L’architettura rappresenta la componente più caratterizzante di una città, capace di imporsi come elemento identitario del luogo. Il linguaggio architettonico, dunque, per mezzo degli edifici, determina in maniera sostanziale la qualità urbana, caratterizza quello che si potrebbe definire l’imprinting che abbiamo di un centro. Tuttavia, non è l’unico elemento tramite il quale percepiamo l’ecosistema urbano; lo spazio pubblico rappresenta un altro indicatore di qualità, quello che meglio permette di percepirne lo stato di salute, che rappresenta, di fatto, il connettivo di quelle architetture cui si è appena fatto riferimento, elemento cardine della vita pubblica, da progettare e gestire (Mariano, 2012). Queste due componenti, schematizzabili come orizzontali e verticali, insieme a tutto quello che contengono e che li contiene (infrastrutture, servizi pubblici, luoghi di aggregazione), determinano quello che la Convenzione Europea del Paesaggio (2000), di seguito CEP, della quale lo scorso anno è ricorso il ventennale, definisce “paesaggio urbano”, un sistema complesso formato da tutto ciò che è dall’uomo percepibile, che ne condiziona lo stato d’animo ed il senso di confort, che gli permette di visualizzare la città nella sua tridimensionalità, di percepirne la complessità morfologica. Se si pensa, poi, al concetto di “Pianificazione dei paesaggi” così come espresso nella CEP, ovvero «azioni fortemente lungimiranti volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi», e di “Gestione dei paesaggi”, «azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali», è facile intuire, quanto importante sia accostare ai temi della pianificazione urbanistica, quelli più strettamente legati alla composizione architettonica e viceversa. Ne deriva che il divario tra queste due discipline sia null’altro che dottrinale, una contrapposizione ideologica che non trova alcuna ragion d’essere nelle realtà urbane che viviamo. Il punto cruciale della discussione risiede nelle scale di progetto. Alla pianificazione urbanistica viene spesso imputato di tralasciare elementi di dettaglio che determinano l'identità del luogo, all'architettura è spesso opposta la tesi contraria, ovvero di cadere troppo spesso nell'autoreferenzialità, non considerando le relazioni tra le varie componenti del tessuto urbano. In questo senso, il P.U. pone, di fatto, il paesaggio al centro della questione, operando una ricomposizione tra la scala urbanistica e quella architettonica, collocandosi in una dimensione intermedia.

La dimensione sperimentale del Progetto urbano / Marino, Marsia. - (2021), pp. 187-206.

La dimensione sperimentale del Progetto urbano

Marino, Marsia
2021

Abstract

L’architettura rappresenta la componente più caratterizzante di una città, capace di imporsi come elemento identitario del luogo. Il linguaggio architettonico, dunque, per mezzo degli edifici, determina in maniera sostanziale la qualità urbana, caratterizza quello che si potrebbe definire l’imprinting che abbiamo di un centro. Tuttavia, non è l’unico elemento tramite il quale percepiamo l’ecosistema urbano; lo spazio pubblico rappresenta un altro indicatore di qualità, quello che meglio permette di percepirne lo stato di salute, che rappresenta, di fatto, il connettivo di quelle architetture cui si è appena fatto riferimento, elemento cardine della vita pubblica, da progettare e gestire (Mariano, 2012). Queste due componenti, schematizzabili come orizzontali e verticali, insieme a tutto quello che contengono e che li contiene (infrastrutture, servizi pubblici, luoghi di aggregazione), determinano quello che la Convenzione Europea del Paesaggio (2000), di seguito CEP, della quale lo scorso anno è ricorso il ventennale, definisce “paesaggio urbano”, un sistema complesso formato da tutto ciò che è dall’uomo percepibile, che ne condiziona lo stato d’animo ed il senso di confort, che gli permette di visualizzare la città nella sua tridimensionalità, di percepirne la complessità morfologica. Se si pensa, poi, al concetto di “Pianificazione dei paesaggi” così come espresso nella CEP, ovvero «azioni fortemente lungimiranti volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi», e di “Gestione dei paesaggi”, «azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali», è facile intuire, quanto importante sia accostare ai temi della pianificazione urbanistica, quelli più strettamente legati alla composizione architettonica e viceversa. Ne deriva che il divario tra queste due discipline sia null’altro che dottrinale, una contrapposizione ideologica che non trova alcuna ragion d’essere nelle realtà urbane che viviamo. Il punto cruciale della discussione risiede nelle scale di progetto. Alla pianificazione urbanistica viene spesso imputato di tralasciare elementi di dettaglio che determinano l'identità del luogo, all'architettura è spesso opposta la tesi contraria, ovvero di cadere troppo spesso nell'autoreferenzialità, non considerando le relazioni tra le varie componenti del tessuto urbano. In questo senso, il P.U. pone, di fatto, il paesaggio al centro della questione, operando una ricomposizione tra la scala urbanistica e quella architettonica, collocandosi in una dimensione intermedia.
2021
Il progetto urbano in tempo di crisi
9788835121695
progetto urbano; didattica sperimentale; metodologia
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
La dimensione sperimentale del Progetto urbano / Marino, Marsia. - (2021), pp. 187-206.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1645614
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