Il rito incineratorio è attestato precocemente in Italia nord-occidentale agli inizi della media età del Bronzo da sepolture piemontesi nelle quali i resti cremati erano deposti direttamente in una fossa o in un contenitore deperibile (Vallare, BM1) e successivamente in un’urna fittile (Alessandria-C.na Chiappona, BM2 avanzato) e diventerà predominante ed esclusivo a partire dal BM3; è inoltre possibile che anche la presenza di associazioni di bronzi nel villaggio palafitticolo di Viverone (BM2 avanzato), possa essere interpretata come pertinente a corredi funerari di incinerazioni deposte in contenitore in materiale deperibile all’interno dell’abitato. La diffusione del rito incineratorio distingue l’Italia nord-occidentale dall’area nordalpina occidentale, dove è praticata l’inumazione sotto tumulo, con la quale i confronti nella metallurgia, nella parure, nel modo di combattere e nelle modalità insediative sono molto forti. Il contributo intende analizzare aspetti collegati all’uso del fuoco in relazione a forme di ritualità funeraria nelle necropoli a cremazione piemontesi dell’età del Bronzo (XIV-X secolo a.C.), mettendo in evidenza modalità, differenze e analogie nel trattamento dei resti umani, degli oggetti di corredo e delle offerte animali e vegetali deposte sul rogo. Il fuoco è, infatti, elemento essenziale della ritualità funeraria nelle necropoli a cremazione e ha interessato anche oggetti e alimenti, i cui resti con tracce evidenti del passaggio sul rogo sono stati volontariamente o meno raccolti nelle deposizioni e nelle fosse rituali dove, oltre a ossa combuste e carboni di legna (utilizzata per comporre la catasta della pira funebre), sono documentati elementi di fauna (suini, ovicaprini e avifauna), cereali/frutti/semi e preparazioni alimentari combusti, che testimoniano lo svolgimento di pratiche cultuali con rituali di offerta durante le cerimonie funebri. Tra gli oggetti di corredo, alcuni sono stati deposti sulla pira insieme al defunto mentre altri sono stati aggiunti successivamente nei cinerari e non recano tracce di esposizione al fuoco. Per alcune classi di oggetti (spilloni, bracciali, torques e armi) il passaggio sul rogo è accompagnato da forme di defunzionalizzazione (rottura e/o piegatura). L’analisi delle diverse modalità di trattamento subìte dai resti umani, dagli oggetti di corredo e dalle offerte consente di intravedere una ritualità complessa e articolata, in cui il fuoco ha un ruolo caratterizzante nell’ideologia funeraria delle comunità piemontesi della media e tarda età del Bronzo.
Fuoco, fiamme, carboni e cenere… aspetti della ritualità funeraria nelle necropoli dell’età del Bronzo in Italia nord-occidentale / Paniccia, Costanza. - (2022). (Intervento presentato al convegno XVI Incontro di Studi – Preistoria e Protostoria in Etruria “Archeologia del fuoco. La vita, la morte, i culti: una presenza costante. Ricerche e scavi tenutosi a Valentano-Saturnia).
Fuoco, fiamme, carboni e cenere… aspetti della ritualità funeraria nelle necropoli dell’età del Bronzo in Italia nord-occidentale
costanza Paniccia
2022
Abstract
Il rito incineratorio è attestato precocemente in Italia nord-occidentale agli inizi della media età del Bronzo da sepolture piemontesi nelle quali i resti cremati erano deposti direttamente in una fossa o in un contenitore deperibile (Vallare, BM1) e successivamente in un’urna fittile (Alessandria-C.na Chiappona, BM2 avanzato) e diventerà predominante ed esclusivo a partire dal BM3; è inoltre possibile che anche la presenza di associazioni di bronzi nel villaggio palafitticolo di Viverone (BM2 avanzato), possa essere interpretata come pertinente a corredi funerari di incinerazioni deposte in contenitore in materiale deperibile all’interno dell’abitato. La diffusione del rito incineratorio distingue l’Italia nord-occidentale dall’area nordalpina occidentale, dove è praticata l’inumazione sotto tumulo, con la quale i confronti nella metallurgia, nella parure, nel modo di combattere e nelle modalità insediative sono molto forti. Il contributo intende analizzare aspetti collegati all’uso del fuoco in relazione a forme di ritualità funeraria nelle necropoli a cremazione piemontesi dell’età del Bronzo (XIV-X secolo a.C.), mettendo in evidenza modalità, differenze e analogie nel trattamento dei resti umani, degli oggetti di corredo e delle offerte animali e vegetali deposte sul rogo. Il fuoco è, infatti, elemento essenziale della ritualità funeraria nelle necropoli a cremazione e ha interessato anche oggetti e alimenti, i cui resti con tracce evidenti del passaggio sul rogo sono stati volontariamente o meno raccolti nelle deposizioni e nelle fosse rituali dove, oltre a ossa combuste e carboni di legna (utilizzata per comporre la catasta della pira funebre), sono documentati elementi di fauna (suini, ovicaprini e avifauna), cereali/frutti/semi e preparazioni alimentari combusti, che testimoniano lo svolgimento di pratiche cultuali con rituali di offerta durante le cerimonie funebri. Tra gli oggetti di corredo, alcuni sono stati deposti sulla pira insieme al defunto mentre altri sono stati aggiunti successivamente nei cinerari e non recano tracce di esposizione al fuoco. Per alcune classi di oggetti (spilloni, bracciali, torques e armi) il passaggio sul rogo è accompagnato da forme di defunzionalizzazione (rottura e/o piegatura). L’analisi delle diverse modalità di trattamento subìte dai resti umani, dagli oggetti di corredo e dalle offerte consente di intravedere una ritualità complessa e articolata, in cui il fuoco ha un ruolo caratterizzante nell’ideologia funeraria delle comunità piemontesi della media e tarda età del Bronzo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.