«La marque de l'écrivain n'est plus que la singularité de son absence; il lui faut tenir le rôle du mort dans le jeu de l'écriture» (Foucault 1969). Per esercitare del tutto la propria funzione, l’autore deve morire: il suo silenzio assurge a inimitabile pratica discorsiva. La fisionomia autoriale ottiene così una connotazione spettrale, in bilico tra la vita e la morte, la presenza e l’assenza: rintracciarne l’attività diventa un vero e proprio ghostbusting o, meglio, un’«hauntology» per come l’hanno brillantemente definita Derrida e Fisher. Questo intervento mira a delineare la figura concettuale dell’“autore assente” attraverso un’analisi comparata di The Ghost Writer (1979) di Philip Roth, Lo stadio di Wimbledon (1983) di Daniele Del Giudice e Mao II (1991) di Don DeLillo. Le suddette opere sono accomunate da una trama similare che concerne la ricerca di un autore allontanatosi dalla comunità, alieno e invisibile, affrontando il problema dell’identità autoriale secondo tre diverse prospettive – ontologica nel primo caso, logico-espressiva nel secondo, sociopolitica nel terzo. Amy Bellette/ Anna Frank offre al neofita Nathan Zuckerman un apprendistato relativo alla demarcazione tra fatto e controfatto, dimostrando come la figura autoriale debba destreggiarsi tra le due frontiere. Bobi Bazlen è proverbialmente conosciuto come lo scrittore che ha deciso di non scrivere, e dietro questa sua scelta si cela un’intenzione poetica che ha a che fare con l’esclusività della rappresentazione narrativa. La fotografa Brita Olsen è colpevole di aver mercificato Bill Gray neutralizzando quell’assenza che sembra così essenziale per la riuscita dell’atto diegetico: l’immagine dell’autore viene trasfigurata in un’istanza mediatica pari agli attentati terroristici.
Tre personaggi in cerca d'Autore. Spettralità autoriali in The Ghost Writer, Lo stadio di Wimbledon e Mao II / Baratta, Aldo. - (2022). (Intervento presentato al convegno Convegno annuale Compalit 2022 tenutosi a L'Aquila, Italia).
Tre personaggi in cerca d'Autore. Spettralità autoriali in The Ghost Writer, Lo stadio di Wimbledon e Mao II
Aldo Baratta
2022
Abstract
«La marque de l'écrivain n'est plus que la singularité de son absence; il lui faut tenir le rôle du mort dans le jeu de l'écriture» (Foucault 1969). Per esercitare del tutto la propria funzione, l’autore deve morire: il suo silenzio assurge a inimitabile pratica discorsiva. La fisionomia autoriale ottiene così una connotazione spettrale, in bilico tra la vita e la morte, la presenza e l’assenza: rintracciarne l’attività diventa un vero e proprio ghostbusting o, meglio, un’«hauntology» per come l’hanno brillantemente definita Derrida e Fisher. Questo intervento mira a delineare la figura concettuale dell’“autore assente” attraverso un’analisi comparata di The Ghost Writer (1979) di Philip Roth, Lo stadio di Wimbledon (1983) di Daniele Del Giudice e Mao II (1991) di Don DeLillo. Le suddette opere sono accomunate da una trama similare che concerne la ricerca di un autore allontanatosi dalla comunità, alieno e invisibile, affrontando il problema dell’identità autoriale secondo tre diverse prospettive – ontologica nel primo caso, logico-espressiva nel secondo, sociopolitica nel terzo. Amy Bellette/ Anna Frank offre al neofita Nathan Zuckerman un apprendistato relativo alla demarcazione tra fatto e controfatto, dimostrando come la figura autoriale debba destreggiarsi tra le due frontiere. Bobi Bazlen è proverbialmente conosciuto come lo scrittore che ha deciso di non scrivere, e dietro questa sua scelta si cela un’intenzione poetica che ha a che fare con l’esclusività della rappresentazione narrativa. La fotografa Brita Olsen è colpevole di aver mercificato Bill Gray neutralizzando quell’assenza che sembra così essenziale per la riuscita dell’atto diegetico: l’immagine dell’autore viene trasfigurata in un’istanza mediatica pari agli attentati terroristici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.