Questo paragrafo si propone di mettere in luce come ad un ampliamento dello spettro tematico degli studi di genere, estesi oggi anche alla ricerche sulle sull’identità e sull’orientamento sessuale e le forme di marginalizzazione ed esclusione sociale che ne conseguono, si sia accompagnato negli ultimi anni lo sviluppo di nuove metodologie e tecniche per lo studio di molti fenomeni sociali analizzati in una prospettiva gender sensitive e intersezionale. In particolare, l’intersezionalità, che pure registra il crescente interesse di intellettuali e studiosi, pone importanti sfide di carattere metodologico che ne limitano l’applicazione in studi di carattere scientifico (Grabe, 2020). A tal proposito si affronta la questione di chi ritiene imprescindibile avvalersi di metodi quantitativi alla ricerca e di chi, invece, apprezzando il contributo della ricerca qualitativa, promuove il ricorso ad approcci multi-methods nei quali trovano spazio le indagini standard di tipo survey, accanto alla conduzione di focus group, le interviste a testimoni privilegiati, o la raccolta di storie di vita. Allo stesso tempo, si evidenzia la possibilità di incorporare questi metodi entro disegni di indagine di tipo quasi-sperimentale per coniugare l’approccio quantitativo con quello qualitativo e consentire confronti. Sono così evidenziate le ragioni di chi considera la prospettiva di genere e il ricorso al genere quale categoria esplicativa fondamentale per l’analisi di una serie di fenomeni sociali (es.: occupazione, produzione scientifica) e chi invece, su quegli stessi temi, invoca un approccio agnostico (gender-agnostici), per superare l’invisibilità nelle statistiche ufficiali di alcuni gruppi che sfuggono alla categorizzazione binaria standard (Mihaljević et al., 2019), conseguenza dell’idea che chi non rientra nella categorizzazione binaria sia da considerare un “oulier” (D’Ignazio, 2016) e che l’identità di genere non sia soggettiva e possa essere imposta o desunta in base a un processo automatico di categorizzazione esterno al soggetto (diversamente da questo affermato dalla Butler, 1988).
Futuro / Nocenzi, Mariella; Corbisiero, Fabio; Deriu, Fiorenza; Gallo, Raffaella; Gianturco, Giovanna. - (2022), pp. 283-310.
Futuro
Mariella Nocenzi;Fiorenza Deriu;Raffaella Gallo;Giovanna Gianturco
2022
Abstract
Questo paragrafo si propone di mettere in luce come ad un ampliamento dello spettro tematico degli studi di genere, estesi oggi anche alla ricerche sulle sull’identità e sull’orientamento sessuale e le forme di marginalizzazione ed esclusione sociale che ne conseguono, si sia accompagnato negli ultimi anni lo sviluppo di nuove metodologie e tecniche per lo studio di molti fenomeni sociali analizzati in una prospettiva gender sensitive e intersezionale. In particolare, l’intersezionalità, che pure registra il crescente interesse di intellettuali e studiosi, pone importanti sfide di carattere metodologico che ne limitano l’applicazione in studi di carattere scientifico (Grabe, 2020). A tal proposito si affronta la questione di chi ritiene imprescindibile avvalersi di metodi quantitativi alla ricerca e di chi, invece, apprezzando il contributo della ricerca qualitativa, promuove il ricorso ad approcci multi-methods nei quali trovano spazio le indagini standard di tipo survey, accanto alla conduzione di focus group, le interviste a testimoni privilegiati, o la raccolta di storie di vita. Allo stesso tempo, si evidenzia la possibilità di incorporare questi metodi entro disegni di indagine di tipo quasi-sperimentale per coniugare l’approccio quantitativo con quello qualitativo e consentire confronti. Sono così evidenziate le ragioni di chi considera la prospettiva di genere e il ricorso al genere quale categoria esplicativa fondamentale per l’analisi di una serie di fenomeni sociali (es.: occupazione, produzione scientifica) e chi invece, su quegli stessi temi, invoca un approccio agnostico (gender-agnostici), per superare l’invisibilità nelle statistiche ufficiali di alcuni gruppi che sfuggono alla categorizzazione binaria standard (Mihaljević et al., 2019), conseguenza dell’idea che chi non rientra nella categorizzazione binaria sia da considerare un “oulier” (D’Ignazio, 2016) e che l’identità di genere non sia soggettiva e possa essere imposta o desunta in base a un processo automatico di categorizzazione esterno al soggetto (diversamente da questo affermato dalla Butler, 1988).File | Dimensione | Formato | |
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Nocenzi_Futuro_2022
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