Nella tesi di laurea le figure femminili sono scelte come un possibile percorso di lettura della produzione di un autore che, per sua stessa ammissione, procede più per «accumulazione che per conversione e rinnegamenti» nella ferma intenzione di indagare condizioni universali. Esse pertanto incarnano l’autre con cui ogni individuo è chiamato a confrontarsi nel corso della sua esistenza. Nell’evoluzione della produzione calviniana si nota che le figure femminili diminuiscono progressivamente dal punto di vista quantitativo; acquistano forme sempre più varie (attinte dalla tradizione letteraria e dalle fiabe popolari, dai miti classici e dalle più recenti scoperte scientifico-tecnologiche) e sempre più simboliche, fino a diventare inafferrabili da parte del deuteragonista maschile; a volte perdono consistenza e, piuttosto che incarnarsi in personaggi narrativi, offrono un vasto campo di suggestioni e memorie che la fantasia di Calvino applica alle realtà più diverse (la cellula, la luna, la città, la biblioteca…). Eppure le caratteristiche del femminile rimangono riconoscibili: le donne hanno una conoscenza intuitiva del reale; percepiscono la difficoltà dell’esistenza e si preoccupano di risolverla caso per caso, in una vaga consapevolezza di non poter trovare una soluzione definitiva al male di vivere. A loro si contrappongono i protagonisti maschili che aspirano ad una visione più speculativa ed universale della realtà; essi sono sempre alla ricerca di modelli interpretativi generali e sperimentano che questa ricerca è destinata allo scacco. Quale di questi due comportamenti si può considerare vincente nell’esistenza? Se la risposta è da trovare nell’ultima opera completa dello scrittore, il romanzo Palomar, si deve concludere che essa non c’è. Il protagonista infatti sembra racchiudere in sé caratteri del maschile (l’attitudine alla speculazione astratta) e del femminile (l’attenzione al dettaglio), così come Calvino li ha definiti nel corso della sua riflessione. Lo scrittore conferma di avere da sempre una concezione dell’individuo che Vittorio Spinazzola ha definito «umanistica»: l’uomo è un essere totale, che scopre e ammette di essere dibattuto da pulsioni opposte e che punta la maturità del suo sviluppo sulla ricerca di una direzione equilibrata di queste molteplici forze. La difficoltà del vivere consiste nel conciliare lacerazioni e fratture con la propria vocazione all’unità. L’analisi dei caratteri e delle funzioni dei personaggi femminili ne è una conferma.
Le figure femminili in Italo Calvino: caratteri e funzioni / Santacroce, Daniela. - (1997), pp. 143-163.
Le figure femminili in Italo Calvino: caratteri e funzioni
Daniela Santacroce
Primo
1997
Abstract
Nella tesi di laurea le figure femminili sono scelte come un possibile percorso di lettura della produzione di un autore che, per sua stessa ammissione, procede più per «accumulazione che per conversione e rinnegamenti» nella ferma intenzione di indagare condizioni universali. Esse pertanto incarnano l’autre con cui ogni individuo è chiamato a confrontarsi nel corso della sua esistenza. Nell’evoluzione della produzione calviniana si nota che le figure femminili diminuiscono progressivamente dal punto di vista quantitativo; acquistano forme sempre più varie (attinte dalla tradizione letteraria e dalle fiabe popolari, dai miti classici e dalle più recenti scoperte scientifico-tecnologiche) e sempre più simboliche, fino a diventare inafferrabili da parte del deuteragonista maschile; a volte perdono consistenza e, piuttosto che incarnarsi in personaggi narrativi, offrono un vasto campo di suggestioni e memorie che la fantasia di Calvino applica alle realtà più diverse (la cellula, la luna, la città, la biblioteca…). Eppure le caratteristiche del femminile rimangono riconoscibili: le donne hanno una conoscenza intuitiva del reale; percepiscono la difficoltà dell’esistenza e si preoccupano di risolverla caso per caso, in una vaga consapevolezza di non poter trovare una soluzione definitiva al male di vivere. A loro si contrappongono i protagonisti maschili che aspirano ad una visione più speculativa ed universale della realtà; essi sono sempre alla ricerca di modelli interpretativi generali e sperimentano che questa ricerca è destinata allo scacco. Quale di questi due comportamenti si può considerare vincente nell’esistenza? Se la risposta è da trovare nell’ultima opera completa dello scrittore, il romanzo Palomar, si deve concludere che essa non c’è. Il protagonista infatti sembra racchiudere in sé caratteri del maschile (l’attitudine alla speculazione astratta) e del femminile (l’attenzione al dettaglio), così come Calvino li ha definiti nel corso della sua riflessione. Lo scrittore conferma di avere da sempre una concezione dell’individuo che Vittorio Spinazzola ha definito «umanistica»: l’uomo è un essere totale, che scopre e ammette di essere dibattuto da pulsioni opposte e che punta la maturità del suo sviluppo sulla ricerca di una direzione equilibrata di queste molteplici forze. La difficoltà del vivere consiste nel conciliare lacerazioni e fratture con la propria vocazione all’unità. L’analisi dei caratteri e delle funzioni dei personaggi femminili ne è una conferma.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.