Il possente muro con cui Alberto Campo Baeza perimetra las Oficinas del Ayuntamiento de Zamora è il risultato architettonico di un’operazione con un oggetto, la tradizione e con un fine, l’atto di interpretare. Alla fattualità sostanziale del recingere - operazione archetipica - l’architetto instilla una sofisticazione colta, il cui statuto ontologico è nel tradere-tramandare-tradire nonché nel traducere-tradurre che pone l’azione lì, in quel dato luogo. Per via interpretativa, l’universale archetipico risolve nel particolare fisico del Mediterraneo e, prima ancora, nella sfera linguistico-culturale del latino: lapis angularis, hortus conclusus, lapis arenaria e dunque genius loci. Recingere è allora un’azione culturale, se per culturale s’intende quel repertorio simbolico di cui è possibile esercitare una memoria di ricordo; la tradizione, nel recinto di Zamora, è prima orizzonte di senso, poi repertorio di esempi. In primo luogo, interpretazione di latinità (la sottolineatura della pietra d’angolo, la ri-perimetrazione del cortile d’un antico convento da cui prende forma, la pietra scelta perché materiale della prospiciente Cattedrale) in una ri-lettura del luogo che interpreta-decodifica e, conseguentemente, interpreta-esprime: quanto già esperito si attualizza e ri-vive con un nuovo significato. Un muro, quello del recinto di Zamora, non distante dai risultati d’un fare ‘classico’. Ma c’è di più: nel disvelare l’antico, parla e scrive il Moderno. Nelle bucature ritagliate dal pesante spessore, nei contrasti della sua dialettica oppositiva, il muro di Zamora recinge Mies con un Le Corbusier. Nel prospetto libero per la massa muraria tradita dai ritagli, l’inquadratura della Villa Le Lac non mira, questa volta, al lago di Lemano con un dentro-verso-fuori, bensì rovescia l’ordine: i cittadini di Zamora ispezionano all’interno, trovando una scatola di vetro con burocrati affaccendati e scoprendo (meraviglia!) la compiuta tettonica miesiana, la templarità della Farnsworth fra le piane d’Illinois. Al pari d’una pietra angolare, la carica moderna della bucatura libera in un pieno o d’un pilastro svincolato soppesa riletture critiche per ulteriori possibilità del testo architettonico già dato e nuovamente da tradurre, da tradire, da ri-semantizzare.

Recingere per interpretare. Uffici per la Giunta di Castilla e León di Alberto Campo Baeza / Leoni, Simone. - (2021), pp. 185-192.

Recingere per interpretare. Uffici per la Giunta di Castilla e León di Alberto Campo Baeza

leoni, simone
2021

Abstract

Il possente muro con cui Alberto Campo Baeza perimetra las Oficinas del Ayuntamiento de Zamora è il risultato architettonico di un’operazione con un oggetto, la tradizione e con un fine, l’atto di interpretare. Alla fattualità sostanziale del recingere - operazione archetipica - l’architetto instilla una sofisticazione colta, il cui statuto ontologico è nel tradere-tramandare-tradire nonché nel traducere-tradurre che pone l’azione lì, in quel dato luogo. Per via interpretativa, l’universale archetipico risolve nel particolare fisico del Mediterraneo e, prima ancora, nella sfera linguistico-culturale del latino: lapis angularis, hortus conclusus, lapis arenaria e dunque genius loci. Recingere è allora un’azione culturale, se per culturale s’intende quel repertorio simbolico di cui è possibile esercitare una memoria di ricordo; la tradizione, nel recinto di Zamora, è prima orizzonte di senso, poi repertorio di esempi. In primo luogo, interpretazione di latinità (la sottolineatura della pietra d’angolo, la ri-perimetrazione del cortile d’un antico convento da cui prende forma, la pietra scelta perché materiale della prospiciente Cattedrale) in una ri-lettura del luogo che interpreta-decodifica e, conseguentemente, interpreta-esprime: quanto già esperito si attualizza e ri-vive con un nuovo significato. Un muro, quello del recinto di Zamora, non distante dai risultati d’un fare ‘classico’. Ma c’è di più: nel disvelare l’antico, parla e scrive il Moderno. Nelle bucature ritagliate dal pesante spessore, nei contrasti della sua dialettica oppositiva, il muro di Zamora recinge Mies con un Le Corbusier. Nel prospetto libero per la massa muraria tradita dai ritagli, l’inquadratura della Villa Le Lac non mira, questa volta, al lago di Lemano con un dentro-verso-fuori, bensì rovescia l’ordine: i cittadini di Zamora ispezionano all’interno, trovando una scatola di vetro con burocrati affaccendati e scoprendo (meraviglia!) la compiuta tettonica miesiana, la templarità della Farnsworth fra le piane d’Illinois. Al pari d’una pietra angolare, la carica moderna della bucatura libera in un pieno o d’un pilastro svincolato soppesa riletture critiche per ulteriori possibilità del testo architettonico già dato e nuovamente da tradurre, da tradire, da ri-semantizzare.
2021
Recinti
978-88-229-0646-5
recinti; Alberto Campo Baeza; Zamora; saggio di architettura; progettazione architettonica
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Recingere per interpretare. Uffici per la Giunta di Castilla e León di Alberto Campo Baeza / Leoni, Simone. - (2021), pp. 185-192.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1619371
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