Tra il 1962 e il 1965 il ricalco di immagini fotografiche, il collage e il riporto su tela emulsionata, benché declinati secondo differenti soluzioni, formano un terreno di sperimentazione largamente condiviso dagli artisti della Giovane Scuola di Roma. Nell’arco di circa tre anni questi artisti conducono infatti ricerche in cui il rapporto con il mondo, con la storia dell’arte e con le icone della contemporaneità è mediato dall’assunzione di uno sguardo fotografico che distanzia le cose e le trasforma in simulacri. Le ragioni sono molteplici: nella scelta entrano infatti in gioco il rifiuto della distinzione modernista tra “alto” e “basso” e il desiderio di attingere all’iconografia popolare; la negazione dell’atto pittorico come espressione di una personalità unica e originale; l’attenzione per le implicazioni estetiche e sociali della cultura di massa attorno a cui ruota il dibattito teorico dell’epoca; l’esigenza di comprendere come i moderni strumenti tecnologici modifichino la percezione e lo sguardo sul reale. In questo contesto s'inserisce l'opera di Cesare Tacchi analizzata nel presente contributo, che mira a mettere in luce le relazioni tra pittura e fotografia nella sua sperimentazione della prima metà degli anni Sessanta.
“L’occhio-obiettivo” della Giovane Scuola di Roma: note su arte e fotografia tra il 1962 e il 1965 / Perna, Raffaella. - (2021), pp. 107-115. [10.13133/9788893771733].
“L’occhio-obiettivo” della Giovane Scuola di Roma: note su arte e fotografia tra il 1962 e il 1965
Perna, Raffaella
2021
Abstract
Tra il 1962 e il 1965 il ricalco di immagini fotografiche, il collage e il riporto su tela emulsionata, benché declinati secondo differenti soluzioni, formano un terreno di sperimentazione largamente condiviso dagli artisti della Giovane Scuola di Roma. Nell’arco di circa tre anni questi artisti conducono infatti ricerche in cui il rapporto con il mondo, con la storia dell’arte e con le icone della contemporaneità è mediato dall’assunzione di uno sguardo fotografico che distanzia le cose e le trasforma in simulacri. Le ragioni sono molteplici: nella scelta entrano infatti in gioco il rifiuto della distinzione modernista tra “alto” e “basso” e il desiderio di attingere all’iconografia popolare; la negazione dell’atto pittorico come espressione di una personalità unica e originale; l’attenzione per le implicazioni estetiche e sociali della cultura di massa attorno a cui ruota il dibattito teorico dell’epoca; l’esigenza di comprendere come i moderni strumenti tecnologici modifichino la percezione e lo sguardo sul reale. In questo contesto s'inserisce l'opera di Cesare Tacchi analizzata nel presente contributo, che mira a mettere in luce le relazioni tra pittura e fotografia nella sua sperimentazione della prima metà degli anni Sessanta.File | Dimensione | Formato | |
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