Nel saggio si esaminano le possibili ricadute sulla fonte regolamentare statale della riforma introdotta dalla legge cost. n. 3 del 2001 che ha previsto al 6° c. dell’art. 117 Cost. una rigida ripartizione di competenze tra lo Stato e le Regioni in ordine alla potestà regolamentare. In particolare tale rigidità esclude il ricorso ad ogni criterio elastico compresa la possibilità di far ricorso a norme regolamentari statali cedevoli che potrebbe in particolare risolvere i problemi connessi alla successione delle norme nel tempo. Tale espressa preclusione comporta infatti il rischio di una vera e propria fuga dal “regolamento”: di fronte all’impossibilità di far ricorso a norme regolamentari cedevoli il Governo ha spesso preferito imboccare la strada larga del ricorso a decreti non aventi natura regolamentare al fine di dare attuazione alla propria legislazione in materie di competenza concorrente, in particolare quando queste materie siano transitate dalla competenza statale alla competenza concorrente. La “sostituzione” di un regolamento con un atto non avente contenuto normativo pone tuttavia un serie di interrogativi, in primo luogo proprio con riferimento alla possibilità di dare ad uno stesso contenuto una veste formale diversa. Inoltre, l’A. si interroga sul possibile rischio che anche in futuro lo Stato non potendo più adottare regolamenti in materie concorrenti decida di regolare la materia attraverso atti amministrativi generali, dopo aver avocato a sé la corrispondente funzione amministrativa.
La potestà regolamentare dello Stato dopo la riforma del titolo V / Rodomonte, Maria Grazia. - STAMPA. - (2004), pp. 93-113.
La potestà regolamentare dello Stato dopo la riforma del titolo V
RODOMONTE, Maria Grazia
2004
Abstract
Nel saggio si esaminano le possibili ricadute sulla fonte regolamentare statale della riforma introdotta dalla legge cost. n. 3 del 2001 che ha previsto al 6° c. dell’art. 117 Cost. una rigida ripartizione di competenze tra lo Stato e le Regioni in ordine alla potestà regolamentare. In particolare tale rigidità esclude il ricorso ad ogni criterio elastico compresa la possibilità di far ricorso a norme regolamentari statali cedevoli che potrebbe in particolare risolvere i problemi connessi alla successione delle norme nel tempo. Tale espressa preclusione comporta infatti il rischio di una vera e propria fuga dal “regolamento”: di fronte all’impossibilità di far ricorso a norme regolamentari cedevoli il Governo ha spesso preferito imboccare la strada larga del ricorso a decreti non aventi natura regolamentare al fine di dare attuazione alla propria legislazione in materie di competenza concorrente, in particolare quando queste materie siano transitate dalla competenza statale alla competenza concorrente. La “sostituzione” di un regolamento con un atto non avente contenuto normativo pone tuttavia un serie di interrogativi, in primo luogo proprio con riferimento alla possibilità di dare ad uno stesso contenuto una veste formale diversa. Inoltre, l’A. si interroga sul possibile rischio che anche in futuro lo Stato non potendo più adottare regolamenti in materie concorrenti decida di regolare la materia attraverso atti amministrativi generali, dopo aver avocato a sé la corrispondente funzione amministrativa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.