Il nesso tra conoscenza e azione pubblica è uno dei vettori fondamentali dell’evoluzione delle forme di esercizio del potere politico e delle tecniche di governo delle società moderne e contemporanee. Sino dagli anni ’60 del Novecento, varie ondate di studi sociologici rivolti al più circoscritto nesso scienza-politica hanno indagato le mutevoli configurazioni del rapporto tra esperti e decisori pubblici (Maasen & Weingart 2005; Brown 2009). Pur nella pluralità di prospettive analitiche, queste riflessioni si muovono in un campo delimitato da alcune coordinate concettuali di fondo: il rapporto dialettico tra scientizzazione della politica e politicizzazione dell’expertise (Weingart 1999; Caselli 2020); il continuum tra democratizzazione della scienza e tecnicizzazione dell’establishment (Weingart 1982; Holst & Molander 2021); il problema delle logiche e delle procedure di scelta (tra powering e puzzling) e della legittimità delle decisioni assunte vis-à-vis nei modelli tradizionali di democrazia rappresentativa (Wesselink & Hoppe 2011; Wesselink et al. 2013; Straßheim 2015). L’inclusione nel processo di policymaking di attori esterni ai rapporti di rappresentanza politica (individui, associazioni, imprese, think tanks, università, ecc.) è un secondo vettore fondamentale di trasformazione, che produce innovazioni continue dei modi di governance delle politiche pubbliche (Newman et al. 2004; Fischer 2012). La vasta letteratura sul processo che, a partire dagli anni ’90, ha portato all’istituzionalizzazione delle “nuove” forme di partecipazione politica (cfr. inter alia Dryzek 2000; Pateman 2012) ci consegna una rappresentazione tipica dell’insieme eterogeneo di pratiche partecipative come iniziative top-down, a basso contenuto ideologico e conflittualità, prevalentemente orientate al problem solving e organizzate da esperti e facilitatori dotati delle competenze tecniche utili per il loro design e realizzazione (Sintomer & De Maillard 2007; Moini 2012). Lo studio si interroga sui punti di contatto tra questi due vettori di cambiamento, seguendo una traiettoria di ricerca che è grandemente debitrice degli approcci interpretativi all’analisi dei processi di policymaking inclusivo e del rapporto tra expertise e politiche (cfr. inter alia Hisschemöller 2005; Fischer 2009). Il campo di indagine selezionato è il dominio, in continua espansione, delle politiche per lo sviluppo sostenibile. Si tratta di una scelta che si allinea con un interesse ben consolidato in letteratura per il ruolo della comunità scientifica, e dei saperi esperti più in generale, nell’orientare le decisioni pubbliche riguardo le molteplici crisi socio-ecologiche causate dall’azione umana (cfr. inter alia Haas 1992; Ingram et al. 1992; Bäckstrand 2003; Pellizzoni 2011; Machin & Smith 2014; Wyborn et al. 2019). D’altronde il campo di policy della sostenibilità può essere considerato un terreno di sperimentazione per la progressiva formalizzazione delle pratiche di policymaking inclusivo. Ciò è testimoniato dall’esperienza negli anni ’90 delle cosiddette “Agende 21 locali”, legate al coinvolgimento della società civile, delle organizzazioni no-profit e for-profit, e la centralità delle piattaforme multi-stakeholder nella formazione e valutazione delle politiche legate all’Agenda 2030. L’Agenda 2030 ha reso l’inclusione nel policymaking e della partnership con tutti gli stakeholder obiettivi espliciti della transizione sostenibile (SDG 16.7 e 17.16) (Moini & Esposto 2021). La ricerca analizza un caso di studio legato all'attuazione dell’Agenda 2030 in Italia: il Forum per lo Sviluppo Sostenibile. Il Forum è stato attivato nel marzo del 2019 con l’obiettivo di contribuire al processo di revisione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS), il quadro nazionale di indirizzo per l’attuazione degli obiettivi dell’Agenda 2030. La revisione della SNSvS si è sviluppata attraverso il coinvolgimento di attori non-governativi secondo il modello della Multi-stakeholder platform on SDGs della Commissione Europea. Il Forum è un’importante arena partecipativa a cui hanno preso parte i rappresentanti di circa 200 organizzazioni, non solo della società civile organizzata ma anche del settore privato, della ricerca, della filantropia, ecc. Il compito di supportare la revisione della SNSvS si è realizzato attraverso una serie di tasks marcatamente cognitivi, come la produzione di position paper, documenti di indirizzo, report tematici (e.g. glossario della sostenibilità). Il processo di engagement del Forum, sviluppando capacità ideazionali significative, ha permesso una sintesi tra conoscenze e preferenze tra loro anche molto distanti. A ciascun partecipante è stato richiesto un importante investimento di risorse cognitive nelle attività di co-produzione degli output del Forum. Conoscenze e competenze sono divenute elementi caratterizzanti le interazioni tra gli aderenti, e tra questi e gli interlocutori istituzionali, rappresentando una fonte di legittimazione e di mediazione anche per attori che non ricadevano nella tradizionale definizione di sapere esperto. Muovendo dall’esame del caso – e in particolare l’analisi degli artefatti prodotti dai partecipanti e delle interviste realizzate dagli scriventi in qualità di membri del gruppo di supporto scientifico ai lavori del Forum – la ricerca intende discutere come questa arena ibrida di raccolta e consultazione di expertise (Krick 2015) permetta di descrivere configurazioni nuove (Hoppe 2005) delle demarcazioni tra esperti e stakeholder, e tra obiettivi conoscitivi e obiettivi politici dei processi di policymaking inclusivo.

Quali esperti? gli attori non governativi e il processo partecipativo di revisione della Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile / Esposto, Edoardo; Nupieri, Tiziana; Santos, Stella. - (2022). (Intervento presentato al convegno XV Conferenza ESPAnet Italia tenutosi a La sfida del PNRR. La ricostruzione del welfare e le dinamiche della complessità).

Quali esperti? gli attori non governativi e il processo partecipativo di revisione della Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile

Edoardo Esposto
;
Tiziana Nupieri
;
Stella Santos
2022

Abstract

Il nesso tra conoscenza e azione pubblica è uno dei vettori fondamentali dell’evoluzione delle forme di esercizio del potere politico e delle tecniche di governo delle società moderne e contemporanee. Sino dagli anni ’60 del Novecento, varie ondate di studi sociologici rivolti al più circoscritto nesso scienza-politica hanno indagato le mutevoli configurazioni del rapporto tra esperti e decisori pubblici (Maasen & Weingart 2005; Brown 2009). Pur nella pluralità di prospettive analitiche, queste riflessioni si muovono in un campo delimitato da alcune coordinate concettuali di fondo: il rapporto dialettico tra scientizzazione della politica e politicizzazione dell’expertise (Weingart 1999; Caselli 2020); il continuum tra democratizzazione della scienza e tecnicizzazione dell’establishment (Weingart 1982; Holst & Molander 2021); il problema delle logiche e delle procedure di scelta (tra powering e puzzling) e della legittimità delle decisioni assunte vis-à-vis nei modelli tradizionali di democrazia rappresentativa (Wesselink & Hoppe 2011; Wesselink et al. 2013; Straßheim 2015). L’inclusione nel processo di policymaking di attori esterni ai rapporti di rappresentanza politica (individui, associazioni, imprese, think tanks, università, ecc.) è un secondo vettore fondamentale di trasformazione, che produce innovazioni continue dei modi di governance delle politiche pubbliche (Newman et al. 2004; Fischer 2012). La vasta letteratura sul processo che, a partire dagli anni ’90, ha portato all’istituzionalizzazione delle “nuove” forme di partecipazione politica (cfr. inter alia Dryzek 2000; Pateman 2012) ci consegna una rappresentazione tipica dell’insieme eterogeneo di pratiche partecipative come iniziative top-down, a basso contenuto ideologico e conflittualità, prevalentemente orientate al problem solving e organizzate da esperti e facilitatori dotati delle competenze tecniche utili per il loro design e realizzazione (Sintomer & De Maillard 2007; Moini 2012). Lo studio si interroga sui punti di contatto tra questi due vettori di cambiamento, seguendo una traiettoria di ricerca che è grandemente debitrice degli approcci interpretativi all’analisi dei processi di policymaking inclusivo e del rapporto tra expertise e politiche (cfr. inter alia Hisschemöller 2005; Fischer 2009). Il campo di indagine selezionato è il dominio, in continua espansione, delle politiche per lo sviluppo sostenibile. Si tratta di una scelta che si allinea con un interesse ben consolidato in letteratura per il ruolo della comunità scientifica, e dei saperi esperti più in generale, nell’orientare le decisioni pubbliche riguardo le molteplici crisi socio-ecologiche causate dall’azione umana (cfr. inter alia Haas 1992; Ingram et al. 1992; Bäckstrand 2003; Pellizzoni 2011; Machin & Smith 2014; Wyborn et al. 2019). D’altronde il campo di policy della sostenibilità può essere considerato un terreno di sperimentazione per la progressiva formalizzazione delle pratiche di policymaking inclusivo. Ciò è testimoniato dall’esperienza negli anni ’90 delle cosiddette “Agende 21 locali”, legate al coinvolgimento della società civile, delle organizzazioni no-profit e for-profit, e la centralità delle piattaforme multi-stakeholder nella formazione e valutazione delle politiche legate all’Agenda 2030. L’Agenda 2030 ha reso l’inclusione nel policymaking e della partnership con tutti gli stakeholder obiettivi espliciti della transizione sostenibile (SDG 16.7 e 17.16) (Moini & Esposto 2021). La ricerca analizza un caso di studio legato all'attuazione dell’Agenda 2030 in Italia: il Forum per lo Sviluppo Sostenibile. Il Forum è stato attivato nel marzo del 2019 con l’obiettivo di contribuire al processo di revisione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS), il quadro nazionale di indirizzo per l’attuazione degli obiettivi dell’Agenda 2030. La revisione della SNSvS si è sviluppata attraverso il coinvolgimento di attori non-governativi secondo il modello della Multi-stakeholder platform on SDGs della Commissione Europea. Il Forum è un’importante arena partecipativa a cui hanno preso parte i rappresentanti di circa 200 organizzazioni, non solo della società civile organizzata ma anche del settore privato, della ricerca, della filantropia, ecc. Il compito di supportare la revisione della SNSvS si è realizzato attraverso una serie di tasks marcatamente cognitivi, come la produzione di position paper, documenti di indirizzo, report tematici (e.g. glossario della sostenibilità). Il processo di engagement del Forum, sviluppando capacità ideazionali significative, ha permesso una sintesi tra conoscenze e preferenze tra loro anche molto distanti. A ciascun partecipante è stato richiesto un importante investimento di risorse cognitive nelle attività di co-produzione degli output del Forum. Conoscenze e competenze sono divenute elementi caratterizzanti le interazioni tra gli aderenti, e tra questi e gli interlocutori istituzionali, rappresentando una fonte di legittimazione e di mediazione anche per attori che non ricadevano nella tradizionale definizione di sapere esperto. Muovendo dall’esame del caso – e in particolare l’analisi degli artefatti prodotti dai partecipanti e delle interviste realizzate dagli scriventi in qualità di membri del gruppo di supporto scientifico ai lavori del Forum – la ricerca intende discutere come questa arena ibrida di raccolta e consultazione di expertise (Krick 2015) permetta di descrivere configurazioni nuove (Hoppe 2005) delle demarcazioni tra esperti e stakeholder, e tra obiettivi conoscitivi e obiettivi politici dei processi di policymaking inclusivo.
2022
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1665125
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