Il saggio nasce da un’approfondita analisi dell’evoluzione della domanda e offerta di ospitalità a Roma tra la grande crisi e il secondo conflitto mondiale. Per il periodo esaminato risulta ovviamente confermata la peculiare condizione di Roma come centro di attrazione di flussi di viaggiatori variamente motivati per i quali la città era al tempo stesso capitale dello Stato e sede del governo, straordinaria città d’arte, centro della cattolicità ma anche palcoscenico delle manifestazioni di un regime nelle cui intenzioni diveniva strumento di propaganda in quanto vetrina del sue realizzazioni. Si trattava di movimenti turistici comunque in evoluzione, non solo nella loro dimensione quantitativa – che in parte riproduce andamenti più generali ma se ne differenzia in occasione di avvenimenti come l’anno santo del 1933, le ripetute adunate fasciste o in altre occasioni particolari – ma anche in quella qualitativa, per una diversa segmentazione della domanda di servizi turistici rispetto al passato anche recente. Infatti, tende sempre più a prevalere una nuova concezione del viaggiare, meno stanziale, con forme di soggiorno che prevedono permanenze minori. Tale elemento trova in parte riscontro anche nei dati sulle forme di trasporto utilizzate dagli stranieri per raggiungere l’Italia; ad un crescente uso degli automezzi privati, infatti, si associa una riduzione della quota dei viaggiatori che utilizzano il trasporto ferroviario; ancora marginale ma in crescita è poi il ruolo del trasporto aereo che fa capo ai due aeroporti della capitale. Inoltre, da parte del turista c’è una maggiore attenzione ai costi del soggiorno, che porta tendenzialmente a privilegiare strutture ricettive di qualità media, accentuando le difficoltà degli alberghi di categoria più elevata. Tali fattori finiscono per produrre effetti nelle aspettative di profitto degli imprenditori alberghieri, i quali appaiono in genere restii ad operare significativi investimenti che amplino e qualifichino l’offerta ricettiva, con qualche preoccupazione da parte delle autorità pubbliche che per l’Esposizione Universale del 1942 – mai tenutasi a causa degli eventi bellici – si aspettavano un grande afflusso di visitatori. Ad essere assai più dinamico, a parte la tradizionale ospitalità diffusa offerta dagli affittacamere, è invece il tessuto delle pensioni e delle locande romane, le cui maglie tendono ad infittirsi. Le più basse spese di impianto e la minore incidenza dei costi fissi, infatti, rendevano tali componenti della struttura ricettiva meno vulnerabili rispetto alla variabilità dei flussi turistici.

L'ospitalità a Roma tra la grande crisi e la seconda guerra mondiale / Teodori, Marco. - STAMPA. - (2006), pp. 303-377.

L'ospitalità a Roma tra la grande crisi e la seconda guerra mondiale

TEODORI, MARCO
2006

Abstract

Il saggio nasce da un’approfondita analisi dell’evoluzione della domanda e offerta di ospitalità a Roma tra la grande crisi e il secondo conflitto mondiale. Per il periodo esaminato risulta ovviamente confermata la peculiare condizione di Roma come centro di attrazione di flussi di viaggiatori variamente motivati per i quali la città era al tempo stesso capitale dello Stato e sede del governo, straordinaria città d’arte, centro della cattolicità ma anche palcoscenico delle manifestazioni di un regime nelle cui intenzioni diveniva strumento di propaganda in quanto vetrina del sue realizzazioni. Si trattava di movimenti turistici comunque in evoluzione, non solo nella loro dimensione quantitativa – che in parte riproduce andamenti più generali ma se ne differenzia in occasione di avvenimenti come l’anno santo del 1933, le ripetute adunate fasciste o in altre occasioni particolari – ma anche in quella qualitativa, per una diversa segmentazione della domanda di servizi turistici rispetto al passato anche recente. Infatti, tende sempre più a prevalere una nuova concezione del viaggiare, meno stanziale, con forme di soggiorno che prevedono permanenze minori. Tale elemento trova in parte riscontro anche nei dati sulle forme di trasporto utilizzate dagli stranieri per raggiungere l’Italia; ad un crescente uso degli automezzi privati, infatti, si associa una riduzione della quota dei viaggiatori che utilizzano il trasporto ferroviario; ancora marginale ma in crescita è poi il ruolo del trasporto aereo che fa capo ai due aeroporti della capitale. Inoltre, da parte del turista c’è una maggiore attenzione ai costi del soggiorno, che porta tendenzialmente a privilegiare strutture ricettive di qualità media, accentuando le difficoltà degli alberghi di categoria più elevata. Tali fattori finiscono per produrre effetti nelle aspettative di profitto degli imprenditori alberghieri, i quali appaiono in genere restii ad operare significativi investimenti che amplino e qualifichino l’offerta ricettiva, con qualche preoccupazione da parte delle autorità pubbliche che per l’Esposizione Universale del 1942 – mai tenutasi a causa degli eventi bellici – si aspettavano un grande afflusso di visitatori. Ad essere assai più dinamico, a parte la tradizionale ospitalità diffusa offerta dagli affittacamere, è invece il tessuto delle pensioni e delle locande romane, le cui maglie tendono ad infittirsi. Le più basse spese di impianto e la minore incidenza dei costi fissi, infatti, rendevano tali componenti della struttura ricettiva meno vulnerabili rispetto alla variabilità dei flussi turistici.
2006
L'industria dell'ospitalità a Roma. Secoli XIX-XX
9788813262068
turismo; industria ricettiva; novecento; Roma
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
L'ospitalità a Roma tra la grande crisi e la seconda guerra mondiale / Teodori, Marco. - STAMPA. - (2006), pp. 303-377.
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