La proposta analizza il rapporto tra media e disabilità seguendo una prospettiva ecologica che intende il sistema mediale come ambiente abitato da persone rinforzando l’idea di un approccio sistemico all’informazione configurandolo come problema di relazione sociale e di consumo mediale, ricordando la sovrapposizione e scambio fra esperienze dirette e mediate (Bennato, 2018). Oggetto di riflessione critica dell’analisi è rappresentato dal corpus della produzione scientifica “Report – media e disabilità” prodotto negli anni 2005-2012 su cui è stata condotta un’approfondita analisi tematica che restituisce risultati nelle seguenti direzioni: evoluzione storica, semiotica e culturale del concetto di disabilità; criteri di notiziabilità e gatekeeping; ruolo delle rappresentazioni mediali nell’orientare il sentimento dell’opinione pubblica; cittadinanza della disabilità nello spazio mediale. La produzione reportistica segnala un’evoluzione nelle parole della disabilità visibile già da titoli e sottotitoli. Una chiave di lettura di questo processo semiotico ci è fornita da Tullio De Mauro (2012) che afferma “[…] Il faticato e faticoso affermarsi di queste norme e il loro largo impatto resero rapidamente popolare la parola handicappato e, com'era avvenuto per minorato, aprirono la via a usi negativi e offensivi. […] E l'ansia di trovare nuove espressioni non è finita e si sono lanciati neologismi come diversabile e diversabilità.”. Cosa resta della discussione nella rappresentazione mediale? Il tono enfatico, sensazionalistico e paternalistico (Fondazione Giacomo Matteotti, 2012). Il linguaggio non risulta l’unico elemento di complessità evidenziato dalla produzione reportistica, in cui si legge che contro l’affermazione non discussa di una “nuova cittadinanza” della disabilità sui media giocano ancora molti, troppi fattori: l’abitudine (di sistema, degli editori, del pubblico); le routines professionali ( tipiche della professione giornalistica si manifestano nel gatekeeping, ovvero nella selezione “a monte” di ciò che è notiziabile e di ciò che non lo è) (Fondazione Giacomo Matteotti, 2008). Oltre alla loro funzione di resoconto dei fatti i media ne svolgono un’altra, di “polltakers”, cioè forniscono rappresentazioni indirette della risposta del pubblico alle issues (Price-Roberts, 1987). Esempio emblematico è il caso Englaro, segnalato come informazione fuori quota. La notiziabilità dell’evento mediatico suggerisce la capacità dei media di proporre (imporre) al lettore/ascoltatore la rappresentazione mediale come “reale”; Neumann (1974): “i media creano l’opinione pubblica in quanto forniscono la pressione ambientale alla quale le persone rispondono sollecitamente, con acquiescenza o con il silenzio”. Ciò suggerisce una riflessione attinente alla costruzione dello spazio mediale, sintetizzata dalla risposta alla domanda “che cosa i media cercano di evitare nel rimuovere o tacitare i temi sulla disabilità? Semplicemente la realtà. La fatica di essere disabile o di vivere con una persona disabile, il dolore e la sofferenza, la carenza di strutture sociali di assistenza. La solitudine, in definitiva” (Fondazione Giacomo Matteotti, 2009). Noi siamo esseri umani o disumani grazie alla comunicazione che la mediapolis veicola nel suo spazio da intendersi come pubblico, piattaforma della vita (Silverstone, 2009). In questa accezione, l’essere umano in quanto agente fruitore dello spazio mediale, ha responsabilità di costruire al suo interno moralità, permettendo ai media di riscoprire una funzione propria spesso sopita: l’advocacy (Campanini, 2013).

Cittadinanza della disabilità nella mediapolis: evoluzione delle rappresentazioni mediali seguendo una prospettiva ecologica / Antonelli, Carlotta. - (2022). (Intervento presentato al convegno Ecologie quotidiane: valori, pratiche, media tenutosi a Rome; Italy).

Cittadinanza della disabilità nella mediapolis: evoluzione delle rappresentazioni mediali seguendo una prospettiva ecologica

Carlotta Antonelli
2022

Abstract

La proposta analizza il rapporto tra media e disabilità seguendo una prospettiva ecologica che intende il sistema mediale come ambiente abitato da persone rinforzando l’idea di un approccio sistemico all’informazione configurandolo come problema di relazione sociale e di consumo mediale, ricordando la sovrapposizione e scambio fra esperienze dirette e mediate (Bennato, 2018). Oggetto di riflessione critica dell’analisi è rappresentato dal corpus della produzione scientifica “Report – media e disabilità” prodotto negli anni 2005-2012 su cui è stata condotta un’approfondita analisi tematica che restituisce risultati nelle seguenti direzioni: evoluzione storica, semiotica e culturale del concetto di disabilità; criteri di notiziabilità e gatekeeping; ruolo delle rappresentazioni mediali nell’orientare il sentimento dell’opinione pubblica; cittadinanza della disabilità nello spazio mediale. La produzione reportistica segnala un’evoluzione nelle parole della disabilità visibile già da titoli e sottotitoli. Una chiave di lettura di questo processo semiotico ci è fornita da Tullio De Mauro (2012) che afferma “[…] Il faticato e faticoso affermarsi di queste norme e il loro largo impatto resero rapidamente popolare la parola handicappato e, com'era avvenuto per minorato, aprirono la via a usi negativi e offensivi. […] E l'ansia di trovare nuove espressioni non è finita e si sono lanciati neologismi come diversabile e diversabilità.”. Cosa resta della discussione nella rappresentazione mediale? Il tono enfatico, sensazionalistico e paternalistico (Fondazione Giacomo Matteotti, 2012). Il linguaggio non risulta l’unico elemento di complessità evidenziato dalla produzione reportistica, in cui si legge che contro l’affermazione non discussa di una “nuova cittadinanza” della disabilità sui media giocano ancora molti, troppi fattori: l’abitudine (di sistema, degli editori, del pubblico); le routines professionali ( tipiche della professione giornalistica si manifestano nel gatekeeping, ovvero nella selezione “a monte” di ciò che è notiziabile e di ciò che non lo è) (Fondazione Giacomo Matteotti, 2008). Oltre alla loro funzione di resoconto dei fatti i media ne svolgono un’altra, di “polltakers”, cioè forniscono rappresentazioni indirette della risposta del pubblico alle issues (Price-Roberts, 1987). Esempio emblematico è il caso Englaro, segnalato come informazione fuori quota. La notiziabilità dell’evento mediatico suggerisce la capacità dei media di proporre (imporre) al lettore/ascoltatore la rappresentazione mediale come “reale”; Neumann (1974): “i media creano l’opinione pubblica in quanto forniscono la pressione ambientale alla quale le persone rispondono sollecitamente, con acquiescenza o con il silenzio”. Ciò suggerisce una riflessione attinente alla costruzione dello spazio mediale, sintetizzata dalla risposta alla domanda “che cosa i media cercano di evitare nel rimuovere o tacitare i temi sulla disabilità? Semplicemente la realtà. La fatica di essere disabile o di vivere con una persona disabile, il dolore e la sofferenza, la carenza di strutture sociali di assistenza. La solitudine, in definitiva” (Fondazione Giacomo Matteotti, 2009). Noi siamo esseri umani o disumani grazie alla comunicazione che la mediapolis veicola nel suo spazio da intendersi come pubblico, piattaforma della vita (Silverstone, 2009). In questa accezione, l’essere umano in quanto agente fruitore dello spazio mediale, ha responsabilità di costruire al suo interno moralità, permettendo ai media di riscoprire una funzione propria spesso sopita: l’advocacy (Campanini, 2013).
2022
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