Esiste, secondo Daniele Del Giudice, un «pregiudizio romantico e spiritualista» secondo il quale«uno che scrive non deve avere alcun rapporto con la materia, non deve neppure sapere come si chiude la macchina del caffè, deve essere lontano dalla materia perché la materia è distante dallo spirito» (Del Giudice 2013). A suo dire, la letteratura non sarebbe stata in grado di adeguarsi alle numerose rivoluzioni tecnologiche e scientifiche che hanno stravolto il quadro epistemico di fine millennio, vittima di un’afasia che l’ha costretta all’autoreferenzialità e al pastiche postmoderni. Al contrario, ad ogni «paradigm shift» (Kuhn 1969) dovrebbe corrispondere un analogo rinnovamento delle pratiche linguistiche: quando la percezione del mondo cambia in seguito ad un ampliamento o ad una deviazione delle conoscenze, il linguaggio dovrebbe adattarsi garantendo una retorica capace di tradurre in parole cose e idee inedite. Ciò che occorre è insomma una lingua capace di raffigurare gli inediti connotati che la dimensione materica ha ottenuto grazie all’evoluzione tecnica, in uno stile che attraverso un corredo figurale congruo possa esprimere contingenze prima inconcepibili. Si tratta dello stesso proposito evocato da DeLillo nei termini di una «physics of language» (DeLillo 1997), ovvero di un linguaggio narrativo che diventa esso stesso struttura intima del mondo. La chimica, la fisica e la biologia degli ultimi decenni ci hanno offerto una visione del mondo estremamente più dettagliata rispetto a quella che avevamo, innescando un sovvertimento epistemico del quale forse non sono state ancora comprese le potenzialità; la materia è cambiata, ha assunto nuove forme – le aggiunte alla tavola periodica –, sancito nuove leggi – i dettami della meccanica quantistica – e avanzato nuove prospettive – il Posthuman e l’ingegneria genetica. Tutto ciò deve essere inscenato a livello linguistico e rappresentato tramite l’utilizzo di nuove parole e nuove retoriche, scongiurando il pregiudizio temuto da Del Giudice. Questo intervento si pone come obiettivo quello di indagare i prontuari stilistici di tre opere strutturalmente votate alla riproduzione narrativa della materia, ciascuna imbevuta di una specifica disciplina tecnica e dei conseguenti risvolti gnoseologici: Il sistema periodico (1975) di Primo Levi – chimica –, Atlante occidentale (1985) di Daniele Del Giudice – fisica – e Zero K (2016) di Don DeLillo – biologia. La scienza si fa forma: la chimica rimodella la lingua in una scrittura precisa e nitida che assurge a dispositivo politico in contrasto all’astrazione della propaganda fascista; la fisica sconvolge la consueta sintassi temporale del romanzo messa in crisi dalle scoperte della meccanica quantistica; la biologia favorisce l’uso di particolari figure elocutive – una su tutti, la tautologia – davanti all’urgenza di un linguaggio dedito alla comunicazione tra nuove manifestazioni dell’umano.
La scienza si fa forma. Lo stile materico nella chimica di Levi, nella fisica di Del Giudice e nella biologia di DeLillo / Baratta, Aldo. - (2022). (Intervento presentato al convegno Evoluzione e tecnica: una questione aperta tenutosi a Palermo, Italia).
La scienza si fa forma. Lo stile materico nella chimica di Levi, nella fisica di Del Giudice e nella biologia di DeLillo
Aldo Baratta
2022
Abstract
Esiste, secondo Daniele Del Giudice, un «pregiudizio romantico e spiritualista» secondo il quale«uno che scrive non deve avere alcun rapporto con la materia, non deve neppure sapere come si chiude la macchina del caffè, deve essere lontano dalla materia perché la materia è distante dallo spirito» (Del Giudice 2013). A suo dire, la letteratura non sarebbe stata in grado di adeguarsi alle numerose rivoluzioni tecnologiche e scientifiche che hanno stravolto il quadro epistemico di fine millennio, vittima di un’afasia che l’ha costretta all’autoreferenzialità e al pastiche postmoderni. Al contrario, ad ogni «paradigm shift» (Kuhn 1969) dovrebbe corrispondere un analogo rinnovamento delle pratiche linguistiche: quando la percezione del mondo cambia in seguito ad un ampliamento o ad una deviazione delle conoscenze, il linguaggio dovrebbe adattarsi garantendo una retorica capace di tradurre in parole cose e idee inedite. Ciò che occorre è insomma una lingua capace di raffigurare gli inediti connotati che la dimensione materica ha ottenuto grazie all’evoluzione tecnica, in uno stile che attraverso un corredo figurale congruo possa esprimere contingenze prima inconcepibili. Si tratta dello stesso proposito evocato da DeLillo nei termini di una «physics of language» (DeLillo 1997), ovvero di un linguaggio narrativo che diventa esso stesso struttura intima del mondo. La chimica, la fisica e la biologia degli ultimi decenni ci hanno offerto una visione del mondo estremamente più dettagliata rispetto a quella che avevamo, innescando un sovvertimento epistemico del quale forse non sono state ancora comprese le potenzialità; la materia è cambiata, ha assunto nuove forme – le aggiunte alla tavola periodica –, sancito nuove leggi – i dettami della meccanica quantistica – e avanzato nuove prospettive – il Posthuman e l’ingegneria genetica. Tutto ciò deve essere inscenato a livello linguistico e rappresentato tramite l’utilizzo di nuove parole e nuove retoriche, scongiurando il pregiudizio temuto da Del Giudice. Questo intervento si pone come obiettivo quello di indagare i prontuari stilistici di tre opere strutturalmente votate alla riproduzione narrativa della materia, ciascuna imbevuta di una specifica disciplina tecnica e dei conseguenti risvolti gnoseologici: Il sistema periodico (1975) di Primo Levi – chimica –, Atlante occidentale (1985) di Daniele Del Giudice – fisica – e Zero K (2016) di Don DeLillo – biologia. La scienza si fa forma: la chimica rimodella la lingua in una scrittura precisa e nitida che assurge a dispositivo politico in contrasto all’astrazione della propaganda fascista; la fisica sconvolge la consueta sintassi temporale del romanzo messa in crisi dalle scoperte della meccanica quantistica; la biologia favorisce l’uso di particolari figure elocutive – una su tutti, la tautologia – davanti all’urgenza di un linguaggio dedito alla comunicazione tra nuove manifestazioni dell’umano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.