public archaeology e community archaeology: due termini coniati sull’ onda del pensiero innovativo della new archaelogy che hanno un significato racchiuso dalla stessa definizione ed uno più intrinseco. L’archeologia pubblica è emersa, come effettivo ramo della disciplina, relativamente tardi, quando Shadla-Hall ne diede una prima definizione nel 1999, inizialmente concepita da McGinney nel 1972 come una misura tattica per incoraggiare il supporto pubblico nei finanziamenti, nella politica e anche dal supporto volontario, per lungo tempo, a causa della poca affinità con la ricerca archeologica vera e propria, questo ramo venne considerato come un “figliastro”, una mera cortesia verso il pubblico senza alcun obbligo effettivo. Diverso è invece il risalto e l’importanza che viene attualmente attribuita a questa tematica di ricerca sull’approccio nei confronti del pubblico. La materia dell’archeologia pubblica, proprio a causa della vastità di interpretazione alle quali essa è sottoposta, necessita un trattamento che ne indaghi nello specifico la realtà cui essa è sottoposta e come essa vari, a seconda del luogo in cui ci si trova. In Italia, il processo di tutela, valorizzazione e fruizione sono la risultante, ad oggi, delle mediazioni tra diversi gruppi, individui ed enti: i politici che definiscono con la legislazione i termini entro cui si applicano gli interventi sul patrimonio, i funzionari nei diversi gradi e ruoli dell’amministrazione pubblica quali: Stato, Regioni, Province e Comuni, gli enti di ricerca ed i privati. La forza delle singole categorie è data dalle relazioni con i vari esponenti della politica, dell’economia, delle istituzioni culturali e dalla capacità comunicativa creando così un canale di comunicazione e sensibilizzazione del pubblico. Attraverso l'analisi di tre casi studio -Paestum (SA); Parco archeologico di Baratti e Populonia (PB); Mozia (TP)- si cercherà di delineare elementi di spicco nelle strategie di fruizione e divulgazione del sito che possano definirne dei punti di forza e debolezza ed individuarne le metodologie comuni.
Archeologia pubblica: percorsi di musealizzazione e fruizione dei siti archeologici / DE GIUSEPPE, Martina. - (2021), pp. 1-120.
Archeologia pubblica: percorsi di musealizzazione e fruizione dei siti archeologici
Martina De Giuseppe
Primo
Writing – Original Draft Preparation
2021
Abstract
public archaeology e community archaeology: due termini coniati sull’ onda del pensiero innovativo della new archaelogy che hanno un significato racchiuso dalla stessa definizione ed uno più intrinseco. L’archeologia pubblica è emersa, come effettivo ramo della disciplina, relativamente tardi, quando Shadla-Hall ne diede una prima definizione nel 1999, inizialmente concepita da McGinney nel 1972 come una misura tattica per incoraggiare il supporto pubblico nei finanziamenti, nella politica e anche dal supporto volontario, per lungo tempo, a causa della poca affinità con la ricerca archeologica vera e propria, questo ramo venne considerato come un “figliastro”, una mera cortesia verso il pubblico senza alcun obbligo effettivo. Diverso è invece il risalto e l’importanza che viene attualmente attribuita a questa tematica di ricerca sull’approccio nei confronti del pubblico. La materia dell’archeologia pubblica, proprio a causa della vastità di interpretazione alle quali essa è sottoposta, necessita un trattamento che ne indaghi nello specifico la realtà cui essa è sottoposta e come essa vari, a seconda del luogo in cui ci si trova. In Italia, il processo di tutela, valorizzazione e fruizione sono la risultante, ad oggi, delle mediazioni tra diversi gruppi, individui ed enti: i politici che definiscono con la legislazione i termini entro cui si applicano gli interventi sul patrimonio, i funzionari nei diversi gradi e ruoli dell’amministrazione pubblica quali: Stato, Regioni, Province e Comuni, gli enti di ricerca ed i privati. La forza delle singole categorie è data dalle relazioni con i vari esponenti della politica, dell’economia, delle istituzioni culturali e dalla capacità comunicativa creando così un canale di comunicazione e sensibilizzazione del pubblico. Attraverso l'analisi di tre casi studio -Paestum (SA); Parco archeologico di Baratti e Populonia (PB); Mozia (TP)- si cercherà di delineare elementi di spicco nelle strategie di fruizione e divulgazione del sito che possano definirne dei punti di forza e debolezza ed individuarne le metodologie comuni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.