di un accidente inatteso. Quale dunque è la forma di una città resiliente? Gianni Dominici afferma “Una città resiliente è una città che aiuta i cittadini a meglio comprendere i rischi del proprio territorio, soprattutto legati ai cambiamenti climatici, tramite la formazione e la sensibilizzazione, e a condividere le informazioni in caso di eventi minacciosi” . Perché ciò sia possibile è necessario che una città resiliente sia costituita in primis da una comunità resiliente. Secondo l’UNISDR (United Nations Office for Disaster Risk Reduction), due fattori si rivelano determinanti in termine di prevenzione e sicurezza: preparare e sensibilizzare gli individui a fronteggiare le calamità e costruire luoghi in grado di mitigare futuri disastri. Dobbiamo progettare quindi tanto città quanto popolazioni resilienti. In tal senso il contributo qui proposto, affronta il tema della ricostruzione post-sisma nei territori del cratere umbro-marchigiano, approfondito all’interno del Master di II livello Progettazione degli edifici per il culto di Sapienza Università di Roma, di cui è coordinatrice l’architetto Guendalina Salimei, per indagare possibili strategie di progettazione per la ricostruzione di territori e comunità. Questo perché, in località in cui il terremoto ha distrutto intere città, la costruzione di una chiesa è un atto di grande valore poiché fondativo, o meglio dire ri-fondativo per una cittadinanza duramente colpita da eventi traumatici.
Architettura di Impermanenza. Un progetto di chiesa temporanea nelle Marche / Fiorelli, Angela; Riciputo, Anna. - (2022).
Architettura di Impermanenza. Un progetto di chiesa temporanea nelle Marche
Angela Fiorelli
;Anna Riciputo
2022
Abstract
Occorre soffermarsi su due parole, parole che siamo soliti leggere ed ascoltare in molti contesti e con crescente frequenza, parole tanto ripetute quanto purtroppo poco comprese: emergenza e resilienza. La prima: emergenza. Il nostro tempo ci impone l’obbligo di fare i conti con continue emergenze: dalle calamità climatiche che interessano in forme differenti il pianeta a tutte le latitudini, allo sviluppo di epidemie come la Covid 19 di cui stiamo vivendo in prima persona le drammatiche conseguenze, la Terra ci sta mandando segnali d’allarme da lungo tempo che non possiamo più ignorare. Ci troviamo dunque difronte alla necessità di ripensare il modo di abitare la Terra e di come abitarla insieme, tema, non a caso, della XVII Biennale di Architettura di Venezia . La seconda parola è resilienza. Anche il piano di recupero nazionale post-pandemia porta questa parola: Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma cosa vuol dire esattamente resilienza quando si parla di città? Resilienza deriva dal latino resilio, che significa saltare, rimbalzare, tornare indietro, indica dunque la capacità di reagire con flessibilità e prontezza all’urgenza di un accidente inatteso. Quale dunque è la forma di una città resiliente? Gianni Dominici afferma “Una città resiliente è una città che aiuta i cittadini a meglio comprendere i rischi del proprio territorio, soprattutto legati ai cambiamenti climatici, tramite la formazione e la sensibilizzazione, e a condividere le informazioni in caso di eventi minacciosi” . Perché ciò sia possibile è necessario che una città resiliente sia costituita in primis da una comunità resiliente. Secondo l’UNISDR (United Nations Office for Disaster Risk Reduction), due fattori si rivelano determinanti in termine di prevenzione e sicurezza: preparare e sensibilizzare gli individui a fronteggiare le calamità e costruire luoghi in grado di mitigare futuri disastri. Dobbiamo progettare quindi tanto città quanto popolazioni resilienti. In tal senso il contributo qui proposto, affronta il tema della ricostruzione post-sisma nei territori del cratere umbro-marchigiano, approfondito all’interno del Master di II livello Progettazione degli edifici per il culto di Sapienza Università di Roma, di cui è coordinatrice l’architetto Guendalina Salimei, per indagare possibili strategie di progettazione per la ricostruzione di territori e comunità. Questo perché, in località in cui il terremoto ha distrutto intere città, la costruzione di una chiesa è un atto di grande valore poiché fondativo, o meglio dire ri-fondativo per una cittadinanza duramente colpita da eventi traumatici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.