Che Schmitt agli inizi degli anni Trenta dislochi la dialettica di decisione e norma aprendo a una peculiarissima forma di istituzionalismo, definita «pensiero concreto dell’ordinamento e della formazione», è approdo fin troppo noto, specie in questa sede. Sarà pertanto sufficiente richiamarne la sintesi che ne fa, con sottaciuti ma evidenti intenti autocritici, lo stesso autore: «Oggi distinguerei non più fra due, ma fra tre tipi di pensiero giuridico: cioè, oltre al tipo normativistico e a quello decisionistico, anche quello istituzionale. Questa consapevolezza è il frutto dello sviluppo della mia teoria delle “garanzie istituzionali” e dell’approfondimento dell’importante teoria dell’istituzione di Maurice Hauriou» (PT, p. 30). Meno noto è il fatto che, a seguito di tale reindirizzo e proprio nel testo cardine della cosiddetta “svolta istituzionalista”, I tre tipi di scienza giuridica (1934), Schmitt delinei il decisionismo, quale tipo di pensiero giuridico, in forme molto diverse rispetto alla versione che di esso viene tratteggiata in Teologia politica, testo di riferimento indiscusso per ogni interpretazione di Schmitt in chiave eccezionalista e peraltro assai significativamente riedito (con una nuova Premessa, da cui abbiamo tratto la dichiarazione di intenti sopra riportata, ma per il resto inalterato) pressoché in contemporanea con l’importante saggio del 1934 (una concomitanza, questa, su cui si dovrà tornare). Obiettivo del presente contributo è esplicitare la sorprendente radicalità di tale divergenza (1), individuare le ragioni alla base della riformulazione schmittiana (2) e rimarcarne la rilevanza per una più adeguata comprensione del passaggio – tanto cruciale quanto irreversibile1 – dal decisionismo eccezionalista degli anni Venti al decisionismo istituzionalista cui Schmitt approda già a partire, al più tardi, dai primissimi anni del decennio successivo (3).
I due decisionismi (quasi uno) di un tredicennio inquieto (1922-1934) / Salvatore, Andrea. - (2022), pp. 189-205.
I due decisionismi (quasi uno) di un tredicennio inquieto (1922-1934)
salvatore andrea
2022
Abstract
Che Schmitt agli inizi degli anni Trenta dislochi la dialettica di decisione e norma aprendo a una peculiarissima forma di istituzionalismo, definita «pensiero concreto dell’ordinamento e della formazione», è approdo fin troppo noto, specie in questa sede. Sarà pertanto sufficiente richiamarne la sintesi che ne fa, con sottaciuti ma evidenti intenti autocritici, lo stesso autore: «Oggi distinguerei non più fra due, ma fra tre tipi di pensiero giuridico: cioè, oltre al tipo normativistico e a quello decisionistico, anche quello istituzionale. Questa consapevolezza è il frutto dello sviluppo della mia teoria delle “garanzie istituzionali” e dell’approfondimento dell’importante teoria dell’istituzione di Maurice Hauriou» (PT, p. 30). Meno noto è il fatto che, a seguito di tale reindirizzo e proprio nel testo cardine della cosiddetta “svolta istituzionalista”, I tre tipi di scienza giuridica (1934), Schmitt delinei il decisionismo, quale tipo di pensiero giuridico, in forme molto diverse rispetto alla versione che di esso viene tratteggiata in Teologia politica, testo di riferimento indiscusso per ogni interpretazione di Schmitt in chiave eccezionalista e peraltro assai significativamente riedito (con una nuova Premessa, da cui abbiamo tratto la dichiarazione di intenti sopra riportata, ma per il resto inalterato) pressoché in contemporanea con l’importante saggio del 1934 (una concomitanza, questa, su cui si dovrà tornare). Obiettivo del presente contributo è esplicitare la sorprendente radicalità di tale divergenza (1), individuare le ragioni alla base della riformulazione schmittiana (2) e rimarcarne la rilevanza per una più adeguata comprensione del passaggio – tanto cruciale quanto irreversibile1 – dal decisionismo eccezionalista degli anni Venti al decisionismo istituzionalista cui Schmitt approda già a partire, al più tardi, dai primissimi anni del decennio successivo (3).File | Dimensione | Formato | |
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