«Promuovere l’integrazione delle storiografie, almeno, dei paesi che già partecipano (o hanno presentato domanda di ammissione) alla Comunità Economica Europea». Nel pubblicare sulle pagine della rivista «Critica Storica» lo statuto della nascente «Associazione degli Storici Europei» (AsE), il presidente Armando Saitta esprimeva con chiarezza gli obiettivi della neonata assise di storici continentale. Fondata ufficialmente nel 1985, ma di fatto operativa dal 1983, su iniziativa dello storico di Sant’Angelo di Brolo, l’Associazione aveva la difficile ambizione di coagulare storici e storiche da ogni parte d’Europa intorno all’Istituto Storico Italiano per l’Età Moderna e Contemporanea, presieduto dallo stesso Saitta dal 1973 al 1991. Dinanzi «all’impoverimento della grande tradizione storiografica europea favorito dalle manipolazioni di agguerriti blocchi ideologici o da comprensibili ma non per questo accettabili entusiasmi aggressivi delle storiografie dei giovani paesi emergenti», era necessario «ridare una coscienza comune al nostro concretolavoro storiografico» cercando di «accelerare con decisione il superamento e l’eliminazione dei residui pregiudizi nazionalistici,che nelle diverse storiografie nazionali ancora ostacolano un’adeguata comprensione sia del passato sia dell’odierna realtà del nostro continente» (Saitta 1985, p.321). Un progetto che trovava validi interlocutori sia nel panorama storiografico internazionale, con nomi di spicco quali Albert Soboul, Eloy Benito Ruano, HeinrichLutz, Volker Sellin, Monika Senkowska-Gluck, sia nelle istituzioni comunitarie. Nel decennio che avrebbe condotto alla caduta del muro di Berlino, con l’adesione di Grecia, Spagna, Portogallo alle Comunità europee e l’approvazione dell’Atto Unico Europeo nel 1986, a Bruxelles si avvertiva la necessità di rafforzare e legittimare il processo di integrazione continentale non solo a livello economico ma altresì a livello educativo-culturale. Se le origini della politica educativa europea sono state ampiamente analizzate, così come la promozione del patrimonio culturale da parte del Parlamento e della Commissione europea, meno dibattute sono le relazioni tra le istituzioni comunitarie e i network di storici negli anni Ottanta del secolo scorso, che si coniugavano, per dirlo con Verga (Verga 2003), come gli attori materiali della «politica della storia» europea, ipotetici acceleratori di processi inevitabilmente lenti e complessi di costruzione e legittimazione dell’identità collettiva. Una storia che, nelle intenzioni, insisteva sul comune patrimonio culturale comune per creare e avvicinare gli europei, in contrapposizione con le storie nazionali. Il presente contributo fornisce una lettura dei rapporti tra la Comunità e i network di storici nei primi anni Ottanta attraverso l’esame di un caso di studio: quali connessioni esistevano tra le istituzioni comunitarie, in particolare il Parlamento e la Commissione, e l’Associazione degli Storici Europei che, oltre a obiettivi storiografici, intendeva fornire un «contributo sincero e fattivo alla nuova realtà che si sta elaborando tra Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo»?

Le istituzioni comunitarie e i network di storici: il caso dell’Associazione degli Storici Europei (1983-1994) / Laruffa, Alessandro. - (2022), pp. 195-213.

Le istituzioni comunitarie e i network di storici: il caso dell’Associazione degli Storici Europei (1983-1994)

Alessandro Laruffa
2022

Abstract

«Promuovere l’integrazione delle storiografie, almeno, dei paesi che già partecipano (o hanno presentato domanda di ammissione) alla Comunità Economica Europea». Nel pubblicare sulle pagine della rivista «Critica Storica» lo statuto della nascente «Associazione degli Storici Europei» (AsE), il presidente Armando Saitta esprimeva con chiarezza gli obiettivi della neonata assise di storici continentale. Fondata ufficialmente nel 1985, ma di fatto operativa dal 1983, su iniziativa dello storico di Sant’Angelo di Brolo, l’Associazione aveva la difficile ambizione di coagulare storici e storiche da ogni parte d’Europa intorno all’Istituto Storico Italiano per l’Età Moderna e Contemporanea, presieduto dallo stesso Saitta dal 1973 al 1991. Dinanzi «all’impoverimento della grande tradizione storiografica europea favorito dalle manipolazioni di agguerriti blocchi ideologici o da comprensibili ma non per questo accettabili entusiasmi aggressivi delle storiografie dei giovani paesi emergenti», era necessario «ridare una coscienza comune al nostro concretolavoro storiografico» cercando di «accelerare con decisione il superamento e l’eliminazione dei residui pregiudizi nazionalistici,che nelle diverse storiografie nazionali ancora ostacolano un’adeguata comprensione sia del passato sia dell’odierna realtà del nostro continente» (Saitta 1985, p.321). Un progetto che trovava validi interlocutori sia nel panorama storiografico internazionale, con nomi di spicco quali Albert Soboul, Eloy Benito Ruano, HeinrichLutz, Volker Sellin, Monika Senkowska-Gluck, sia nelle istituzioni comunitarie. Nel decennio che avrebbe condotto alla caduta del muro di Berlino, con l’adesione di Grecia, Spagna, Portogallo alle Comunità europee e l’approvazione dell’Atto Unico Europeo nel 1986, a Bruxelles si avvertiva la necessità di rafforzare e legittimare il processo di integrazione continentale non solo a livello economico ma altresì a livello educativo-culturale. Se le origini della politica educativa europea sono state ampiamente analizzate, così come la promozione del patrimonio culturale da parte del Parlamento e della Commissione europea, meno dibattute sono le relazioni tra le istituzioni comunitarie e i network di storici negli anni Ottanta del secolo scorso, che si coniugavano, per dirlo con Verga (Verga 2003), come gli attori materiali della «politica della storia» europea, ipotetici acceleratori di processi inevitabilmente lenti e complessi di costruzione e legittimazione dell’identità collettiva. Una storia che, nelle intenzioni, insisteva sul comune patrimonio culturale comune per creare e avvicinare gli europei, in contrapposizione con le storie nazionali. Il presente contributo fornisce una lettura dei rapporti tra la Comunità e i network di storici nei primi anni Ottanta attraverso l’esame di un caso di studio: quali connessioni esistevano tra le istituzioni comunitarie, in particolare il Parlamento e la Commissione, e l’Associazione degli Storici Europei che, oltre a obiettivi storiografici, intendeva fornire un «contributo sincero e fattivo alla nuova realtà che si sta elaborando tra Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo»?
2022
Dialoghi sull’Europa vol. I
978-88-6548-444-9
storia della storiografia, storia dell'integrazione europea, storia dell'Europa, Armando Saitta,
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Le istituzioni comunitarie e i network di storici: il caso dell’Associazione degli Storici Europei (1983-1994) / Laruffa, Alessandro. - (2022), pp. 195-213.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1648433
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