C’era una volta nell’agro romano un appezzamento di terreno. Ubertoso, di circa 60 ettari, dove la gente per secoli aveva praticato l’agricoltura e l’allevamento dei cavalli. L’area si trovava a sud-ovest della città, verso il mare e la morfologia dei luoghi si presentava con dolci ondulazioni parallele fra loro. Il luogo era conosciuto con il nome di “Corviale”. Un gruppo di “saggi”, anni or sono, decise di costruire un enorme “frangivento” lungo il crinale di uno di questi poggi. Per dare un senso pratico a tale creazione, i saggi decisero di utilizzarlo come facciata di un edificio. Mille metri di lunghezza e trenta d’altezza. Il “muro” divenne noto come “il serpentone”. Da quel giorno oltre 7000 persone lo animarono, andando ad “occupare” i suoi 1202 appartamenti. Ma un “frangivento” può servire solo a due cose: nascondere da occhi indiscreti o parare dal vento, ed in effetti, il “grosso serpente” ha svolto egregiamente il suo compito: ha bloccato la brezza marina nota come “ponentino” che incuneandosi fra le strade della Capitale portava un fresco delizioso, recando sollievo dall’afa estiva. Il “serpentone” era ed è tuttora fonte di disagio per i suoi abitanti e per l’intera città ed è stato ribattezzato “l’eco-mostro”. Da molte parti è stata avanzata la richiesta di raderlo al suolo. Dovrebbe essere davvero abbattuto, oppure potrebbe essere reso più gestibile e compatibile con l'ambiente se tagliato in pezzi?
CORVIALE: città, quartiere, edificio od ecomostro? / Cutini, Alessandro. - STAMPA. - (2005), pp. 28-35.
CORVIALE: città, quartiere, edificio od ecomostro?
CUTINI, Alessandro
2005
Abstract
C’era una volta nell’agro romano un appezzamento di terreno. Ubertoso, di circa 60 ettari, dove la gente per secoli aveva praticato l’agricoltura e l’allevamento dei cavalli. L’area si trovava a sud-ovest della città, verso il mare e la morfologia dei luoghi si presentava con dolci ondulazioni parallele fra loro. Il luogo era conosciuto con il nome di “Corviale”. Un gruppo di “saggi”, anni or sono, decise di costruire un enorme “frangivento” lungo il crinale di uno di questi poggi. Per dare un senso pratico a tale creazione, i saggi decisero di utilizzarlo come facciata di un edificio. Mille metri di lunghezza e trenta d’altezza. Il “muro” divenne noto come “il serpentone”. Da quel giorno oltre 7000 persone lo animarono, andando ad “occupare” i suoi 1202 appartamenti. Ma un “frangivento” può servire solo a due cose: nascondere da occhi indiscreti o parare dal vento, ed in effetti, il “grosso serpente” ha svolto egregiamente il suo compito: ha bloccato la brezza marina nota come “ponentino” che incuneandosi fra le strade della Capitale portava un fresco delizioso, recando sollievo dall’afa estiva. Il “serpentone” era ed è tuttora fonte di disagio per i suoi abitanti e per l’intera città ed è stato ribattezzato “l’eco-mostro”. Da molte parti è stata avanzata la richiesta di raderlo al suolo. Dovrebbe essere davvero abbattuto, oppure potrebbe essere reso più gestibile e compatibile con l'ambiente se tagliato in pezzi?I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.