Dare forma al tempo: i vuoti dell’improvvisazione

Imitando il “manhattismo”, Koolhaas sembra aver consolidato l’idea che le metamorfosi urbane siano un prodotto collettivo, spettacolare e popolare insieme, dove al determinismo formale si antepone l’eclettismo funzionale e dove il sublime si conquista con l’efficienza. A tale visione, che rischia di dissolvere il ruolo dell’architetto-formalizzatore, si oppone una nuova generazione – grossolanamente definita di architetti-diagrammatici e di cui fanno parte Reiser+Umemoto, Stan Allen e i Foreign Office Architects (FOA) – che si riconosce nelle parole di Jesse Reiser: “Contro la nozione di libertà come assenza di architettura, replichiamo che è il vincolo dell’architettura, la sua specificità e persistenza formale, aldilà di ogni determinazione funzionalista, che incarna l’unica vera libertà.