Leonardo da Vinci e Raffaello, nell’ambito della loro specifica ricerca e area di influenza artistica, costituiscono un tramite fondamentale tra le sperimentazioni pittoriche, le speculazioni grafiche e i progetti di architettura ecclesiale attorno al tema tipologico dello spazio centrale. Sin dalla seconda metà del Quattrocento, nella pittura fiorentina, senese e urbinate compare con una certa frequenza la figura del tempio cruciforme. Si tratta in genere di cilindri, cubi o prismi ottagonali coperti da tetti a padiglione o da cupole e dotati di quattro appendici più basse, chiuse o aperte da logge, che vanno a definire una pianta a croce greca o che almeno suggeriscono questo. Questi edifici li troviamo sullo sfondo delle opere, invariabilmente al centro e in alto, oppure in primo piano, ad accogliere, coi loro portici, scene e personaggi tratti dal Vangelo. Li troviamo nella pittura di Luca Signorelli, Pellegrino Aretusi, Perugino, Pinturicchio, Raffaello, fino a Vasari e Allori nel secondo Cinquecento; ma anche tra i disegni di Francesco di Giorgio Martini, di Leonardo da Vinci e Jacques Androuet Du Cerceau; nelle incisioni di Cesariano e di Serlio; perfino nell’architettura bramantesca costruita dal Battagio a Crema, la celebre S. Maria della Croce, appunto. La loro simmetria e il loro andamento piramidale incarna perfettamente l’idea condivisa della ricerca architettonica e urbana rinascimentale, il cui manifesto si può leggere nelle celebri città ideali. Eppure di questi organismi, a parte la chiesa di Crema, non esistono corrispettivi in architettura e vanno quindi considerati come dei modelli ideali che sono il risultato della convergenza di molti livelli di definizione progettuale. Da una parte, i loro autori interpretano e sviluppano le suggestioni tipologiche e spaziali che provengono dallo studio dei monumenti antichi, primo fra tutti, il rapporto fra il pronao e il cilindro del Pantheon, che Michelangelo riteneva essere di epoche differenti. Dall’altra, questi organismi incarnano precipui valori “iconografici”, legati alla croce e alla parallela evoluzione formale dei crocifissi lignei e metallici; “narrativi”, in relazione agli eventi e ai personaggi presentati nelle opere, anche secondo la valenza suggerita da Benelli riguardo agli affreschi di Giotto ad Assisi; e “figurativi”, legati alla loro posizione nel quadro nel contesto della strutturazione prospettica dello spazio, della luce e delle ombre, dei materiali e dei colori. In particolare, questo aspetto, generalmente poco considerato dai numerosi studi dedicati all’architettura picta e qui indagato attraverso l’analisi prospettica e la ricostruzione tridimensionale di alcuni di questi organismi, appare decisivo soprattutto quando lo si mette in relazione con lo sviluppo della prospettiva negli anni di Leonardo e Raffaello e con le limitazioni che la posizione centrale impone alla rappresentazione della profondità degli edifici e che potrebbe essere, come già sperimentato intuitivamente da Taddeo Gaddi alla metà del XIV secolo, una delle ragioni del loro sviluppo formale e del loro successo.
Leonardo, Raffaello e il tema del tempio cruciforme tra pittura e architettura / Colonnese, Fabio; Carpiceci, Marco. - (2022), pp. 123-132.
Leonardo, Raffaello e il tema del tempio cruciforme tra pittura e architettura
Fabio Colonnese
;Marco Carpiceci
2022
Abstract
Leonardo da Vinci e Raffaello, nell’ambito della loro specifica ricerca e area di influenza artistica, costituiscono un tramite fondamentale tra le sperimentazioni pittoriche, le speculazioni grafiche e i progetti di architettura ecclesiale attorno al tema tipologico dello spazio centrale. Sin dalla seconda metà del Quattrocento, nella pittura fiorentina, senese e urbinate compare con una certa frequenza la figura del tempio cruciforme. Si tratta in genere di cilindri, cubi o prismi ottagonali coperti da tetti a padiglione o da cupole e dotati di quattro appendici più basse, chiuse o aperte da logge, che vanno a definire una pianta a croce greca o che almeno suggeriscono questo. Questi edifici li troviamo sullo sfondo delle opere, invariabilmente al centro e in alto, oppure in primo piano, ad accogliere, coi loro portici, scene e personaggi tratti dal Vangelo. Li troviamo nella pittura di Luca Signorelli, Pellegrino Aretusi, Perugino, Pinturicchio, Raffaello, fino a Vasari e Allori nel secondo Cinquecento; ma anche tra i disegni di Francesco di Giorgio Martini, di Leonardo da Vinci e Jacques Androuet Du Cerceau; nelle incisioni di Cesariano e di Serlio; perfino nell’architettura bramantesca costruita dal Battagio a Crema, la celebre S. Maria della Croce, appunto. La loro simmetria e il loro andamento piramidale incarna perfettamente l’idea condivisa della ricerca architettonica e urbana rinascimentale, il cui manifesto si può leggere nelle celebri città ideali. Eppure di questi organismi, a parte la chiesa di Crema, non esistono corrispettivi in architettura e vanno quindi considerati come dei modelli ideali che sono il risultato della convergenza di molti livelli di definizione progettuale. Da una parte, i loro autori interpretano e sviluppano le suggestioni tipologiche e spaziali che provengono dallo studio dei monumenti antichi, primo fra tutti, il rapporto fra il pronao e il cilindro del Pantheon, che Michelangelo riteneva essere di epoche differenti. Dall’altra, questi organismi incarnano precipui valori “iconografici”, legati alla croce e alla parallela evoluzione formale dei crocifissi lignei e metallici; “narrativi”, in relazione agli eventi e ai personaggi presentati nelle opere, anche secondo la valenza suggerita da Benelli riguardo agli affreschi di Giotto ad Assisi; e “figurativi”, legati alla loro posizione nel quadro nel contesto della strutturazione prospettica dello spazio, della luce e delle ombre, dei materiali e dei colori. In particolare, questo aspetto, generalmente poco considerato dai numerosi studi dedicati all’architettura picta e qui indagato attraverso l’analisi prospettica e la ricostruzione tridimensionale di alcuni di questi organismi, appare decisivo soprattutto quando lo si mette in relazione con lo sviluppo della prospettiva negli anni di Leonardo e Raffaello e con le limitazioni che la posizione centrale impone alla rappresentazione della profondità degli edifici e che potrebbe essere, come già sperimentato intuitivamente da Taddeo Gaddi alla metà del XIV secolo, una delle ragioni del loro sviluppo formale e del loro successo.File | Dimensione | Formato | |
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