L’articolo esamina il grande impatto che ebbe su Roma l’attività di Arnolfo di Cambio. Anche se le opere romane sicuramente attribuibili all’artista e tuttora conservate sono posteriori al 1282, anno di morte del cardinal Guglielmo de Braye per il quale Arnolfo realizzò un monumento funebre in S. Domenico a Orvieto, è probabile (come suggeriscono i documenti per la fontana in pede platee di Perugia) che già intorno alla metà degli anni settanta l’artista toscano risiedesse nell’Urbe. Le sue realizzazioni – dal ciborio di S. Paolo f.l.m. (1285) al monumento funebre di Riccardo Annibaldi in S. Giovanni in Laterano (1289), dalla cappella del Presepe in S. Maria Maggiore (1291) al ciborio di S. Cecilia in Trastevere (1293), dal sacello di Bonifacio VIII in S. Pietro (1296), in cui era forse inserito anche il busto del pontefice, al S. Pietro bronzeo della basilica vaticana – costituiscono un complesso imponente, dal quale è possibile ricostruire un percorso in continua evoluzione, che fonde le tecniche operative “cosmatesche” e le tradizioni della cultura romana con le suggestioni dei più aggiornati modelli gotici francesi, e, recuperando il patrimonio “ideale” dell’antico, approda a un proprio personalissimo stile che già sembra preludere al Rinascimento. Quando Arnolfo parte dall’Urbe lascia un messaggio potentemente innovativo che avrebbe certamente dato molti frutti se l’esilio avignonese non avesse bruscamente interrotto il nuovo corso dell’arte romana.
Arnolfo e la nuova Roma gotica / D'Achille, Anna Maria. - (2022), pp. 131-140.
Arnolfo e la nuova Roma gotica
D'Achille, Anna Maria
2022
Abstract
L’articolo esamina il grande impatto che ebbe su Roma l’attività di Arnolfo di Cambio. Anche se le opere romane sicuramente attribuibili all’artista e tuttora conservate sono posteriori al 1282, anno di morte del cardinal Guglielmo de Braye per il quale Arnolfo realizzò un monumento funebre in S. Domenico a Orvieto, è probabile (come suggeriscono i documenti per la fontana in pede platee di Perugia) che già intorno alla metà degli anni settanta l’artista toscano risiedesse nell’Urbe. Le sue realizzazioni – dal ciborio di S. Paolo f.l.m. (1285) al monumento funebre di Riccardo Annibaldi in S. Giovanni in Laterano (1289), dalla cappella del Presepe in S. Maria Maggiore (1291) al ciborio di S. Cecilia in Trastevere (1293), dal sacello di Bonifacio VIII in S. Pietro (1296), in cui era forse inserito anche il busto del pontefice, al S. Pietro bronzeo della basilica vaticana – costituiscono un complesso imponente, dal quale è possibile ricostruire un percorso in continua evoluzione, che fonde le tecniche operative “cosmatesche” e le tradizioni della cultura romana con le suggestioni dei più aggiornati modelli gotici francesi, e, recuperando il patrimonio “ideale” dell’antico, approda a un proprio personalissimo stile che già sembra preludere al Rinascimento. Quando Arnolfo parte dall’Urbe lascia un messaggio potentemente innovativo che avrebbe certamente dato molti frutti se l’esilio avignonese non avesse bruscamente interrotto il nuovo corso dell’arte romana.File | Dimensione | Formato | |
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