Il trittico di Alba Fucens costituisce un punto d’osservazione privilegiato per approfondire i rapporti e gli scambi intercorsi nel tardo Medioevo tra la miniatura e le altre arti. L’opera si presenta – nonostante le sue ridotte dimensioni – come una macchina straordinariamente complessa, che combina una pluralità di materiali e di tecniche (bassorilievo ligneo dipinto, lamine d’argento sbalzate, filigrane con perle, gemme e pietre dure, micropitture a tempera su foglia d’oro, miniature su pergamena sotto cristallo di rocca). Nella letteratura storico-artistica il trittico è stato sempre oggetto di valutazioni divergenti. Molti studiosi, a partire da P. Toesca, lo hanno ritenuto un prodotto dell’arte veneziana del XIII o del XIV secolo importato ab antiquo in Abruzzo; altri, invece, un’opera di origine abruzzese o umbro-abruzzese ascrivibile alla metà del Trecento (É. Bertaux, F. Hermanin, E.B. Garrison) oppure un manufatto di bottega campana della prima metà del XIV secolo (A. Lipinsky). La linea di lettura ‘autoctona’ è stata rilanciata di recente da A. Tomei, che ha suggerito un’attribuzione a «un centro ancora da identificare dell’Abruzzo angioino», invocando confronti sia con la scultura lignea sia con la miniatura della regione verso la metà del Trecento. In questo contributo la vexata quaestio viene riesaminata con osservazioni stilistiche e iconografiche che inducono a confermare l’origine dell’opera in una bottega lagunare degli anni Settanta del XIII secolo. In questa direzione orientano gli stretti legami formali di alcune scenette evangeliche di Alba Fucens con quelle presenti in un manufatto veneziano dello stesso periodo, il dittico di Chilandar sul Monte Athos. L’attribuzione a Venezia viene corroborata inoltre da un dettaglio iconografico passato finora inosservato: la minuscola scena sotto cristallo con Noè che fa uscire la colomba dall’arca, posta a sinistra sopra all’Adorazione dei Magi. L’immagine biblica segue fedelmente l’antica recensione che fa capo al codice paleobizantino della Genesi Cotton, l’illustre modello al quale si ispirarono i mosaicisti del XIII secolo attivi nell’atrio di San Marco. La forma dell’arca nel trittico è infatti la stessa che era presente nelle miniature del celebre manoscritto e che possiamo vedere riprodotta in grande scala sulle volte della basilica marciana.

L’arca di Noè. Noterella sul trittico di Alba Fucens / Iacobini, Antonio. - (2022), pp. 129-134. - ATTI E CONVEGNI.

L’arca di Noè. Noterella sul trittico di Alba Fucens

Iacobini, Antonio
2022

Abstract

Il trittico di Alba Fucens costituisce un punto d’osservazione privilegiato per approfondire i rapporti e gli scambi intercorsi nel tardo Medioevo tra la miniatura e le altre arti. L’opera si presenta – nonostante le sue ridotte dimensioni – come una macchina straordinariamente complessa, che combina una pluralità di materiali e di tecniche (bassorilievo ligneo dipinto, lamine d’argento sbalzate, filigrane con perle, gemme e pietre dure, micropitture a tempera su foglia d’oro, miniature su pergamena sotto cristallo di rocca). Nella letteratura storico-artistica il trittico è stato sempre oggetto di valutazioni divergenti. Molti studiosi, a partire da P. Toesca, lo hanno ritenuto un prodotto dell’arte veneziana del XIII o del XIV secolo importato ab antiquo in Abruzzo; altri, invece, un’opera di origine abruzzese o umbro-abruzzese ascrivibile alla metà del Trecento (É. Bertaux, F. Hermanin, E.B. Garrison) oppure un manufatto di bottega campana della prima metà del XIV secolo (A. Lipinsky). La linea di lettura ‘autoctona’ è stata rilanciata di recente da A. Tomei, che ha suggerito un’attribuzione a «un centro ancora da identificare dell’Abruzzo angioino», invocando confronti sia con la scultura lignea sia con la miniatura della regione verso la metà del Trecento. In questo contributo la vexata quaestio viene riesaminata con osservazioni stilistiche e iconografiche che inducono a confermare l’origine dell’opera in una bottega lagunare degli anni Settanta del XIII secolo. In questa direzione orientano gli stretti legami formali di alcune scenette evangeliche di Alba Fucens con quelle presenti in un manufatto veneziano dello stesso periodo, il dittico di Chilandar sul Monte Athos. L’attribuzione a Venezia viene corroborata inoltre da un dettaglio iconografico passato finora inosservato: la minuscola scena sotto cristallo con Noè che fa uscire la colomba dall’arca, posta a sinistra sopra all’Adorazione dei Magi. L’immagine biblica segue fedelmente l’antica recensione che fa capo al codice paleobizantino della Genesi Cotton, l’illustre modello al quale si ispirarono i mosaicisti del XIII secolo attivi nell’atrio di San Marco. La forma dell’arca nel trittico è infatti la stessa che era presente nelle miniature del celebre manoscritto e che possiamo vedere riprodotta in grande scala sulle volte della basilica marciana.
2022
Il Bello, l’Idea e la Forma. Studi in onore di Maria Concetta Di Natale, II
978-88-5509-399-6
Alba Fucens; trittico; Venezia; Abruzzo; pittura; miniatura; cristallo; oreficeria; Arca di Noè; Genesi Cotton
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
L’arca di Noè. Noterella sul trittico di Alba Fucens / Iacobini, Antonio. - (2022), pp. 129-134. - ATTI E CONVEGNI.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1662797
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