L’origine della statuaria lignea nel Giappone del tardo ottavo secolo: revisione critica delle principali teorie

Le statue in legno prodotte in Giappone con la tecnica ichiboku zukuri (in un unico blocco di legno) tra la fine dell’ottavo secolo e l’inizio del nono, sono caratterizzate da uno stile marcatamente differente dai più “classici” precedenti dell’era Tempyo (729-749). Gli aggettivi universalmente usati per descriverle (“massicce”, “solenni”, “cupe”, “sproporzionate”) rivelano un cambiamento più profondo a livello di rappresentazione che non può essere semplicemente ascritto alla diversità del materiale. Quale concomitanza di circostanze -e stimoli- abbia spronato questo cambiamento nel tardo ottavo secolo, è tuttora oggetto di dibattito. Due tra le diverse teorie avanzate per spiegarne l’origine presentano ramificazioni complesse, per molti aspetti correlate, e meritano un’indagine più approfondita: 1) la “teoria del Toshodaiji”; 2) la teoria dei danzō. La prima teoria sostiene che l’insorgenza della scultura lignea in Giappone alla fine dell’ottavo secolo sia stata il diretto risultato di una nuova ondata di influenze stilistiche e tecniche provenienti dal continente e introdotte nella capitale dal monaco cinese Jianzhen (giapp. Ganjin) che nel 759 si stabilì con il suo entourage nel tempio Toshodaiji di Nara. La seconda teoria attribuisce lo sviluppo della scultura lignea all’influenza delle statue in legno di sandalo (danzō) importate dalla Cina. Tali connessioni con il continente, sebbene universalmente riconosciute, sono state finora solo parzialmente sostanziate da una ricerca più estensiva, che si basi sull’esame accurato delle testimonianze archeologiche e delle fonti scritte. In questa sede mi propongo di esporre considerazioni –e risultati– preliminari al riguardo, e di suggerire possibili direzioni d’indagine per portare avanti lo studio, necessariamente lungo e complesso, di questa questione.